Incontriamo Corrado Visone, appassionato di teatro e amico del Dispari, per commentare l’ultima iniziativa.
– Nonostante tu abbia diretto e partecipato a numerose formazioni teatrali, oggi parliamo di un’opera particolare: l’ultimo lavoro del collettivo Barberia. Uno spettacolo che esce dai confini tradizionali, come già accaduto in passato, ad esempio con la produzione dedicata al terremoto del 1883. Ora il tema è la battaglia di Pavia. Il titolo, “Un paesaggio dopo la battaglia”, incuriosisce: si pensa subito a Pavia e ci si chiede cosa stiate preparando. Raccontaci di cosa si tratta.
«“Un paesaggio dopo la battaglia” è uno spettacolo dedicato alla battaglia di Pavia del 1525, un evento cruciale tra Francia e Sacro Romano Impero, con Carlo V contro Francesco I. È una battaglia significativa perché, oltre a segnare un momento chiave delle guerre d’Italia, vide protagonisti Ferrante d’Avalos, comandante sul campo, e il suo aiutante Alfonso del Vasto. Inoltre, è considerata la prima battaglia dell’epoca moderna combattuta con armi da fuoco come moschetti e archibugi. Ci interessa questa storia perché riguarda anche Ischia: alcuni ischitani vi presero parte e, attraverso la mia ricerca per la tesi di laurea magistrale in storia moderna, ho ricostruito le loro vicende. La particolarità è che questa battaglia vide protagoniste anche alcune donne in ruoli cruciali di consiglio e mediazione, come Costanza d’Avalos e Vittoria Colonna.
Da questa ricerca è nata l’idea di trasformare il lavoro accademico in uno spettacolo teatrale. Non sarà solo teatro: è anche una forma di divulgazione storica, arricchita da elementi immersivi. Non voglio svelare troppo, ma il collettivo Barberia interpreterà i personaggi storici, mentre io sarò il filo conduttore. Ci saranno musiche originali del Cinquecento, spesso sconosciute al pubblico. L’evento si terrà alla Torre del Mulino e sarà gratuito, perché vogliamo offrire alla comunità un’occasione per conoscere la storia locale in modo nuovo. È stato possibile grazie alla collaborazione con Lucia Annicelli, direttrice della Biblioteca Antoniana, con cui abbiamo immaginato un evento accessibile e coinvolgente».
ESPERIENZA IMMERSIVA
– Ci incuriosisce il fatto che lo spettacolo si svolgerà nella sala interna dell’antico carcere alla Mandra. Uno spazio raccolto, e tu parlavi anche di una mostra. Quindi sarà un esperimento di teatro “diverso”, senza un palcoscenico tradizionale. Che atmosfera dobbiamo aspettarci?
«Sì, sarà un’esperienza immersiva. Il vecchio carcere alla Torre del Mulino è un luogo suggestivo, carico di memoria. Vogliamo sfruttare le sue pareti per proiezioni e installazioni che accompagneranno la recitazione, creando un’atmosfera coinvolgente. Un elemento centrale saranno gli arazzi della battaglia di Pavia, una serie di sette opere tessute, non dipinte, oggi conservate al Museo di Capodimonte. Gli arazzi, che narrano visivamente lo scontro, saranno il filo conduttore dello spettacolo. Il nostro racconto, però, non si fermerà ai grandi nomi come Ferrante e Alfonso d’Avalos: daremo voce anche ai civili e ai reduci, mostrando l’umanità dietro la guerra.
Racconteremo com’era l’Italia del Cinquecento, tracciando parallelismi con l’attualità. Perché, anche a distanza di 500 anni, ci sono temi e dinamiche che risuonano ancora oggi. È questo il nostro vero obiettivo: usare il passato per interrogare il presente».
DONNE IN PRIMO PIANO
– Mi sembra di capire che questo spettacolo possa offrirci molti spunti di riflessione. Parlavamo del ruolo delle donne, come Costanza d’Avalos e Vittoria Colonna. È un tema attuale: oggi, sulla scena mondiale, vediamo figure femminili di rilievo, come la premier Giorgia Meloni. E nella storia, dopo la battaglia di Pavia, si arrivò a un accordo di pace. Viene spontaneo pensare alle donne ucraine, alle madri che, in questi ultimi tre anni, hanno vissuto il dramma della guerra.
«Quello, però, è un altro 24 febbraio».
– Sì, un altro 24 febbraio.
«Ma il senso del tempo è importante. Ed è proprio cogliendo questo senso che la storia del Cinquecento può diventare teatro e occasione di riflessione. Nello spettacolo non mancheranno elementi moderni: ci saranno giochi di luci, musiche originali dell’epoca e un uso consapevole della tecnologia. È il nostro modo di fare divulgazione, unendo ricerca storica e creatività artistica. La mia attività teatrale è sempre stata legata ai miei studi storici. Ho raccontato il terremoto del 1883 perché fa parte del mio percorso di ricerca, ma studiare la storia, per me, è sempre stato un mezzo per narrarla al pubblico. Ogni momento storico, se raccontato nel modo giusto, può farci capire chi siamo oggi e può svelare aspetti poco conosciuti del nostro passato.
La battaglia di Pavia, per esempio, è un episodio spesso trascurato, persino dagli studiosi isolani, nonostante il legame con Ischia e la Corte del Castello Aragonese. Eppure, è un momento chiave della storia italiana: a partire dalla discesa di Carlo VIII in Italia per conquistare il Regno di Napoli, il nostro Paese ha vissuto secoli di dominazioni straniere, fino al Novecento. Raccontare questa battaglia significa riflettere su una presenza straniera costante nella nostra storia, ma anche dare voce a chi, in quei contesti, è rimasto nell’ombra.
Penso soprattutto al ruolo delle donne in guerra. È un ruolo spesso sottovalutato, ma fondamentale, perché, mentre gli uomini combattono con le armi, le donne fanno la guerra con la mediazione, il consiglio e l’arte della diplomazia. È importante rivalutare la loro presenza come mente strategica, accanto al braccio armato degli uomini. Nel caso della battaglia di Pavia, Vittoria Colonna e Costanza d’Avalos sono esempi emblematici: non solo figure letterarie, come spesso vengono raccontate, ma protagoniste politiche, donne che hanno esercitato il potere in un’epoca di grandi trasformazioni.
Tu prima parlavi delle donne al potere oggi: ebbene, anche nel Cinquecento ci sono state donne che hanno esercitato il potere concretamente. E su questo l’isola d’Ischia ha molto da raccontare: dalla corte del Castello Aragonese sono passate donne straordinarie che hanno segnato la storia ben oltre i confini dell’isola. Voglio anche raccontarti un episodio attuale: a Pavia, per tutto l’anno, si stanno svolgendo eventi, mostre e iniziative per ricordare la battaglia del 1525. Realizzeranno persino un documentario con Toni Servillo. Allora mi sono chiesto: perché non colmare un vuoto? Quella battaglia fu guidata da ischitani e combattuta da tanti ischitani. Mi è sembrato giusto che anche l’isola la ricordasse, restituendo alla comunità un pezzo della propria storia».
LA LOCANDINA DELLO SPETTACOLO
– Una domanda leggera, per sorridere. Quando hai proposto il progetto ai tuoi colleghi del collettivo Barberia, come hanno reagito? Ci piacerebbe quasi leggere le vostre chat!
«Hai perfettamente ragione, hanno davvero tanta pazienza con me! Mi assecondano anche in queste idee non proprio ortodosse. Però devo dire che il loro desiderio di raccontare storie è sempre stato forte. In oltre vent’anni di teatro, abbiamo sempre cercato di portare sul palco storie che valesse la pena condividere. Questa volta, poi, la sfida è stata particolare: molte parti dello spettacolo sono in italiano cinquecentesco. Immagina: hanno dovuto imparare a recitare in una lingua diversa dall’italiano di oggi! È stato impegnativo, ma anche molto divertente per loro. Ammetto che qualche “benedizione” me l’hanno mandata (ride), perché è stata una prova dura. Ma è proprio questo il bello del teatro: mettersi alla prova. E spero che il pubblico apprezzi. Non sarà certo una classica conferenza, magari un po’ barbosa. Sarà uno spettacolo vivo, leggero in alcuni momenti, e capace di raccontare storie tratte direttamente dalle fonti storiche».
– Quindi niente invenzioni, vero? “Acciocché” non ti sei inventato nulla!
«Esattamente! Tutto ciò che portiamo in scena è documentato. L’appuntamento è fissato: sabato 22 e domenica 23 febbraio, alla Torre del Mulino. Sabato 22 lo spettacolo sarà alle 20:30, mentre domenica 23 ci saranno due repliche: una alle 18:00 e una alle 20:30. L’ingresso è libero, ma sarà preferibile prenotare, perché, come sappiamo, i posti sono limitati».
– Quanti posti ci saranno?
«Ogni replica potrà ospitare circa cinquanta persone».
– Parliamo della locandina, perché è davvero particolare. Quando abbiamo ricevuto il comunicato stampa, devo ammettere che mi ha sorpreso: sembra tutto, tranne che la locandina di uno spettacolo teatrale!
«È vero, ed è stata una scelta voluta. Fa parte del gioco e dello spirito del progetto. La grafica richiama le copertine dei libri cinquecenteschi, proprio come quelli che venivano stampati all’epoca. Anche il lessico antico è ripreso nella locandina, come fosse una cronaca del tempo. Mi fa piacere che tu l’abbia notato, perché è proprio quello che volevamo: incuriosire il pubblico, spingerlo a chiedersi cosa stia guardando. In questo modo, lo spettatore capisce subito che lo spettacolo sarà un viaggio nella storia, con un linguaggio e un’estetica d’epoca. E poi… hai colto un’anticipazione: nelle chat del collettivo molti chiedono di esplorare ancora altre epoche e altre lingue. Chissà, magari prossimamente potremmo cimentarci con il napoletano antico! Abbiamo tante idee e siamo in piena attività».
ASPETTANDO IL POLIFUNZIONALE
– In conclusione, stiamo parlando di teatro e del vostro lavoro, senza voler sollevare polemiche, ma è impossibile non pensare al Polifunzionale, che è ancora chiuso per lavori. Speriamo si concludano presto. Intanto, però, è bello vedere il movimento teatrale ischitano così vivo. Abbiamo apprezzato il successo di “Uomo e Galantuomo” e ora arriva il vostro spettacolo, diverso, ma sempre parte della grande famiglia del teatro ischitano.
«Hai detto bene: il teatro a Ischia non è morto, e noi ne siamo la prova. Anzi, voglio usare una frase forte: il teatro a Ischia è vivo e aspetta solo di tornare a casa. Noi di “Amici del Teatro” ci siamo detti che non era giusto restare fermi ad “aspettare Godot”, per citare Beckett. Certo, aspettiamo il Polifunzionale, ma nel frattempo è giusto trovare altre soluzioni. Non possiamo sempre spostarci altrove, come a Forio o in altri spazi. Ischia ha bisogno di una struttura teatrale dove progettare, sperimentare e portare il pubblico a teatro. Le situazioni in cui ci troviamo a recitare oggi sono spesso arrangiate, costose e complicate. E questo vale per noi, per i ragazzi degli “Attori per Caso” e per tutte le compagnie locali che ancora resistono.
Ecco perché spero che spettacoli come il nostro, come quelli degli “Attori per Caso” e quelli che verranno, servano a ricordare che il teatro a Ischia è presente. E aspetta solo una cosa: poter finalmente tornare a casa».