giovedì, Dicembre 26, 2024

Condono “facile” & illegittimo a Forio, il giudice Ferrigno annulla tutto!

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Gaetano Di Meglio | Le “sanatorie facili” rilasciate negli anni scorsi dal Comune di Forio stanno via via cadendo sotto i colpi di scure del giudice dell’Esecuzione dott.ssa Alessandra Ferrigno. A conferma delle ombre che si erano appalesate sul lavoro dell’Utc. Questa prima ordinanza di annullamento, che interessa opere abusive realizzate in via Forche, riguarda il procedimento di esecuzione «scaturito dall’annullamento con rinvio al Giudice dell’Esecuzione di Ischia per nuovo esame disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza del 12.9.19 su ricorso proposto avverso provvedimento di rigetto di revoca dell’ordine di demolizione emesso dal G.E. sezione distaccata di Ischia del 14.3.19».
Un “balletto” di pronunce partito dalla RESA risalente al 2000 in virtù di ben due sentenze irrevocabili, la prima del 1998 «per avere iniziato, continuato ed eseguito in assenza di concessione edilizia, in zona sottoposta a vincolo, un porticato di mq 24 e locale di mq 16», accertalo fino al 27.2.95»; la seconda del 2001 «per avere in qualità di proprietaria committente in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in assenza di concessione edilizia e in zona sottoposta a vincolo eseguito le seguenti opere: in violazione dei sigilli completava in ogni sua parte un locale di 24 mq chiuso con finestre e suddiviso in veranda e cucina. Nonché altro locale di mq 16 suddiviso in due piccoli bagni e uno stanzino»; accertato il 10.3.99.
L’ingiunzione a demolire notificata nel 2014 dava il via alle istanze di revoca.

IL CONDONO DEL 2018
Nell’ordinanza il giudice Ferrigno osserva che «In data 1.6.l8 l’Ufficio tecnico, V Settore, del Comune dì Forio rilasciava alla proprietaria dell’immobile, “titolo abilitativo edilizio in sanatoria”, facendo salvi i diritti dei terzi, relativo alle opere abusive realizzate in Forio loc. Forche, riguardante ampliamento di fabbricato per civile abitazione.
Il titolo in sanatorio, come da intestazione dello stesso, era relativo a condono edilizio del 27.2.95 richiedente il figlio ai sensi della L.724/94. Va osservato che la istanza di condono risulta presentata dal figlio della proprietaria e committente delle opere abusive, e destinataria del provvedimento abilitativo in sanatoria n. 12 del 2018 – proprio il giorno dell’accertamento degli illeciti penali di cui alla prima sentenza di condanna a carico della madre».
Una circostanza, lascia intendere il giudice, non casuale. Quindi prosegue evidenziando il primo vizio: «Dalla lettura del provvedimento abilitativo dell’l.6.18 che riepiloga tutti i passaggi dell’iter richiamando i pareri e provvedimenti interlocutori acquisiti emerge che alla istanza di condono edilizio presentata il 27.2.95, faceva seguito ad integrazione del 14.3.17, istanza presentata dalla proprietaria per la definizione della pratica avviata dal figlio».
La dott.ssa Ferrigno analizza poi le iniziative degli uffici comunali: «Nel provvedimento si prendeva atto del parere favorevole espresso dalla Commissione paesaggio del Comune di Forio e della relazione tecnica illustrativa redatta il 28.9.17 dal responsabile VII Settore del Comune di Forio (arch. Nicola Regine) con provvedimento favorevole ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica espresso, sempre dal responsabile VII Settore Comune di Forio, il 25.9.17, trasmesso con la documentazione relativa alla istanza di condono alla Soprintendenza per l’Area metropolitana di Napoli per il parere di competenza; seguiva determina del responsabile del Settore VII Comune di Forio (arch. Regine) del 21.3.18 di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, salvi diritti di terzi».

L’ORDINE DI DEMOLIZIONE
Sta di fatto che quel titolo non poteva essere rilasciato e dunque il ricorso dell’interessata teso ad evitare la demolizione è stato rigettato in quanto infondato.
Una decisione che il giudice spiega richiamandosi a quanto contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione dì annullamento con rinvio per nuovo esame: «E’ orientamento pacifico e consolidato in giurisprudenza, quello secondo cui l’ordine di demolizione impartito dal giudice, pur costituendo una statuizione sanzionatoria giurisdizionale, ha natura amministrativa e non è suscettibile di passare in giudicato, dì talché il giudice dell’esecuzione deve valutare la compatibilità dell’ordine stesso con i provvedimenti nelle more eventualmente assunti dalla autorità o giurisdizione amministrativa e provvederà alla revoca dell’ordine di demolizione, emesso con la sentenza di condanna o di patteggiamento irrevocabile, solo se tale ordine risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbia conferito all’immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria».

Entrando ancor più nel dettaglio in merito al condono rilasciato: «Quanto ai parametri valutativi che devono guidare il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta dì revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, deve farsi richiamo ad una serie di elementi costituiti dalla riferibilità della domanda di condono edilizio all’immobile di cui in sentenza; dalla proposizione dell’istanza da parte di soggetto legittimato; dalla procedibilità e proponibilità della domanda, con riferimento alla documentazione richiesta; dalla insussistenza di cause di non condonabilità assoluta dell’opera; dalla eventuale·avvenuta emissione di una concessione in sanatoria tacita (per congruità dell’oblazione ed assenza di cause ostative); dalla attualità della pendenza dell’istanza di condono; dalla non adozione di un provvedimento da parte della P.A. contrastante con l’ordine di demolizione; dall’avvenuto eventuale rilascio di un provvedimento in sanatoria che sia legittimo ed efficace».
In definitiva «il giudice della esecuzione, laddove nella ipotesi, come è nel caso dì specie, sia intervenuto il rilascio del permesso è tenuto a valutarne la legittimità ed efficacia».

GLI ERRORI DELL’UTC
E si arriva alle conclusioni lapidarie sul lavoro dei tecnici comunali: «Diversi i profili che inficiano la legittimità del titolo abilitativo in sanatoria. In primo luogo deve osservarsi che il “titolo abilitativo in sanatoria” è stato rilasciato a soggetto diverso dal richiedente, essendo stato rilasciato alla proprietaria ancorché il richiedente il condono fosse il figlio, soggetto non legittimato a presentare la domanda di condono in questione del 27.2.95.
E’ invero pacifico in giurisprudenza che in tema di condono edilizio, in forza della legge 28 febbraio 1985, n.47 – richiamata dalla legge 23 dicembre 1994, n.724 – legittimati alla presentazione della istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario della costruzione abusiva, il titolare della concessione edilizia, il committente delle opere, il costruttore ed il direttore dei lavori, essendo stato escluso che i figli del proprietario siano legittimati a presentare detta istanza».

Una circostanza non tenuta in conto nel rilascio del condono, sebbene inizialmente al Comune avessero notato delle palesi omissioni: «La proprietaria e committente delle opere – si legge nell’ordinanza – presentava solo un’istanza ad ”integrazione” il 14.3.17. E va evidenziato che nell’ambito della prima procedura il responsabile del V Settore del Comune di Forio aveva inviato, all’allora G.E, nota di risposta a richiesta di chiarimenti sulla pratica del 27.2.95, in cui rappresentava che la domanda in questione, allo stato degli atti, non era istruibile né esaminabile dalla Commissione per il paesaggio in quanto incompleta di grafici, relazioni e documentazioni fotografiche che la parte istante non aveva mai trasmesso».

Non è l’unico “errore” in cui è incorso l’Utc: «Ulteriori rilievi critici in ordine al titolo abilitativo in sanatoria afferiscono la sussistenza dei presupposti per il rilascio del condono in relazione alle opere di cui alle sentenze di condanna a carico della proprietaria. Si consideri che nel caso di specie si verte in ipotesi di condono, ossia di provvedimento abilitativo di condono di opere abusive ab origine non realizzabili, la cui adozione presuppone che le opere siano state ultimate al rustico, con copertura, entro il termine previsto dall’art. 39 L.724/94 per l’accesso al condono che è il 31.12.93. Dalla lettura della imputazione di cui alla sentenza emessa da GM Ischia il 18.11.98, si rileva che in violazione di sigilli apposti il 29.1.95, erano realizzati un porticato di mq 24 ed un locale di mq 16; tanto era accertato il 27.2.95 ed il 10.3:99, si accertava ancora la prosecuzione delle opere con completamento delle stesse con chiusura delle finestre e destinazione dei due locali a cucina e servizi. Tanto vale a ritenere fondatamente che le opere oggetto di condono non fossero complete al rustico al 31.12.93, tenuto conto del fatto che la imputazione della prima sentenza indica come accertato al 27.2.9.5 un porticato di mq 24 e non vano con tamponature e che, in ogni caso, anche a considerare che il primo sequestro di tali opere in corso era del 25.l.95, i lavori proseguivano, dopo la presentazione della istanza di condono del 27.2.95 (proprio la data di accertamento dei fatti di cui alla prima sentenza) e non risulta in atti che tanto sia avvenuto nel rispetto della procedura stabilita dalla L.47/85 richiamata dalla L.724/94».

IL SILENZIO ASSENSO NON VALE
Una sanatoria illegittima. E il giudice Ferrigno censura l’operato dell’arch. Regine per quanto di sua competenza: «Infine si rileva che non risulta rilasciata dalla Soprintendenza, ente competente, l’autorizzazione paesaggistica. Invero è richiamata nel titolo abilitativo edilizio in sanatoria l’autorizzazione paesaggistica resa dal responsabile del VII Settore Comune Forio del 21.3.18 – atto allegato e nel quale in sostanza si fa al. c.d. silenzio assenso».

Errore! Nell’ordinanza infatti si specifica che il silenzio assenso non è sufficiente nelle zone sottoposte a vincolo: «Sul punto deve osservarsi che per l’autorizzazione paesaggistica opera il principio della necessità di pronunzia esplicita, non potendo il silenzio della PA avere valore di assenso, con la conseguenza che deve escludersi che il silenzio assenso valga per i provvedimenti in materia di tutela del paesaggio in linea con il principio generale stabilito dalla L.241/90 che vieta la formazione per silentium di provvedimento conclusivo nei procedimenti implicanti la tutela di interessi sensibili, nei quali si iscrive la tutela del paesaggio avente valore di rango costituzionale. E’ appena il caso di osservare, tenuto conto di quanto previsto ai sensi della L. 724/94 richiamata dalla L. 326/03, che è orientamento consolidato in giurisprudenza quello secondo cui non è applicabile la disciplina del silenzio assenso, per il conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo in caso di opere eseguite in zona vincolata».

Una conclusione destinata ad inficiare un numero considerevole di autorizzazioni paesaggistiche rilasciate sull’isola.
E dunque arriva la mazzata finale. Il giudice dell’Esecuzione «dichiara l’illegittimità del “titolo abilitativo edilizio in sanatoria” rilasciato dal Comune di Forio 1’1.6.18 e per l’effetto rigetta la istanza di revoca dell’ingiunzione a demolire».
Per la piena esecutività bisognerà attendere che l’ordinanza divenga definitiva, ma il dato significativo è la piena bocciatura dei “condoni allegri” rilasciati fino a poco tempo fa dal Comune di Forio.

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