Abbiamo chiesto all’avvocato Bruno Molinaro di commentare, per noi la nuova formulazione del DDL Falanga. Un approfondimento necessario che serve a capire meglio quale sarà l’orientamento del legislatore.
Avvocato, come giudica la proposta di legge valutata nel suo complesso?
Ritengo che la proposta sia più che ragionevole ed in linea con i parametri costituzionali.
Ricordo ancora le parole del Notaio Arturo, il quale, rivolgendosi al Procuratore De Chiara che, per giustificare le demolizioni ad Ischia, faceva appello al principio della intangibilità del giudicato, così si esprimeva in proposito:
“Se siete in grado di demolire interi paesi contemporaneamente, va tutto bene. Accomodatevi pure ed utilizzate anche l’esercito all’occorrenza. Se non siete in grado, va trovata una soluzione sul piano legislativo, piaccia o no”.
È fuor di dubbio che le sentenze vadano eseguite e che non possa esserci scappatoia che tenga.
Il problema diventa grave quando le demolizioni avvengono con il contagocce, come, appunto, verificatosi ad Ischia sino ad oggi, per giunta dopo anni di inerzia (colpevole o non colpevole interessa poco) della Procura della Repubblica, obbligata a curare l’attività di esecuzione secondo quanto previsto dal codice di procedura penale.
Non va dimenticato, infatti, che l’ordine di demolizione collegato alla sentenza di condanna è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dalla legge n. 47/85.
I conti sono presto fatti. L’istituto è vecchio di oltre trent’anni.
Se le demolizioni si contano sulle dita di una mano e avvengono a macchia di leopardo, è evidente che qualcosa non va. Come si fa a spiegare a chi subisce la privazione della casa, sia pure in esecuzione di una sentenza di condanna passata in giudicato, che il turno del vicino, che magari ha realizzato un abuso di dimensioni maggiori ed in epoca ancor più risalente, non è ancora arrivato?
Lo scopo di questa proposta di legge è proprio quello di mettere ordine nella esecuzione dei provvedimenti di demolizione che, secondo i dati di Legambiente, sono migliaia nella sola Regione Campania e riguardano ecomostri, fabbricati pericolanti, scheletri di cemento armato, immobili della criminalità organizzata, costruzioni realizzate sulle spiagge o in violazione del limite di distanza dalla costa e finanche case di necessità abitate da persone prive di ogni altra possibilità di alloggio.
Per l’autore della proposta di legge, proprio le case di necessità, che, di recente, la Corte Europea ha anche ritenuto meritevoli di tutela, rappresentano l’ultimo dei problemi e vanno perciò collocate all’ultimo posto della graduatoria delle priorità.
Ciò vale ad evitare situazioni paradossali come quelle verificatesi sull’isola d’Ischia, in cui, tra le poche costruzioni abbattute, figurano soprattutto le case abitate, con caratteristiche dimensionali addirittura inferiori a quelle della edilizia economico-popolare.
Va, inoltre, ricordato che il quotidiano Il Mattino ha segnalato di recente che la demolizione di tutte le costruzioni abusive realizzate a Napoli e Provincia equivale alla demolizione di una città grande come Padova, aggiungendo che, per radere al suolo questo immenso patrimonio edilizio, occorrono almeno due secoli ed un enorme fiume di denaro, senza considerare i problemi, sui quali si è soffermato anche il Governatore della Campania Vincenzo De Luca, legati alla carenza, nella intera regione, di un numero sufficiente di discariche dove poter smaltire i residui della attività demolitoria che, come è noto, costituiscono rifiuti speciali.
Questo è anche uno dei motivi per i quali il Genio Militare difficilmente viene utilizzato in queste procedure.
Di particolare interesse sono i pareri acquisiti dalla Commissione Giustizia? Che idea si è fatto?
Ogni parere ha una sua giustificazione ed è superfluo rilevare che, per soffermarsi su ciascuno di essi, frutto di complesse elaborazioni interpretative, non basterebbe l’esiguo spazio a disposizione.
Mi limito soltanto ad osservare che di sicuro l’Assemblea provvederà a sciogliere il nodo dell’ordine delle priorità e a stabilire, in concreto, se lo stesso debba o meno intendersi come “decrescente” nella scala di graduazione frutto dell’emendamento approvato in Commissione Giustizia.
Ove dovesse passare la prima opzione, nel senso di dover attribuire priorità agli abusi ricadenti in zona vincolata rispetto a quelli pericolanti, la cosa, comunque, non susciterebbe, a mio avviso, particolari motivi di preoccupazione, giacché, all’interno di tale tipologia, dovrebbero, pur sempre, essere selezionati prioritariamente quelli di rilevante impatto ambientale (e ve ne sono tanti) e prima ancora quelli allo stato rustico (che, nella nostra Regione, sono una infinità).
Occorre, poi, considerare che, secondo il parere della Prima Commissione, attribuire priorità agli abusi di “rilevante impatto ambientale” rispetto a quelli pericolanti rappresenterebbe, in ogni caso, una scelta non rispondente ai principi costituzionali di logica e ragionevolezza.
Come dire, invertendo l’ordine dei fattori: è più logico e ragionevole abbattere prima le strutture pericolanti e poi gli scempi (dovendosi prima salvaguardare la vita umana e solo dopo il panorama).
Personalmente sono convinto che questa proposta, se diverrà legge come è probabile, solleverà anche le Procure da una serie di problemi, in quanto la loro azione risulterà finalmente regolata da criteri più o meno certi e predeterminati.
Sono convinto che non verrà recepito dall’Assemblea il parere condizionato espresso dalla Commissione Cultura che ha proposto di eliminare dal testo definitivo “il riferimento alla priorità dei criteri, in quanto in nessun caso la normativa in via di introduzione può costituire motivo di pretese di terzi rispetto all’ordine temporale delle demolizioni”.
Infatti, secondo la Commissione Cultura, “l’elencazione dei criteri dovrebbe essere meramente indicativa e a fini interni all’ufficio requirente affinché essa non possa essere interpretata come fonte attributiva del diritto dei proprietari di immobili inseriti in una tipologia a pretendere l’ esaurimento delle demolizioni di altre categorie”.
Se così fosse, si finirebbe paradossalmente per frustrare proprio lo spirito della legge, volta, di contro, a garantire regole certe e costituzionalmente orientate anche nella attività di esecuzione penale in materia di abusi edilizi, che non può essere frutto di discrezionalità anche se a decidere è un Procuratore della Repubblica.