Una storia di malgoverno che potrebbe essere vicina alla svolta. Giosi aveva chiesto il commissariamento
Pasquale Raicaldo | Sette milioni di euro, maledetti e subito, per dotare Ischia del suo primo depuratore. Messa alle strette, e complice l’approssimarsi di una nuova stagione elettorale (con le regionali all’orizzonti), la Regione risponde al Ministero dell’Ambiente, sollecitato dal Comune di Ischia, con una nota che potrebbe segnare l’agognata svolta nell’infinita vicenda di un’opera ancora incompiuta. E chissà che non sia la volta buona, come ha lasciato intendere ieri mattina Domenico De Siano, coordinatore regionale di Forza Italia, e come auspicano in via Iasolino, dove quest’ultima fase – che poteva portare al commissariamento dell’opera – è stata seguita con particolare attenzione anche da Isidoro Di Meglio, che aveva la delega per l’opera.
Vista la storia recente del depuratore sulla collina di San Pietro, che servirà i comuni di Ischia e Barano, resta obbligatorio restare coi piedi per terra, benché l’interessamento del Ministero suona come una qualche garanzia, soprattutto in una fase del Paese dominata dagli effetti legati al cosiddetto “Sblocca Italia”, ispirato alla volontà di liberare il territorio dai legacci della burocrazia e del mal governo.
«La giunta regionale – scrive il funzionario regionale Michele Palmieri nella missiva indirizzata al Ministero e al Comune di Ischia – con atto deliberativo n. 559 del 15/10/2014 ha stabilito il riparto delle risorse che per quanto concerne l’obiettivo acque è pari ad euro 146.494.357,52 euro, di cui 7.782.000,00 per l’atto sopra citato. Tanto premesso a conclusione di tutti gli atti amministrativi consequenziali saranno disponibili le risorse necessarie per i lavori dell’impianto di depurazione». Insomma, i soldi arrivano. O arriverebbero, se preferite.
Del resto, questa aveva tutta l’aria d’essere l’ultima spiaggia, espressione peraltro vagamente beffarda visto che di balneazione e di futuro dell’isola si parla, soprattutto. E non v’è dubbio che passino, l’una e l’altro, attraverso la creazione degli impianti di depurazione. Eppure, come il teatrale Godot, il depuratore sulla collina di San Pietro sembra non arrivare mai. Lavori fermi dal 2011 e la percezione, diffusa, che il completamento dell’opera sia un’utopia. E’ per questo che qualche settimana fa il Comune di Ischia, attraverso una nota del sindaco Giosi Ferrandino, si era appellato a Matteo Renzi provando a cogliere una “chance” tra le pieghe del decreto “Sblocca Italia”, nato per dare un nuovo impulso alle opere nel Bel Paese impantanato nella burocrazia, è altrettanto vero che la partita è ancora da giocare.
E Ischia aveva alzato i toni, chiedendo, in merito ai «lavori di realizzazione dell’impianto di depurazione al servizio delle fognature dei comuni di Ischia e Barano d’Ischia un intervento sostitutivo della Regione Campania (tramite Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo – in sigla ARCADIS) ai sensi dell’art. 6 del decreto». Un commissariamento, insomma.
Regione e Arcadis – denunciavano da via Iasolino – non sono in grado di completare un’opera ritenuta essenziale per il territorio dell’isola: così Giosi aveva indirizzato al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, una missiva dai toni forti e perentori. In cui, finita l’era delle mediazioni, si chiedeva essenzialmente una rivoluzione nella gestione dell’opera, i cui lavori di realizzazione erano stati appaltati nel 2004 dal Commissario di Governo per l’emergenza Rifiuti Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania.
La missiva del sindaco attraversava le mille contraddizioni dei lavori infiniti, interrotti nel 2011 com’è noto «a causa del rinvenimento, nell’area interessata dagli stessi, di reperti archeologici».
Ma il paradosso sul quale aveva puntato molto il sindaco di Ischia, nella redazione della nota destinata ai Ministri, è che i lavori « sono attualmente completati al 60%: su circa € 16.000.000,00 restano da eseguirsi ancora circa € 6.000.000,00 di lavori». Di più: è stata concordata con la competente Soprintendenza ai Beni Archeologici la soluzione progettuale atta a consentire tanto la tutela dei reperti archeologici rinvenuti quanto il completamento dell’opera. Insomma, in buona sostanza il peggio sarebbe largamente alle spalle in quanto «non sussistono impedimenti tecnici al completamento dell’opera». E allora? Allora «nel 2011 i lavori si sono fermati a seguito della sopravvenuta carenza di copertura finanziaria a causa della quale l’impresa appaltatrice ha iniziato un giudizio civile nei confronti dell’Ente appaltante». La titolarità dell’appalto è stata trasferita dal Commissario di Governo alla Regione Campania attraverso l’Arcadis. Che, dopo lunghe trattative, come abbiamo già raccontato ai nostri lettori ha sottoscritto, lo scorso 5 febbraio 2014, «un accordo transattivo per la definizione bonaria del contenzioso civile in corso mercè il quale l’impresa, a fronte del riconoscimento di un importo a tacitazione delle richieste formulate in giudizio, si è impegnata a riprendere ed ultimare i lavori». Poteva essere il lieto fine, si è rivelato invece l’ennesima velleitaria illusione. A spiegare il perché è lo stesso Ferrandino: «L’accordo transattivo stipulato era condizionato al reperimento, entro il 5 agosto 2014 da parte della Regione Campania delle risorse finanziarie necessarie al pagamento degli importi riconosciuti all’appaltatore ed al completamento dell’opera. Ad onta di numerose rassicurazioni, ad oggi la Regione Campania non ha assicurato tali risorse finanziarie».
Ad onta di numerose rassicurazioni, scrive Giosi. Il riferimento è chiaramente alle promesse pre-elettorali del governatore Stefano Caldoro, che a maggio promise novità imminenti nella passerella del Calise e che solo con la nota di questi giorni vi farebbe finalmente seguito.
Ancora: «il rapido completamento dell’impianto in oggetto è fondamentale per una serie di motivi», spiegava il sindaco. Motivi che trovano corposo spazio nella missiva indirizzata ai Ministri.
Intanto, per «porre rimedio alle carenze del sistema depurativo campano – nell’ambito del quale l’impianto in oggetto riveste notevole importanza essendo il primo depuratore dell’Isola d’Ischia ed uno dei depuratori di media grandezza della Regione Campania – che costituiscono una delle cause della procedura di infrazione promossa a carico dell’Italia dalla Corte di Giustizia Europea».
E poi in virtù della «tutela sia dell’interesse ambientale dell’Isola d’Ischia», perché «è il primo impianto di depurazione dell’isola e terraneo», e «della vocazione turistica di Ischia, famosa in tutto il mondo non solo per la propria bellezza naturale ma anche per l’utilizzo di acque termali».
Ma c’è di più. Perché Giosi invocava il commissariamento di Regione e Arcadis al fine di «arrestare il danno erariale che con ogni giorno di ritardo si produce, ciò a causa di eventuali danni che l’impresa possa accampare nei confronti della stazione appaltante».
Del resto, «a causa dei costi delle lavorazioni che col passare del tempo diventano sempre più onerosi, con inevitabili ricadute sui fondi pubblici con i quali si sta inutilmente da anni cercando di realizzare il depuratore d’Ischia». E come se non bastasse «causa del depauperamento dell’infrastruttura finora realizzata, che, se non messa in esercizio al più presto, richiederà ulteriori interventi con inevitabili costi sempre a carico dei fondi pubblici». Il responsabile del cantiere, l’ingegnere La Marca, aveva sottolineato al “Dispari” anche il rischio che una tecnologia progettata ormai più di dieci anni fa andasse incontro, con nuovi rinvii, all’impossibilità del suo completamento da parte di nuove imprese, in caso di una nuova assegnazione, qualora l’Ati Sled rinunciasse del tutto – come non parrebbe del resto impensabile – a riprendere in mano il cantiere.
«Per le motivazioni innanzi esposte – proseguiva Giosi – tenuto conto della perdurante inadempienza della Regione Campania nell’assicurare le risorse finanziarie necessarie al rapido completamento dell’opera, e tenuto conto che la medesima Regione Campania non ha mostrato alcun interesse finora alla risoluzione del problema, nonostante gli innumerevoli solleciti avanzati dalla scrivente Amministrazione Comunale (alcuni dei quali anche inviati alla Procura della Repubblica ed alla Procura della Corte dei Conti), si chiede alle Amministrazioni Statali in indirizzo di voler procedere alla nomina di un Commissario Straordinario ai sensi dell’art.6 del Decreto “Sblocca Italia” onde assicurare il rapido completamento dell’opera medesima».
Una missiva, questa, inviata qualche settimana fa e alla quale avevano già fatto seguito le prime mosse del Ministero, che ha approfondito la lunga storia del depuratore mancato, le contraddizioni in essa insite e considerato l’eventualità di accontentare il sindaco di Ischia (e di rimando quello di Barano) sottraendo all’Arcadis l’onere del completamento di un’opera che ha già dimostrato di non riuscire a portare a termine e affidando il progetto a un commissario esterno, ancora da individuare.
Ma proprio a ridosso del proverbiale “gong”, potrebbe essere arrivata la risposta definitiva della Campania e dell’Arcadis, con quei 7.782.000 euro che consentirebbero una ripresa dei lavori e del cantiere abbandonato: la Sled è del resto pronta dallo scorso agosto e prometteva tempi di realizzazione interessanti.
Quella nota da Palazzo Santa Lucia, ora, potrebbe essere l’auspicata svolta di questa storia infinita che rischia di pesare come un fardello sulla sostenibilità ambientale del futuro dell’isola d’Ischia.