sabato, Gennaio 18, 2025

DDL Falanga, oggi l’arrivo alla Camera!

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Se ne parla da tempo. Molti l’aspettano come un toccasana. Altri, invece, non ne hanno ancora capito la portata, ma il DDl Falanga, quello che stabilisce una gradualità delle demolizioni, è meglio di un condono. Una legge che è arrivata al suo secondo step: l’approvazione della camera dei Depurati. La discussione è prevista oggi pomeriggio dalle 16.00. Il voto venerdì prossimo. Dopo l’approvazione del senato, il testo ha subito le “correzioni” delle commissioni parlamentari e, prima di tornare all’altra camera dovrà essere approvato. Un testo trasformato profondamente e che, presto, sarà oggetto di altre polemiche. Nell’edizione di domani torneremo sugli effetti, devastanti della modifica dell’articolo 41 del TUEL che introduce una vera e propria rivoluzione: dà potere “sostitutivo” al prefetto e consente ai comuni di chiedere l’intervento dell’esercito per le demolizioni. Ma questo lo vedremo domani. Ora ecco il dossier realizzato dal servizio studi della Camera dei Deputati.

L’A.C. 1994, approvato dal Senato il 22 gennaio 2014 e concernente un intervento sul Testo Unico in materia di edilizia (DPR 380 del 2001) con l’intento di razionalizzare le procedure di demolizione
conseguenti ad illeciti edilizi, è stato ampiamente modificato nel corso dell’esame in Commissione Giustizia.

La proposta di legge conferma, per la fase dell’eseczione delle demolizioni, l’attuale sistema a doppio binario, che vede la competenza: dell’autorità giudiziaria, in presenza della condanna definitiva del giudice penale per i reati di abusivismo edilizio, ove la demolizione non sia stata ancora eseguita; delle autorità amministrative (Comuni, Regioni e Prefetture), che procedono con le forme del procedimento amministrativo.

Criteri di priorità delle Procure della Repubblica
Quanto al primo profilo, relativo alla competenza dell’autorità giudiziaria, il testo all’esame dell’Assemblea modifica, all’articolo 1, il d.lgs. n. 106 del 2006, relativo alla riorganizzazione degli uffici del pubblico ministero, per attribuire al procuratore della Repubblica il compito di determinare i criteri di priorità per l’esecuzione:
degli ordini di demolizione delle opere abusive, in presenza della condanna definitiva del giudice penale per i reati di abusivismo edilizio (art. 31, comma 9, DPR n. 380 del 2001) quando la demolizione non è stata ancora eseguita; degli ordini di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in presenza di condanna definitiva del giudice penale per l’esecuzione di opere su beni paesaggistici in assenza o in difformità all’autorizzazione (art. 181, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, c.d. Codice del paesaggio).
L’individuazione di alcuni criteri di priorità costituisce una prassi operativa già in uso presso alcune Procure della Repubblica.
Nella determinazione dei criteri di priorità, il PM dovrà dare adeguata considerazione (art. 1, comma 6, lett. d), del d.lgs. 106/2006):
1. agli immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o su area soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico, sismico, idrogeologico, archeologico o storico artistico;
2. agli immobili che per qualunque motivo rappresentano un pericolo per la pubblica o privata incolumità, nell’ambito del necessario coordinamento con le autorità amministrative preposte;
3. agli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per reati di associazione mafiosa (o commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p.) o di soggetti colpiti da misure prevenzione.
Nell’ambito di ciascuna delle tipologie di immobili, determinate con provvedimento del procuratore della Repubblica, tenendo conto dei criteri di cui alla lettera d) e delle specificità del territorio di competenza, la priorità dovrà essere attribuita – di regola – agli immobili in corso di costruzione o comunque non ancora ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado e agli immobili non stabilmente abitati (art. 1, nuovo comma 6-bis), del d.lgs. 106/2006).

Art. 41 TU edilizia
L’articolo 2, introdotto dalla Commissione Giustizia, interviene invece sulle procedure di demolizione attivate dalle autorità amministrative, sostituendo l’art. 41 del DPR n. 380 del 2001 (TU edilizia). La norma conferma che annualmente, entro dicembre, il responsabile dell’ufficio comunale deve trasmettere al prefetto, ma anche alle altre amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela, l’elenco delle opere non sanabili. Nel precisare che deve trattarsi delle opere per le quali il responsabile dell’abuso non ha provveduto alla demolizione e al ripristino, la norma aggiunge che deve essere anche scaduto il termine di 270 giorni entro il quale il comune è tenuto a concludere la demolizione. Il nuovo art. 41 conferma poi la normativa vigente per quanto riguarda gli adempimenti prefettizi e le modalità della demolizione; la norma estende, peraltro, la possibilità prevista per il prefetto di avvalersi di imprese private o di strutture operative del Ministero della difesa per eseguire la demolizione, anche ai casi in cui sia il comune a procedere alla demolizione

Fondo di rotazione
L’articolo 3, anch’esso introdotto nel corso dell’esame in sede referente, istituisce presso il Ministero delle infrastrutture un fondo di rotazione, dotato di 50 milioni di euro, per integrare le risorse necessarie per le opere di demolizione dei comuni. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con i Ministri dell’ambiente e dei beni culturali, previo parere della Conferenza unificata, sono definite le modalità di erogazione dei finanziamenti. L’erogazione delle risorse finanziarie dovrà essere garantita da una convenzione che preveda la restituzione delle somme entro 10 anni.

Banca dati
L’articolo 4, infine, costituisce presso il Ministero delle infrastrutture la Banca dati
nazionale sull’abusivismo edilizio, di cui si avvalgono gli uffici distrettuali competenti e le amministrazioni comunali e regionali (oneri calcolati in 10 milioni di euro per il 2016). Tutte le autorità e gli uffici competenti dovranno condividere e trasmettere le informazioni sugli
illeciti alla banca dati. Il tardivo inserimento dei dati nella banca dati comporta una sanzione pecuniaria pari a euro 1.000 per il dirigente o funzionario inadempiente. La gestione della banca dati è attribuita all’Agenzia per l’Italia digitale, che dovrà garantire l’interoperabilità dei soggetti coinvolti e la gestione dei rilievi satellitari.

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