Dopo le batoste subite ad opera del Giudice di Pace Arturo Uccello per il caso autovelox approvati ma non omologati, e l’annullamento delle contravvenzioni elevate, il Comune d’Ischia incassa una buona notizia sotto l’albero di Natale. Gli appelli presentati da due automobiliste che contestavano la compensazione delle spese sono stati infatti rigettati dal giudice della Sezione distaccata di Ischia dr.ssa Antonia Schiattarella, con due sentenze emesse il 20 dicembre, sia pure con due diverse motivazioni. L’ipotesi di danno erariale si allontana, essendo fallito il tentativo delle controparti difese dall’avv. Vito Mazzella di addebitare tutti i costi all’Ente, rappresentato dall’avv. Giovan Giuseppe Sasso e costituitosi con il comandante della Polizia Locale Chiara Romano.
Nel primo caso era stato impugnato innanzi al Giudice di Pace un verbale di accertamento a mezzo di autovelox elevato a febbraio 2023. L’opposizione sosteneva la illegittimità del verbale «per carenza di omologazione del sistema di rilevazione della velocità e per plurimi profili di illegittimità». Il Giudice di Pace accoglieva un solo motivo rispetto agli ulteriori prospettati, ritenuti infondati, e di conseguenza annullava il verbale ma appunto compensava le spese di lite. Solo questa parte della sentenza è oggetto dell’appello, rigettato in quanto ritenuto infondato.
Innanzitutto il giudice Schiattarella rileva che «nonostante l’atto introduttivo del presente gravame sia stato erroneamente introdotto con citazione, lo stesso è stato tempestivamente iscritto a ruolo il 05.04.2024, ossia entro il termine lungo di sei mesi, a fronte della sentenza pubblicata in data 11/12/2023; pertanto, l’appello è ammissibile».
RAGIONI GRAVI ED ECCEZIONALI
E’ sul merito della controversia che la decisione è stata negativa per l’appellante, che censurava la sentenza emessa dal Giudice di pace «nella parte in cui ha compensato interamente fra le parti le spese processuali, nonostante l’accoglimento dell’opposizione proposta e ciò in violazione del principio della soccombenza sancito dall’articolo 91 c.p.c., nonché della norma dettata dall’articolo 92, II comma, c.p.c. in tema di compensazione delle spese del giudizio».
E’ proprio il secondo articolo citato che ha “salvato” il Comune d’Ischia. In proposito il giudice evidenzia: «In tale prospettiva, assume rilievo anche l’articolo 92, II comma, c.p.c. nella formulazione applicabile ratione temporis al presente giudizio -ossia l. 10 novembre 2014, n. 162 – applicabile al caso di specie, trattandosi di giudizio di primo grado incardinato nell’anno 2023. Tale norma stabilisce che se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese fra le parti parzialmente o per intero».
Già la norma precedente stabiliva che «non è sufficiente che il giudicante fornisca una qualsiasi motivazione, ma è necessario che esponga argomentazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la statuizione di compensazione adottata in concreto». La compensazione delle spese viene giustificata da gravi ed eccezionali ragioni, che una sentenza del 2018 della Corte Costituzionale ha ampliato, dichiarando «l’illegittimità costituzionale dell’articolo 92, II comma c.p.c., nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese fra le parti non soltanto qualora vi sia un’ipotesi di novità assoluta della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti ma, anche, in presenza di altre gravi ed eccezionali ragioni».
Ne consegue che, «in deroga al principio della soccombenza, il giudice può disporre la compensazione, totale o parziale, delle spese processuali – qualora non ricorra l’ipotesi di soccombenza reciproca – soltanto in presenza di uno dei seguenti presupposti alternativi, ovvero, in caso di novità assoluta della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti oppure altre gravi ed eccezionali ragioni, e soltanto a condizione che illustri in motivazione il percorso logico seguito e indichi le ragioni specifiche che integrano il suddetto presupposto». I giusti motivi per la compensazione non possono essere costituiti dal riferimento alla natura o al modesto valore della controversia».
PECULIARITA’ E CONTROVERTIBILITA’
Sulla questione è intervenuta anche la Cassazione, rilevando che la Consulta ha precisato «che le ipotesi illegittimamente non considerate dal legislatore devono rivestire il carattere di gravità ed eccezionalità al pari di quelle tipizzate, ossia l’assoluta novità della questione trattata ed il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, che “hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale… Nel caso di specie la sentenza additiva della Corte Costituzionale ha sottolineato la funzione parametrica ed il carattere paradigmatico delle fattispecie tipizzate, esplicative della causa generale, alle quali, all’evidenza, non possono essere equiparate “la peculiarità e la controvertibilità della questione”».
La dr.ssa Schiattarella richiama che nel caso in esame «il giudice di primo grado per compensare le spese di lite ha fatto riferimento all’obiettiva controvertibilità della materia oltre che al rigetto degli ulteriori motivi di opposizione ritenuti infondati». Ma in proposito cita altra sentenza della Cassazione che ha consentito la conferma: «In tema di oneri derivanti dall’opposizione a sanzione per infrazione al codice della strada e quindi di riparto delle spese giurisdizionali, il magistrato di secondo grado può e deve pronunciarsi sulla possibilità di rinvenire, nella sentenza di primo grado, quelle ragioni di peculiarità non esplicitate dal precedente giudice e può esplicitarle in sede di impugnazione. E’, così, legittima la sentenza con cui, accertata la logicità e la congruità della relativa motivazione anche ad integrazione dei motivi desumibili dalla sentenza di primo grado, venga confermata la precedente pronuncia di compensazione sulle spese e posta invece la soccombenza per il giudizio d’appello».
ASSOLUTA NOVITA’ DELLA QUESTIONE
E si arriva alla questione dirimente, sollevata dal Comune d’Ischia a propria difesa, ovvero la novità di quella sentenza della Cassazione che bocciava gli autovelox non omologati e che ha “messo nei guai” più di un’Amministrazione: «Ritiene questo giudicante che sussista nel caso di specie un fondato motivo di compensazione delle spese di lite, che non è da ricondurre alla controvertibilità della materia ma più correttamente, come anche afferma la parte oggi appellata, alla assoluta novità della questione. Con ciò si vuol dire che la questione della parificazione dell’omologazione all’approvazione dei sistemi di rilevamento della velocità era assolutamente nuova nel panorama giurisprudenziale all’epoca della pronuncia del giudice di pace».
Infatti «Come afferma parte oggi appellata, la stessa Corte di Cassazione, chiamata per la prima volta ad esprimersi sulla differenza tra omologazione ed approvazione dei sistemi di rilevamento di velocità ha sì affermato che gli stessi non sono parificabili ma in tema di spese ha così statuito “In virtù della novità della questione, obiettivamente controvertibile (anche per quanto emergente dalla non univoca giurisprudenza di merito formatasi al riguardo, per come dà atto anche la sentenza qui impugnata) e di rilevante impatto pratico nella materia generale della circolazione stradale, si ritiene che sussistano le condizioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio”». Una pronuncia che in parte “giustifica” l’errore in cui era incorso il Comune. Quindi il Giudice di Pace di Ischia, «sia pur con motivazione erronea, ha giustamente compensato le spese di lite».
L’appellante dovrà accollarsi ulteriori costi, essendo state compensate le spese anche in secondo grado «considerata la circostanza che è stata necessaria una integrazione della motivazione della sentenza del giudice di primo grado». In più dovrà versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
GRAVE “DIMENTICANZA”
Diversa la questione per il secondo appello, giudicato inammissibile per una “dimenticanza”. Anche in questo caso il verbale impugnato originariamente risaliva a febbraio 2023. Anche qui il giudice Schiattarella osserva «che seppur il presente gravame sia stato erroneamente introdotto con citazione, l’appello potrebbe astrattamente considerarsi tempestivo laddove fosse stato rispettato il termine lungo di sei mesi, ex art. 327 c.p.c., avendo quale termine di riferimento la data di pubblicazione della sentenza impugnata». Ma, a differenza del caso precedente, manca un elemento essenziale: «Tuttavia, nel presente giudizio non è stata depositata la sentenza impugnata, ciò che quindi non permette l’esatta determinazione del dies a quo e quindi, la verifica della tempestività dell’appello».
In proposito si richiama ancora una pronuncia della Cassazione che esclude «la sanzione dell’improcedibilità dell’appello per il caso in cui il fascicolo di parte dell’appellante, ritualmente depositato all’atto della costituzione, non sia stato restituito, dopo il suo ritiro, allo scadere del termine per lo scambio delle comparse conclusionali, nonostante uno dei documenti che indefettibilmente il fascicolo di parte deve contenere sia la sentenza impugnata: invero, se nulla impedisce al giudice del gravame di disporre di elementi di giudizio sufficienti ad esprimere la propria decisione (ad esempio perché copia della sentenza è rinvenibile nel fascicolo della parte appellata o in altri atti del processo), egli è tenuto a pronunciare nel merito del gravame, indipendentemente dalla mancanza del formale adempimento richiesto in proposito alla parte appellante, e, di riflesso, se di quegli elementi di giudizio in concreto il giudice d’appello sia privo, non una pronuncia di improcedibilità dovrà emettere, bensì di rigetto del gravame nel merito per non avere l’appellante assolto l’onere della prova in ordine ad un indispensabile presupposto della decisione da lui richiesta».
In questo caso si tratta di una lacuna dirimente e se ne spiega il motivo: «Nel presente giudizio non si rinviene alcuna copia della sentenza impugnata, anche se il contenuto della stessa è in parte ricostruibile dalle allegazioni delle parti costituite, in particolare della parte appellata. Quello che va sottolineato tuttavia è che la mancanza della copia della sentenza impugnata non consente di verificare in che data la stessa sia stata pubblicata e se pertanto il presente appello sia tempestivo». Di qui l’inammissibilità dell’appello e la condanna per l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore del Comune d’Ischia, oltre sempre all’ulteriore contributo unificato. Una vittoria ancor più significativa. Enzo Ferrandino può sorridere.