Giovanni Sasso | Mentre si continua ad analizzare il momento dell’Ischia, mentre sui social si disquisisce di problematiche di cui si era a conoscenza fin da settembre e che stanno semplicemente venendo a galla perché, come più volte scritto e riscritto, sono state fatte delle scelte ben precise che guarderebbero al “domani” e non sicuramente all’obiettivo immediato (se poi arriva, ben venga!), c’è chi a fari spenti sta creando un’alternativa a D’Abundo. Sul giornale di ieri ne abbiamo fatto un breve accenno perché di solito determinate notizie hanno bisogno di essere verificate per comprendere se esiste un fondamento. Usando un paragone gastronomico, anche se il pentolone con l’acqua è stato messo sul fornello ben prima della sosta natalizia, soltanto da pochi giorni è stato acceso il fuoco.
Una fiamma lenta, che potrebbe divampare nei prossimi giorni, come riferiscono persone che sarebbero direttamente coinvolte in questa operazione che avrebbe varie sfaccettature. Un gruppo di sportivi di vecchia data, sarebbe disposto a collaborare o affiancare (per mezzo di una breve delegazione) un imprenditore che ha interessi sull’isola oltre ad illustri trascorsi calcistici. Un personaggio tutt’altro che digiuno di “pallone”, anche se non si è mai occupato di calcio a livello dilettantistico.
I recenti contatti con questo imprenditore lascerebbero trasparire un moderato ottimismo. Di più non è dato sapersi anche perché ci risulta che l’attuale proprietà dell’Ischia non sia stata ancora compulsata. A far parte di questo nascente progetto sportivo, ci sarebbe anche una ben avviata società giovanile che fungerebbe da vivaio, dando un valido supporto. La persona interessata (o il ristretto novero che lo avrebbe coinvolto) non è ancora uscita allo scoperto perché suppone che il patron della Medmar non è disposto a cedere? Oppure perché, prima di avanzare una proposta concreta sulla scrivania di D’Abundo, vuole avere la certezza di offrire alla piazza un progetto in grado di garantire all’Ischia una degna prosecuzione dell’attività sportiva? Nella giornata di ieri, un collaboratore del club gialloblù (non un dirigente, sia chiaro), ha riferito ad un collaboratore di questo giornale che se D’Abundo fosse a conoscenza del nome dell’imprenditore interessato, il titolo sportivo glielo consegnerebbe a domicilio di persona.
Anche se si tratta di un sodalizio che milita in Eccellenza, l’Ischia da tre anni non è più un’associazione dilettantistica bensì una “società” a tutti gli effetti, una società a responsabilità limitata in chiave dilettantistica. Qualsivoglia interessato, una volta raggiunto un accodo, è chiamato a sancire il passaggio di consegne davanti ad un notaio. Nella storia del calcio isolano, la società presieduta da D’Abundo è la terza “di capitali”, a livello temporale, la seconda in ordine d’esercizio dopo quella fondata nel giugno 2011 che favorì la scalata della squadra gialloblù dalla D alla terza serie nazionale.
Sulla volontà di D’Abundo di cedere di fronte ad una offerta reale (senza perseguire consigli o indicazioni da parte di un pur noto tifoso che da queste colonne tre mesi fa lo invitò a cedere la società nelle mani del sindaco Ferrandino), ci sono due correnti di pensiero. La prima è che il patron della Medmar, pur facendo puntualmente mancare la propria presenza allo stadio, gestendo la società a distanza (a seguire la squadra ci sono il braccio destro Salvi Monti e il socio Umberto Buono), si è immedesimato nel ruolo e difficilmente mollerebbe il club gialloblù. La seconda è che lo stesso D’Abundo si sia “scocciato”, deluso per come la piazza ha reagito in seguito alla mancata promozione del giugno scorso, essendo convinto che il progetto è a lungo termine e che non si deroga. I tifosi da mesi hanno chiesto un confronto con la proprietà, anche attraverso inviti per iscritto sui giornali e sui social, ma non c’è mai stata risposta.
Un indizio del suo progressivo distacco? Naturalmente il silenzio del presidente, la sua ritrosia a non dialogare con l’ambiente, nemmeno utilizzando i canali ufficiali di cui la società dispone, rende la situazione poco chiara. Resta in piedi il progetto settennale, c’è il diktat (confermato domenica dal tecnico Iervolino) societario di utilizzare esclusivamente giocatori isolani ma è ormai chiaro che senza “deroghe” e alla luce del potenziale che c’è negli altri club isolani e relativi settori giovanili, procedere step by step si fa sempre più difficile. Considerato che i ripescaggi sono sempre più di competenza delle squadre aventi diritto, che la più volte annunciata riforma dei campionati è chiusa nel cassetto di Gravina, l’Ischia correrebbe il rischio di disputare lo stesso campionato per qualche altra stagione. Un’ipotesi che proprio nessuno vuole prendere in considerazione. Tenendo presente che “questa” Eccellenza non è nemmeno paragonabile a quella di quindici anni fa. Al che ci sarebbe bisogno di una “svolta”. D’Abundo sarebbe disposto a dare un’accelerata al progetto, pur sapendo molto bene che la stragrande maggioranza dei suoi dipendenti è poco contenta dell’attenzione che riserva alla principale realtà calcistica dell’isola?