La storia dei grandi uomini, spesso, inizia con la parola semplicità. Ed è questo l’inizio della storia di paura trasformata in amore che ha scritto Don Stephan nella piccola comunità di Serrara Fontana. Un uomo semplice che ha riscattato, con l’amore e la semplicità, le comunità cattoliche dal loro recente e doloroso passato. Una storia che va oltre l’integrazione, che supera il confine dei ruoli e che diventa una storia di amicizia, di fratellanza, di unione e di condivisione. E oggi, mentre alle 13.30 Don Stephan prenderà il traghetto che lo riporterà nella sua terra d’origine, diventa, una storia di commiato e di saluto. Ma lui assicura: “Una volta l’anno, sicuramente tornerò”.
Nominato Parroco in Madagascar, Don Stephan lascia Ischia per un “cavillo” sapendo che quello che si è costruito alle pendici dell’Epomeo non si dimenticherà.
“Sono arrivato a Ischia – ci ha detto in una bella conversazione piena di risate – il 29 giugno 2023 con Don Gaetano. Ho trascorso quasi tre mesi, fino al 18 settembre, tra Casamicciola e Ischia Ponte. Il 19 settembre sono giunto per la prima volta a Serrara Fontana”.
Nel frattempo, però, sono successe tante cose e, in particolare, sei entrato nel cuore dei tuoi fedeli.
“Non lo so Gaetano, la questione è che ho capito fin dall’inizio che avevo paura di questa comunità. Perché? Sapevo che sarei stato da solo, anche se c’era un amministratore e un vicario, comunque sarei rimasto da solo. Il nostro amministratore è a Buonopane, il nostro vicario parrocchiale sta a Ischia. Avevo paura anche perché sono straniero e non parlo bene l’italiano perché, quando ero a Roma studiavo in inglese per economia e management, ma parlo francese. Ero davvero spaventato. Dopo 2 o 3 mesi mi sono sentito accolto. Le persone mi hanno accolto calorosamente qui a Serrara, Fontana, al Ciglio. In questo paese non so cosa abbia fatto, io ho soltanto vissuto come se fossi nel mio paese, come quando ero in Madagascar”.
Come se fosse come se fosse stato a casa.
“Ho avuto esperienze simili. Quando sono stato a casa, mi è capitato spesso di dimenticare di essere uno straniero e di dimenticare anche che sono nero. Questo accade perché mi sento a casa. È dovuto al fatto che ho percepito subito gli affetti e i sorrisi delle persone che incontro. “Ciao Don, come stai”, mi dicono talvolta per strada, e così con il tempo ho conosciuto 2 o 3 amici. Pian piano sono entrato nelle case della gente, prima una, poi due, poi tre, fino a non poter più contarle. Quante volte ho mangiato a Fontana? Dico sempre che sono come i gatti: dove c’è del cibo, ci sono anch’io. E loro ridono per questo”.
Come hai conosciuto Gesù?
“Devo confessare che ho vissuto in condizioni di povertà. Siamo cinque fratelli, io sono il maggiore e fin da bambino ho sempre aiutato mia madre, perché mio padre lavorava nella capitale come autista di camion. Noi vivevamo nel sud del Madagascar, e per dieci anni ho dato supporto a mia madre ogni mattina prima di andare a scuola. Ho iniziato a studiare tardi, all’età di 11 anni. Un tempo, mi lamentavo spesso della nostra povertà. Tuttavia, facevo parte di un movimento chiamato “Gioventù Vincenziana”, che ha una vocazione particolare per il servizio ai poveri. Una volta alla settimana, questo movimento ci portava da persone bisognose in diversi quartieri. Preparavamo pasti per loro e riparavamo le loro case, tra le altre attività. Fu durante queste esperienze che compresi che non eravamo gli unici a vivere in povertà; c’era chi stava peggio di noi. Quelle esperienze mi toccarono profondamente e mi fecero capire che volevo diventare un sacerdote per servire meglio la comunità. Sentivo il desiderio di fare più per loro attraverso il sacerdozio. In definitiva, incontrai Gesù nel servizio ai poveri, e fu lì che maturò il mio desiderio di diventare prete.”
Come sei arrivato in Italia?
“È stato inaspettato anche per me, poiché non avevo mai considerato l’idea di studiare fuori dal Madagascar. Sin da bambino, ho sempre studiato molto, senza mai fallire un esame. Anche se a casa non potevo dedicarmi allo studio o ai compiti, perché dovevo aiutare mia madre e lavorare essendo il maggiore dei miei fratelli. Tuttavia, una volta entrato in seminario, tutto è andato per il meglio. Sono diventato prete rapidamente e il vescovo mi ha nominato economo della diocesi. Sai, l’economo di una diocesi è il prete che gestisce tutte le risorse finanziarie e materiali della nostra Chiesa. Io, che vendevo abiti fino a 17 anni prima di andare a scuola, mi sono trovato a ricoprire questo ruolo. Dopo cinque anni, ho detto al mio vescovo che ero stanco e mi sentivo disorientato nella mia vocazione sacerdotale; gli ho chiesto di mandarmi in una parrocchia rurale o alla periferia, perché desideravo essere un prete tra la gente. Ma il vescovo mi ha risposto che dovevo studiare Economia dato il lavoro che svolgevo e mi ha mandato a proseguire i miei studi economici. Così sono arrivato in Italia”.
Tre anni ad Ischia e ora il ritorno da parroco in Madagascar.
“Sì, sono stato nominato parroco il 25 luglio scorso. Avendo saputo che non potevo rimanere a Ischia, il mio vescovo mi ha assegnato una grande parrocchia in Madagascar, la più vasta della diocesi. La parrocchia include 55 chiese e 123 km di strade sterrate. Sarò supportato da due vice parroci”.
L’altro giorno, invece, ti hanno conferito la Cittadinanza Onoraria del Comune di Serrara Fontana
“Cosa posso dirti? Nemmeno io lo so. Una sorpresa anche per me; il mio vescovo era molto felice di questa notizia inaspettata. Non avrei mai pensato a qualcosa del genere. La verità, Gaetano, è che sono felicissimo, e ho sempre detto a tutti in chiesa che ho sentito l’amore e la misericordia di Dio, nonostante le mie debolezze e la mia piccolezza. Quando ho ottenuto la cittadinanza onoraria, mi sono sentito valorizzato e apprezzato da questo popolo. Mi sento qualcuno, anche se di fatto sono ancora nessuno.”
Qual è il tuo versetto della Bibbia
“Poi Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» nel vangelo di Matteo al capitolo 16, versetto 25. Questo è il motto della mia vita, il segno nella mia esistenza, specialmente nei momenti difficili.