Le elezioni per rinnovare il Parlamento europeo si terranno nei 27 Stati membri dell’Unione europea dal 6 al 9 giugno. I cittadini olandesi saranno i primi ad andare a votare (6 giugno), seguiti da quelli irlandesi (7 giugno) e via via poi dagli altri. In Italia si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno: il nostro Paese, insieme alla Repubblica Ceca, è l’unico dove si potrà andare alle urne due giorni invece che uno. In quattro Paesi è obbligatorio per legge andare a votare: in Belgio, Lussemburgo, Bulgaria e Grecia. E, guarda caso, storicamente il Belgio e il Lussemburgo sono i due Paesi dove l’affluenza è stata più alta: qui non è mai scesa sotto l’84 per cento ed è arrivata a picchi del 92 per cento. I giorni in cui si andrà a votare non sono l’unica differenza tra gli Stati europei nel sistema elettorale per le elezioni europee. In tutti i Paesi si voterà con una legge elettorale di tipo proporzionale e il mandato di tutti i parlamentari europei durerà cinque anni. Ma al netto delle cose in comune, ci sono vari aspetti che rendono uniche le elezioni in ciascuno stato membro.
Nel complesso, alle elezioni europee potranno votare circa 360 milioni di persone, di cui oltre 47 milioni in Italia.
Saranno eletti 720 parlamentari europei, che sono assegnati ai singoli Stati membri in base alla loro popolazione. Qui è adottato il principio della cosiddetta “proporzionalità decrescente”: gli Stati più popolosi ottengono più seggi in valori assoluti rispetto agli Stati meno popolosi, ma il rapporto tra il numero di abitanti e il numero di parlamentari europei eletti diminuisce con l’aumentare della popolazione. In concreto, gli Stati meno popolosi hanno un numero di seggi al Parlamento europeo per abitante più alto rispetto agli Stati più popolosi. I Paesi che eleggono più parlamentari europei sono Germania (96), Francia (81), Italia (76) e Spagna (61), mentre quelli che ne eleggono di meno sono Malta, Lussemburgo e Cipro, con sei parlamentari ciascuno. Questi tre Paesi sono comunque quelli con un rapporto più alto tra numero di parlamentari eletti e abitanti: Malta ha un parlamentare europeo ogni 90 mila abitanti, il Lussemburgo uno ogni 110 mila e Cipro uno ogni 153 mila. Per avere un ordine di confronto, la Germania ha un deputato ogni 879 mila abitanti, la Francia ogni 840 mila, la Spagna ogni 788 mila e l’Italia ogni 774 mila. In Italia un partito deve ottenere almeno il 4 per cento dei voti a livello nazionale per poter eleggere parlamentari europei. Questa percentuale è chiamata “soglia di sbarramento” ed è presente con lo stesso valore anche in Austria e in Svezia. In totale 14 Stati su 27 hanno una soglia di sbarramento con percentuali variabili: la soglia più alta, fissata al 5 per cento, è applicata in nove Paesi (Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria), mentre la soglia più bassa (1,8 per cento) è in vigore a Cipro.
In passato anche la Germania aveva una soglia di sbarramento, ma nel 2014 è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale tedesca. Da quest’anno la presenza di una soglia di sbarramento è stata raccomandata dal Consiglio dell’Unione europea per gli Stati che eleggono almeno 35 deputati, con un valore tra il 2 e il 5 per cento. Nei sistemi elettorali le soglie di sbarramento si usano per cercare di ridurre la frammentazione politica, in particolar modo nei Paesi che eleggono più parlamentari. La possibilità per gli elettori di indicare una o più preferenze su chi eleggere al Parlamento europeo è prevista in 19 Stati su 27, dunque nella maggioranza. Oltre all’Italia, le preferenze sono previste in Austria, Belgio, Paesi Bassi e Polonia. Le preferenze non sono previste invece in sei Stati membri, tra cui Francia, Spagna e Germania: qui la lista dei candidati è “chiusa” e non si viene eletti in base al numero delle preferenze prese. Malta e Irlanda adottano il sistema del cosiddetto “voto singolo trasferibile”: qui l’elettore non vota per un solo partito ma può sceglierne diversi, indicando un ordine di preferenza, dal più gradito al meno gradito. Sull’isola di Graziella le elezioni europee hanno sempre rappresentato un termometro in vista del voto dell’anno successivo che in genere era quello locale e regionale. Ad oggi tranne un candidato del M5S, una di FDI e una del PD nessun altro candidato ha deciso di far conoscere la sua idea di Europa alla cittadinanza isolana. Un fatto che comunque cavalca un senso di nausea che anche sull’isola sta cavalcando e che molto verosimilmente si tramuterà nel non voto.