domenica, Gennaio 19, 2025

Condannato a tre mesi l’ing. Crescenzo Ungaro

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Processo Lacco Ameno. Ritenuto responsabile dal tribunale del reato di rifiuto in atti d’ufficio. Per non aver risposto alle sollecitazioni in ordine ad alcuni abusi edilizi che gli venivano denunciati dalla costituita parte civile, Vincenzo Senese. Per il collegio l’aver omesso di rispondere equivale ad una responsabilità penale. I giudici gli hanno inflitto la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici della durata di anni uno

 

Paolo Mosè | E’ andata male all’ex responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Lacco Ameno Crescenzo Ungaro, rinviato a giudizio per l’ipotesi di reato di rifiuto in atti d’ufficio. Il tribunale ha condannato l’ex dirigente alla pena di tre mesi di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici. Pena sospesa, ma dovrà al tempo stesso risarcire la costituita parte civile per il danno subito, la cui quantificazione è demandata al giudice civile.

Un processo che riguarda un ritardo nell’espletamento delle proprie attività, dopo che l’Ungaro era stato più volte sollecitato dalla costituita parte civile Senese e dal suo difensore di fiducia avv. Gennaro Lepre a rispondere ad una istanza presentata che sarebbe rimasta inevasa sulla propria scrivania. Come recita testualmente la contestazione che il pubblico ministero trasmise al giudice dell’udienza preliminare per il rinvio a giudizio: «Perché, in qualità di pubblico ufficiale, rivestendo la qualità di dirigente tecnico dell’ufficio di Lacco Ameno, responsabile dell’Utc del predetto Comune, dopo l’invio da parte di Senese Vincenzo di atto stragiudiziale di significazione, con il quale il predetto chiedeva il rigetto della domanda di condono edilizio presentata dalla proprietaria confinante (diffida con prot. 8.3.2012) e la conseguente successiva diffida avente il medesimo oggetto (ricevuta in data 24.4.12) presentata dal Senese tramite il relativo difensore, avv. Lepre Gennaro, con la quale si chiedeva di provvedere sulla domanda di condono presentata dalla confinante ovvero di esporre le ragioni del ritardo, entro trenta giorni dalla ricezione della predetta ultima richiesta presentata tramite legale rappresentante da Senese Vincenzo, soggetto che vi aveva interesse, in qualità di proprietario di immobile confinante con quello oggetto di richiesta di condono, non compiva l’atto del suo ufficio e non rispondeva per esporre le ragioni del ritardo».

Una vicenda “chiarita” allorquando Vincenzo Senese, dopo aver atteso che la Pubblica Amministrazione rispondesse ad una sua precisa richiesta, depositò all’ufficio della procura della Repubblica una circostanziata denuncia in cui, oltre a spiegare i fatti, ravvisava un danno nei suoi confronti e per la stessa Pubblica Amministrazione. Di cui l’imputato Ungaro ne era uno dei maggiori dirigenti, ricoprendo la responsabilità dell’Ufficio tecnico. Struttura delicatissima che è stata quasi sempre al centro di numerose indagini che hanno coinvolto tutti e sei comuni dell’isola d’Ischia. Molte delle quali si sono concluse quantomeno con una richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura ed accolta dai vari giudici dell’ufficio gip. Il più delle volte questi imputati sono riusciti ad ottenere un’assoluzione e in molti casi la prescrizione e nei casi più gravi la condanna. Il reato di rifiuto in atti d’ufficio è certamente più pericoloso rispetto all’abuso d’ufficio, in quanto per questa seconda ipotesi è necessario che si dimostri una volontà da parte del pubblico ufficiale di arrecare un vantaggio patrimoniale al presunto beneficiario. Nel rifiuto in atti d’ufficio, invece, il reato va a concretizzarsi allorquando il pubblico ufficiale omette di adempiere ad un proprio dovere, a ritardare nelle risposte che il cittadino attende nel termine massimo di trenta giorni. E la prova è quasi sempre documentale. Ed è quello che ha sostenuto l’avv. Lepre nella discussione per rafforzare la tesi della pubblica accusa.

Nella costituzione di parte civile il difensore di Vincenzo Senese è stato particolarmente duro nel descrivere la situazione che si era venuta a verificare all’interno dell’Ufficio tecnico del Comune di Lacco Ameno e più in particolare con il responsabile, ing. Ungaro, in ordine alla gestione dei presunti abusi edilizi: «Premesso che alla stregua della eccezionale disinvoltura nella sua gestione degli abusi edilizi afferenti parenti ed amici, ho già dovuto denunziare – tra gli altri – il dirigente dell’ufficio tecnico di Lacco Ameno (ing. Crescenzo Ungaro) nei cui confronti risulta frattanto anche esercitata l’azione penale per i reati di abuso d’ufficio».

Aggiungendo in ordine al fatto specifico che «per quanto più specificamente attiene ad una serie di abusi edilizi posti in essere su un cespite contiguo a quello di mia proprietà e di falsi nella pratica di condono correlativa che hanno registrato la complicità – solo nel migliore dei casi omissiva – delle strutture tecniche del Comune di Lacco Ameno, il procedimento penale che ne potrebbe conseguire risulta tuttavia allo stato già estinto per prescrizione».

Lamentando una certa inerzia da parte della Pubblica Amministrazione nel perseguire coloro che si erano macchiati di reati urbanistici: «E’ perciò che, in merito ad essi, la mia aspettativa di tutela da tali abusi l’ho dovuta pertanto rivolgere – per via amministrativa – proprio alla amministrazione comunale in parola, segnatamente sollecitandola a trarre le conseguenze di legge in merito agli illeciti edilizi già accertati, tali ai fini dell’obbligo di disporne l’abbattimento ovvero l’acquisizione al patrimonio».

E specificando – questo è l’aspetto più marcato in ordine al reato di rifiuto in atti d’ufficio – di aver presentato istanza scritta a cui non ha mai avuto alcuna risposta: «Ho pertanto inoltrato all’ufficio tecnico la formale diffida presentata da me a mano al protocollo l’8.3.2012. Tale diffida non è tuttavia valsa a nulla.

Mi sono allora rivolto ad un penalista, il quale per mio conto ha reiterato la mia diffida precedente con propria nota del 19.4.2012, stavolta redatta anche formalmente in ordine al reato di rifiuto in atti d’ufficio.

Tale raccomandata A/R risulta regolarmente recapitata sin dal 24.4. successivo.

E’ tuttavia un fatto che, sebbene ad oggi risulti ampiamente decorso il termine di 30 giorni di cui alla norma sanzionatoria dianzi menzionata, né ho ricevuto quanto richiesto né è pervenuta alcuna risposta per giustificare il diniego ovvero il ritardo riservatimi.

Chiedo pertanto che codesto Ufficio proceda come per legge per omissione di atti d’ufficio nei confronti di chiunque risulti responsabile della condotta di illecito in parola».

 

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