venerdì, Marzo 14, 2025

Da Zaro ai Frassitelli. AMP e i gabbiotti della discordia

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La denuncia: parallelepipedi brutti, erano davvero necessari? Il sistema video dell’Amp è un pugno nell’occhio

Anche l’occhio vuole la sua parte. Quello elettronico, con il sistema di videosorveglianza dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno” in via di installazione. Ma anche quello proverbiale: l’estetica e il buon senso, l’impatto ambientale e paesaggistico zero. E qui casca l’asino: perché le 22 postazioni e i 5 ripetitori che stanno sorgendo sul territorio delle isole di Ischia e Procida nell’ambito del programma operativo nazionale “Sicurezza per lo sviluppo” (per un progetto che ha previsto complessivamente 16 milioni di euro per il “monitoraggio delle aree marine protette interessate da reati ambientali”) paiono decisamente antiestetiche.
E dai Frassitielli – dove fu addirittura la Polizia Municipale di Serrara Fontana a intervenire interdetta, sequestrando l’opera – a Zaro, in località Punta Caruso, c’è chi già storce il naso, né potrebbe essere altrimenti. Parallelepipedi bianchi che spiccano tra la vegetazione, il paradosso di uno schiaffo all’ambiente per proteggerlo, l’ambiente. E laddove non v’è già un supporto, occorre installare i tralicci, anch’essi decisamente invasivi.
Tra i cittadini più infuriati, Augusto Coppola. Che racconta: «Giorni fa mi sono recato a Zaro per rendermi conto sul posto: la base in cemento è ancora fresca, a sorreggere un rack e un enorme palo di una decina di metri. Il luogo di installazione è quello dell’area di “risanamento di Zaro”, di montiana memoria: una sorta di castello di terra fino al mare, simile a quello che fanno i bambini con la sabbia, sulla riva. Il risultato fu identico: il mare si riprese i suoi spazi, fu speso quale miliardo di lire. Oggi a quell’area, si accede scavalcando agevolmente una catena posta sulla strada di Zaro, a delimitazione di una “strada privata”, lungo la quale c’è l’ingresso della fu area ecologica. Lì, tracce di un escavatore, che disboscando e spostando terreno, ha creato un nuovo tracciato fino ad una piazzola, sulla quale campeggiano i resti di una panchina… Ecco il luogo del misfatto».
Possibile che la Soprintendenza, che è naturalmente parte integrante della conferenza di servizi, abbia dato il nulla osta per un gabbiotto del genere? Come già ampiamente raccontato dal “Dispari”, il Ministero aveva naturalmente tenuto conto delle obiezioni della Soprintendenza, che aveva stralciato due postazioni dal progetto originale per incompatibilità paesaggistica, muovendo delle riserve anche sulla posizione di tre dei quattro ripetitori.
Sulle installazioni attuali, a quanto pare, ci sarebbe il via libera. Tra polemiche e interrogativi. Il tutto, naturalmente, mentre il Regno di Nettuno è ancora fermo al palo (metaforico, nessuna ironia sui tralicci). Nel senso che l’Area Marina Protetta resta commissariata, malgrado il pressing esercitato da alcuni dei sette sindaci nel Ministero.
Singolare dunque che proprio mentre l’ente cerchi di ripartire (con risultati più significativi di quelli dei suoi primi anni da vita) fosse arrivata proprio da Roma la determinazione conclusiva in merito all’acquisizione degli atti di assenso sul progetto definitivo per i lavori di installazione delle postazioni di videosorveglianza, questa sorta di Grande Fratello delle nostre costa: un monitoraggio h24 del Regno di Nettuno con occhi puntati, naturalmente, sulle attività illecite, sul bracconaggio e  sul diportismo selvaggio.
L’idea, ci mancherebbe, sarebbe pure buona. Al netto dei dubbi sul personale che dovrebbe occuparsi del monitoraggio (la Guardia costiera è notoriamente sotto organico) e, alla luce di quanto sin qui visto, dell’impatto estetico non propriamente neutro degli apparecchi.
A proposito, altre due telecamere saranno installate sul faro del Castello aragonese. Una punterà verso sud, una verso nord. Con sguardo, dunque, sulle zone A e B del Regno di Nettuno. Due saranno installate sul muraglione della Chiesa del Soccorso, a Forio, sui due versanti. Ancora: una sarà installata sul faro di Punta Imperatore. In altri casi, come per esempio sull’insenatura del Carbogno a Procida e a Sant’Angelo, saranno invece utilizzati i pali della pubblica illuminazione già preesistenti.
E le polemiche montano a distanza di due mesi dall’approvazione formale delle risultanze della conferenza di servizi relativa al progetto definitivo dei lavori, formalizzata nei mesi scorsi – come accennato – dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Tra i punti ancora da chiarire, a quanto pare, la necessità di trovare una soluzione progettuale che consenta la sorveglianza costiera a sud est dell’isola d’Ischia, in corrispondenza della Sgarrupata e di San Pancrazio (zona B di alto pregio dell’Area Marina Protetta, «superando ove possibile il problema della proprietà privata dei terreni prospicienti dette zone». Ecco, appunto. Anche lì, occhi aperti.
Il tutto mentre le perplessità crescono.  «La bontà del progetto – denuncia per esempio Coppola –  sta nell’adozione di telecamere standard, che dovrebbero, nelle intenzioni dei progettisti, consentire l’identificazione anche in condizioni di bassa luminosità, dei natanti, anche a distanze superiori ai 500 mt (considerando la funzione di controllo dell’AMP). Per coprire le fasce notturne, in alcuni punti, sono stati previsti, addirittura apparati bolometrici (telecamere termiche), i cui limiti tecnici, soprattutto in presenza di fonti spot (pensate ad una barca con lampara), impediscono di distinguere una barca da un elefante che fa il bagno e questo già intorno ai 100 metri di distanza dal piano focale dell’apparato. Riassumendo il tutto sono inutili. Tutti questi apparati di ripresa, “dovrebbero” comunicare con la control room sita a via Sant’Antonio a Forio, infrastruttura che utilizza frequenze non licenziate a 5 GHZ. Il problema non è quello delle emissioni radio (il livello è ridicolmente basso, in rapporto a quello dei ripetitori tv o cellulari – il rapporto è di 1 a 100), ma, per un sistema di sicurezza, è appunto l’affidabilità, che qui invece sembra quasi un requisito a cui poter rinunciare». In sostanza, Coppola definisce la rete di videosorveglianza «complessa, instabile, realizzata con apparati non in linea con gli obiettivi che si propone di raggiungere,
ingestibile,costosa,  di eccessivo impatto ambientale per un progetto finanziato dal Ministero».
L’Area Marina è ferma, non le polemiche a quanto pare: non si conoscono al momento i tempi perché la gestione commissariale dell’Area Marina Protetta si concluda, con il Ministero che potrebbe dunque decidere di riassegnare ai Comuni, e il Regno di Nettuno è già (o ancora) nell’occhio del ciclone. Un organismo nato sotto una cattiva stella e sin qui contraddistinto da beghe interne e lotte intestine: quando tornerà il sereno?

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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3 COMMENTS

  1. queste cose non le accetto e non mene frega un cavolo invito “vandali” e persone di buon senso a rimuoverli legalmente o illegalmente

  2. Ma poi a difesa di cosa?
    Non ci sono neanche le boe che segnalano il parco … noi ci mettiamo le telecamere …
    Qualcuno aveva ancora fame?

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