FRANCESCO “GARIBALDI” DI IORIO |
In tutta Europa sono pochissimi gli episodi documentati di persone uccise da aggressioni da parte di orsi. Quello del ventiseienne Andrea Papi è il primo caso in Italia. Da più di un secolo, tra le Alpi e gli Appennini, si sono registrate diverse aggressioni a persone intente a raccogliere funghi, a passeggio con il cane e a podisti. Tutte vicende, fortunatamente, concluse con solo ferite leggere ed in alcuni casi con ricoveri in ospedale. Il più delle volte trattasi di situazioni ove un esemplare femmina accompagna i cuccioli ed è proprio questo il caso in cui l’orsa tende ad essere aggressiva. «Sempre una femmina, nel 2015, aggredì a maggio un 42enne e a giugno un podista 45enne, entrambi di Villazzano, che riportarono diverse ferite. La stessa orsa, nel 2017, aggredì un pensionato di Cadine mentre era a spasso con il cane».
Come tutti i tragici episodi, anche questo deve far riflettere. Dopo l’ultimo evento che ha portato alla morte del giovane runner in Val di Sole, la posizione del WWF è la seguente: «garantire la sicurezza delle persone e la conservazione dell’orso». Vero è che, in un territorio turistico, ove nell’ultimo ventennio si è verificata un’antropizzazione diffusa, il fenomeno di incontri con l’orso è più frequente e nella maggior parte dei casi non ha portato conseguenze letali a persone. In ogni caso deve prevalere il buon senso, per meglio valutare caso per caso, al fine di capire i comportamenti delle persone e dell’animale. In quest’ultimo tremendo episodio, il WWF Italia ritiene che «vada applicato il protocollo previsto dal PACOBACE che contempla anche la rimozione dell’individuo». Gli animalisti, in passato come tutt’ora, sono stati critici nei confronti delle ordinanze di cattura ed abbattimento emesse dalla Provincia Autonoma di Trento perché considerate eccessive. Ed allora come contemperare la giusta conservazione del numero di orsi e una corretta gestione di fatti che recano conseguenze drammatiche?
A mio sommesso ed umile giudizio, se un animale mostra, più di una volta, comportamenti aggressivi tanto da mettere a rischio l’incolumità umana, va abbattuto. Se invece è la prima volta, va rimosso per posizionarlo in una zona ampia e protetta da recinzione. Solo in questo modo si riducono i pericoli di nuovi episodi che fanno piangere familiari, parenti ed amici e turbano l’opinione pubblica. Non può esserci un’altra alternativa quando la pericolosità dell’animale è stata accertata. Il mancato rispetto dell’attuale normativa metterebbe a rischio l’incolumità di altre persone e contribuirebbe all’abbandono di paesini di montagna. Ben vengano tutte le proposte da parte del WWF Italia su comportamenti che tendono a limitare episodi di questo tipo, anche dovuto al fatto che la Provincia Autonoma di Trento è assai carente.
Necessario intraprendere ogni possibile azione per salvaguardare l’incolumità dell’uomo. La convivenza va costruita senza limitare la sicurezza dei cittadini. E per questo, bisogna focalizzarsi sulla maggiore informazione sulle aree di pericolo di attacchi, campagne di comunicazione e sensibilizzazione verso i turisti e residenti. Importante è il comportamento dell’uomo teso a prevenire l’incontro evitando di invadere le aree e non avvicinarsi alla tana dell’orso. Quello che trovo stupefacente, da parte del WWF Italia, è l’invito alla «liberalizzazione dell’utilizzo dello spray anti-orso al peperoncino (bear spray)». Questo spray antiorso, potente principio attivo contenuto nel peperoncino piccante, andrebbe usato nel momento in cui l’orso/a all’improvviso attacca. E dunque, nel momento dello spavento bisognerebbe afferrare la bomboletta fissata alla cintura e con due mani avere la velocità di azionarla. Orbene, quante persone hanno la freddezza e la lucidità nel momento dello spavento causato dall’orso/a che si muove con velocità verso la figura umana? E valga il vero, questa bomboletta spray dovrebbe creare una nuvoletta irritante, sia pure ad altissima pressione, a distanza ravvicinata e centrare il muso dell’animale impegnato nella carica. Se usato correttamente non bisogna dimenticare di togliere la sicura e premere il pollice sulla apposito tappo-erogatore dell’urticante composto. Nonostante non possiamo disconoscere le potenzialità dello strumento, il dubbio mi assale nel maneggiare correttamente la bomboletta proprio nel momento in cui si vive un sentimento di paura eccezionale. E’ stato usato in altri Paesi con successo. Nella maggior parte dei casi è riuscito a fermare la carica anche del grande orso bruno del Nord America (grizzly). «Dati robusti provenienti da studi effettuati in Alaska parlano chiaro: il successo ottenuto utilizzando armi da fuoco anziché lo spray al peperoncino durante attacchi di orso ha raggiunto un misero 51%, persino in luoghi dove la gente maneggia le armi da fuoco fin da giovane. Lo spray invece supera il 90%: è una differenza abissale; laddove sparare equivale, statisticamente, ad affidarsi al lancio di una moneta, il bear spray dà ben altre garanzie, tanto più che, nei ridottissimi casi in cui l’orso colpito dal peperoncino nebulizzato ha comunque contattato fisicamente le persone coinvolte, le conseguenze fisiche per le stesse sono state nulle o leggere, e le colluttazioni brevissime. La nube a cono erogata dal dispositivo consente con molta facilità di raggiungere le vie respiratorie dell’animale».
Sono proprio questi dati che fanno richiedere l’uso di questo strumento, anche in Italia, per favorire la coesistenza. Domanda: in quanti credono che questo strumento semplice, facile ed economico possa veramente essere la soluzione concreta per aiutare la coesistenza fra l’uomo e l’orso?