Gaetano Di Meglio | Dopo aver festeggiato i 75 anni di sacerdozio in una messa importante, abbiamo incontrato don Camillo D’Ambra dopo la messa di ieri mattina. Una messa normale, quella che gli piace di più. Quella dove non ci sono riflettori accesi sugli uomini ma solo un Monsignore (che diventa sempre più minuto) che si staglia come un gigante tra quelli che hanno avuto fede cattolica sulla nostra isola. Don Camillo D’Ambra è nato ad Ischia Ponte il 4 novembre 1925 ed è stato ordinato sacerdote, come tutti sappiamo, 75 anni fa, il 18 luglio del 1948.
Lo abbiamo incontrato in sacrestia, alla Cattedrale, mentre Don Agostino Iovene respirava aria di casa e Don Giuseppe Nicolella, gestiva le ultime urgenze dopo la festa.
Dall’attualità a piccoli flash back nella sua storia personale, don Camillo ci ha spiegato alcuni dettagli che ci aiutano a comprendere, meglio, l’attualità: «Papa Francesco vuole unire le diocesi. Lui viene dall’Argentina, dove le diocesi sono immense. La nomina del vescovo di Pozzuoli e Ischia secondo me è un primo passo per l’unità che il Papa attuale ha già deciso in base all’esperienza in Argentina. Nella storia, però, già c’è stata una riduzione abbastanza forte, direi fortissima, con diversi concordati tra la Santa Sede e i governanti italiani. All’epoca dei Borbone, nel 1818, venne stipulato un concordato. C’era stato un lungo dissidio tra queste due sedi, il Papa di allora e il Regno di Napoli. La nostra diocesi rimase vacante per molto tempo perché buona parte delle diocesi del Regno delle Due Sicilie erano di diretto patronato del re, come l’isola d’Ischia. E anche su questa Cattedrale c’era il patronato del Re. Infatti, noi lo abbiamo ereditato. Qui c’è un regio decreto. Il diritto di patronato consisteva nel fatto che il re sceglieva lui il vescovo e il Papa era più costretto nominare questa per questa persona.
Il dissidio derivava dal fatto che il re nominava un vescovo e il popolo non lo voleva. La conferma doveva arrivare del Papa che era colui che doveva poi investirlo della dignità di vescovo di un determinato popolo?
Il popolo andava difeso, ma il re, aveva trovato il mezzo per poter governare anche sulla chiesa. Questi dissidi portarono alla nascita di diverse sedi vacante tra cui anche quella di Ischia.
Quando la nostra Diocesi restò vacante, il governo borbonico inviò in qualità di supervisore il vescovo di Pozzuoli, monsignor Carlo Maria Rosini, che ha lasciato un grande segno. Ricordiamo che la diocesi di Ischia restò senza titolare per 18 anni e corse il rischio di essere inglobata in un’altra diocesi. In questi 18 anni di sede vacante e di unione con Pozzuoli come voluta dal vescovo Rosini, portarono allo scontro con il vicario della diocesi, che era don Giosuè Mazzella di Campagnano, che era stato eletto già altre volte dal Capitolo ed era responsabile della diocesi. Non gradendo di essere sottoposto al controllo da parte di monsignor Rosini, si scontrarono diverse volte, si dice anche violentemente. Rosini non voleva nominare preti che non avessero studiato nel seminario di Pozzuoli e allora Don Mazzella trovata altri modi per fare ordinare i nuovi preti, sorpassando il Vescovo di Pozzuoli»
IL LEGAME TRA ISCHIA E POZZUOLI
Don Camillo si sofferma poi sui legami tra Pozzuoli e Ischia: «Adesso il Papa vuole che le piccole diocesi vengano inglobate in un nocciolo più grande. Di qui la nomina del vescovo di Pozzuoli e di Ischia. Inglobare completamente il territorio isolano nella diocesi di Pozzuoli è un primo passo del cambiamento. E in effetti tutto sta cambiando.
L’augurio è che il nuovo vescovo nominato per Pozzuoli e per Ischia possa prendere a cuore anche la nostra isola. Anche perché l’isola d’Ischia orograficamente fa parte della zona flegrea e ci sono sempre state relazioni strette, anche nel commercio.
Come all’epoca in cui era vescovo di Pozzuoli monsignor Petrone.
La speranza è che Monsignor Carlo Villano possa dare voce alla nostra popolazione e faccia del bene alla gente di Ischia. Non abbiamo bisogno di grandi intelligenze, abbiamo bisogno che si affezioni al nostro paese».
CARENZA DI VOCAZIONI
Non manca un passaggio assai critico sulla carenza di vocazioni: «La verità è che sull’isola non abbiamo più preti, nel senso che siamo tutti vecchi. Abbiamo bisogno di nuove leve, ma se non c’è il seme… Purtroppo questo distacco da Gesù Cristo è stato più severo negli ultimi tempi. Praticamente noi siamo da secoli cristiani, ma ora sono intervenute altre religioni che hanno incominciato a diffondere le loro idee e molti hanno abboccato a queste idee che sono state propagandate e divulgate da queste religioni non cristiane o siccome poi le altre religioni sono più forti del cristianesimo, le persone hanno abboccato. Hanno dimenticato il battesimo ricevuto, hanno tradito la loro fede, che gli era stata data dai genitori quando sono nati».
Don Camillo è una fonte di ricordi e aneddoti su personaggi del passato, quando ripercorre le sue esperienze: «Io sono stato parroco solo per un anno e mezzo di questa cattedrale, perché mi accorsi che non era cosa per me. Questa è la parrocchia dove sono nato, cioè la cattedrale dell’Assunta. Sono sempre stato qui, praticamente ho lasciato Ischia solo per il periodo che va dal liceo in seminario agli studi di teologia.
Con mons. Onofrio Buonocore sono stato dieci anni nella biblioteca di Sant’Antonio, veniva tutti i giorni e ricordo che c’era un grosso tavolo al centro della prima sala con un Vangelo aperto. Un giorno lo vidi triste. Gli dissi: “Monsignore non vi sentite bene…”. Poi arrivò un’altra persona che gli fece gli auguri di compleanno e allora lui disse: “Ho 40 anni di qua e 40 di là”. Al che io feci una battuta: “State in equilibrio”».
E conclude con un richiamo alla solidarietà e all’amore predicato da Gesù: «Agli ischitani cosa voglio augurare? Che siano meno litigiosi. Questo è il nostro difetto, che purtroppo siamo molto litigiosi, come lo siamo stati nel passato. Però in passato c’era molto più spirito di collaborazione. Ad esempio se una mamma non stava bene, non aveva latte, le altre donne aiutavano. Così è stato anche per mia madre e io mi sono salvato. Avevo una sorellina e un fratellino di latte, ma sono morti. Però questa collaborazione rispecchia il versetto del Vangelo che più mi piace, che è “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. E’ questa la parola di Gesù, è il versetto più bello del Vangelo ed è l’esortazione all’affetto scambievole che dobbiamo avere noi come fratelli e sorelle, perché sa spiegare questa bellissima forza che sta nel Vangelo. “Amatevi come io vi ho amato”, dice Gesù».