Aleksej Naval’nyj, morto due giorni fa per cause tutt’altro che insospettabili in una colonia penale russa a quarantasette anni, non era certo un eroe. Il suo nazionalismo incondizionato ingenerava più di un dubbio sulla bontà delle sue stesse idee, sebbene fosse riuscito, nelle scorse elezioni presidenziali, a racimolare un significativo 27% contro Putin. Ma di certo è morto da eroe per un ideale, andando incontro al suo carnefice e alla prigionia trentennale in capo all’Artico, con tutte le vessazioni subite fino all’ultimo momento di vita. Sarebbe bastato restarsene in Germania, dove aveva ricevuto asilo, per continuare la sua battaglia contro “l’oppressore”, lo stesso per il quale oggi viene richiesto l’annullamento del risultato già scontatissimo delle prossime elezioni di metà marzo. E invece, eccolo morto per un’embolia al termine di una semplice passeggiata!
C’è invece un videomessaggio molto importante che sta circolando dalle prime ore dopo la sua morte, da tutti considerato un vero e proprio testamento politico che Naval’nyj ha lasciato ai suoi proseliti e, se vogliamo, a qualsiasi cittadino del mondo con un minimo di spirito critico e buona fede: “L’unica cosa necessaria al trionfo del male è che le persone buone non facciano nulla. Quindi non siate inattivi!”
Mi allontano, quindi, da quella che è la storica criticità democratica della grande madre Russia (in barba a tutti i nostalgici del comunismo e di chi ancora oggi ne fa le veci e ne tesse le lodi) e mi riporto nella nostra piccola ma comunque critica realtà locale. Non dovete pensare che il paragone sia fuori luogo e, quindi, dare dell’esagerato al mio modo di affrontare l’argomento quest’oggi! Pensate, piuttosto, che proprio perché, almeno ufficialmente, viviamo ancora in una democrazia compiuta e senza alcuna limitazione alla libera espressione di ciascuno di noi, dovrebbe risultare molto più semplice opporci all’inerzia con cui la cosiddetta “cosa pubblica” continua ad essere gestita e all’inutile protrarsi di un cammino amministrativo che non solo non porta nulla di buono al paese, ma lo sta danneggiando fino al più profondo declino.
Che Enzo Ferrandino non sia Vladimir Putin lo sappiamo bene (e speriamo che quest’ultimo non se la prenda per l’accostamento irriverente). Ma al tempo stesso, continuare ad essere inattivi verso il modo suo e dei suoi di (dis)amministrare Ischia mette a rischio la nostra stessa dignità di persone perbene.
Per poter contare, bisognerebbe cominciare a contarsi!