Geometra di paese. Enrico Scotti amava definirsi così. Il suo ufficio a Via Edgardo Cortese, quelle scale strette e i suoi tavoli luminosi hanno dato vita a tante case ischitane e non solo. Per ricordare Enrico Scotti, che per anni è stato editorialista di questa testata, quando i tempi erano pioneristici ed eravamo molto più piccoli (ma dispari e contestati allo stesso modo!), abbiamo deciso di pubblicare il racconto che lui stesso fece in occasione della festa a sorpresa per gli 80 anni che abbiamo celebrato allo Stadio Mazzella il 17 aprile del 2023. E il modo migliore per ricordare Enrico Scotti è farlo con le sue stesse parole.
«Il 17 mi porta veramente fortuna! Da non crederci, sono in viaggio da ben 29.276… giorni! Giorni belli, vissuti intensamente, ricchi di contenuti e di grandi soddisfazioni. Soddisfazioni ed immense gioie, ma anche immancabili amarezze che sono pur sempre… il sale che condisce una esistenza. Una esistenza, la mia e per la quale con animo grato ringrazio: il Padre Eterno, i miei Genitori, mia moglie Paola, mia figlia Daniela e Giancarlo con Paola, Vittoria e Federica, i miei Parenti. gli Amici, quelli che non ci sono più ed i tantissimi che ancora mi sopportano, i miei Nemici, pochi e non meritevoli di sentimenti, mia zia Felicita per avermi convinto che il DNA degli Scotti non era compatibile con la politica o, meglio, con certa politica! Ringrazio l’Ischia Calcio e tutto il suo pianeta, la numerosa schiera dei miei affettuosi Clienti, tutti gli Addetti ai lavori che hanno popolato i miei 60 anni di vita professionale, e, ancora una volta, il Padre Eterno.
Per un parolaio come me, concentrare ottant’anni in queste 13 righe non è stato facile, però se uno poi riflette su quello che ho scritto, si rende conto che ogni rigo può andare avanti per oltre 10 anni. Non più tardi di 7 o 8 ore fa, a un amico che mi chiedeva il motivo per cui ieri non fossi venuto al campo per la festa dell’Ischia, ho spiegato innanzitutto che ieri ho voluto trascorrere una giornata con i miei. Secondo, perché ormai il più era fatto e chi mi conosce – e qua c’è qualcuno che mi conosce da tanti, tanti anni – io solo in un’occasione calcistica mi sono veramente commosso. È stato quando abbiamo vinto il campionato di serie C2 e qui c’è Del Prete che dovrebbe ricordarselo bene. Avevamo fatto l’anno prima il secondo posto dietro la Gioiese di Scoglio. Rivoluzionai, un poco, tutti quelli che erano i quadri, e mi affidai a Lillino Abbandonato, uno che dopo Enrico Buonocore è stato profeta in patria.
Con Lillino Abbandonato riuscimmo a vincere alla grande quel campionato di C2 e allora mi commossi veramente. Al traguardo degli ottant’anni, vi devo confessare due cose. La prima: nel 2016, proprio per stare al centro dell’attenzione, mi concessi un intervento alle coronarie con un recupero a Telese e mi vennero a trovare tre amici del calcio, Enzo Patalano, il direttore del Corriere del Pallone, Carmine Testa ed Ernesto Milano, che è stato un calciatore dell’Ischia di qualche anno fa. Inevitabilmente finimmo per parlare di calcio e allora dissi che mi avevano accusato nel corso degli anni di tante nefandezze, dicendo che rubavo i soldi, che io facevo la formazione, che ero quello che finiva per pressare gli allenatori per fare fuori qualcuno e metterne un altro, e chi più ne ha più ne metta. L’unica accusa che non mi hanno mai rivolto è quella di essere gay. Tuttavia io effettivamente ho delle responsabilità calcistiche. La verità è che io nel corso degli anni ho sempre alzato l’asticella e siamo riusciti a vivere al di sopra delle nostre reali possibilità, arrivando dove siamo arrivati adesso. Ho visto Pino, ho visto Enrico e tutti chiedono: manca Carlino. Credetemi, non dategli eccessive responsabilità, perché il mondo del calcio è una palude. È una palude dove è difficilissimo uscire. Allora ci siamo riusciti e spesso io mi interrogo su come ci siamo riusciti. Credetemi, in una realtà piccola come Ischia, arrivare al quinto posto in C1, riuscire a vincere un campionato di C2 dopo 12 mesi dalla retrocessione, consentitemi di dire, è uno dei grandi miracoli ischitani.
Ecco la seconda confessione: mi commossi quando vincemmo quel campionato, perché, come sempre, se fosse andato bene, tutti avremmo fatto bene, se fosse andato male, avrebbe sbagliato una persona, chi sta parlando. Ebbi una reazione nervosa e ricordo Mimmo Perrella che mi abbracciò. Quell’emozione – ve lo giuro – è la stessa di quando sono entrato qua e vi ho visto tutti e cercavo di focalizzare tutti quelli che c’erano. Mi avete fatto piangere.
Volete un’altra confessione? Dovete sapere che ho perso mio padre all’età di 65 anni. Ovviamente mi interrogavo e, ma io quando vivrò? Arrivato al 65°, poi arrivai al 66°, proseguii e arrivato dai 70 dico, mah vediamo, andiamo avanti. Arrivato al settantacinquesimo mi ero prefigurato un traguardo e lo volevo raggiungere: gli ottant’anni. Vi posso assicurare che fra ieri e oggi io non ho avvertito nessuna variazione. Non ho paura della morte, chi mi conosce lo sa, l’unica cosa che chiedo al Padreterno, se deve succedere è che sia subito, punto e basta».