venerdì, Dicembre 27, 2024

Espropriare: per una cultura pubblica dello sviluppo

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Giuseppe Mazzella* | PIAZZA CROCE. La più grande esperienza professionale che ho acquisito nella mia lunga vita è stata il “giornalismo di agenzia”. Non avevo ben chiaro cosa fosse nel 1970 a 20 anni – 53 anni fa – quando cominciai alla “Tribuna Sportiva dell’isola d’ Ischia”” con Mario Cioffi e Raffaele Castagna ed il coetaneo Gianni Vuoso. Poi l’incontro con Franco Conte nel 1972 e l’esperienza fondamentale per 4 anni ne “Il Giornale d’ Ischia” e quella sede- redazione in quella stanza di Piazza Croce dove salivano tutti – politici, amministratori, giornalisti di altre testate e si discuteva di tutto – per parlare e scrivere dell’isola d’ Ischia e dei suoi problemi. Anche dell’Italia, dell’Europa, del Mondo. Fu per me una “stanza” eccezionale.

VIA PARTENOPE
Frequentavo contemporaneamente la facoltà di economia e commercio a Napoli negli anni della contestazione giovanile. Le discussioni e le azioni sulla e per la Politica – con la maiuscola – erano all’ordine del giorno. Ma erano discussioni “contenutistiche” non filosofiche. Studiavamo l’economia politica, il diritto privato e quello pubblico, la ragioneria generale ed applicata, la politica economica e finanziaria, la storia economica, la contabilità di stato, la scienza delle finanze e la finanza degli enti locali. Insomma, una “Teoria Politica” tutta legata alla prassi. La contestazione giovanile alla facoltà di economia e commercio di Napoli negli anni ‘ 70 del ‘ 900 fu diversa dalle altre facoltà della sede centrale al Rettifilo o del Politecnico a Fuorigrotta. Nell’ ampio androne della facoltà in Via Partenope o nell’aula grande n. 1 dove si tenevano le “assemblee” le discussioni fra “colleghi” erano tutte suffragate dallo studio dell’economia politica, dal modello di sviluppo che bisogna dare all’ Italia per assicurare la piena occupazione.
Ero diviso a metà tra lo studio all’ università e la passione per il giornalismo e la politica e non ho mai saputo scegliere o forse mai abbandonata l’una per l’altro.

Provenendo da studi superiori in “ragioneria” – ma furono fondamentali insieme ad Antonio Pinto e Jo Scaglione i miei amici più affini perché dai nostri prof apprendevamo la vita anche facendo “filoni “- mi affascinavano i discorsi concreti di politica economia e finanziaria. Educato – fin dalla prima media, a soli undici anni, dalla professoressa Angela Maggi – al pensiero libero e laico pur nella contestazione giovanile con il libro di Hebert Marcuse dell’“uomo ad una dimensione”, autentico “libro rosso”, del Movimento Studentesco non me la sono mai sentita di abbandonare il liberalismo ed ho visto il socialismo solo nella democrazia politica come piena compiutezza del liberalismo da Smith e Keynes e stavo con Keynes non con Marx.
Questa formazione economicistica l’ho trascinata nel giornalismo. Ho scritto di cose locali e nazionali ma sempre con questa forma mentis di “uomo economico” dove l’economico era più rilevante del sociale e le istituzioni – Governo, Regione, Comuni – erano chiamate a fare la sintesi tra il contrasto dell’economico con il sociale. Ricordo una interminabile discussione con il mio Maestro prof. Giuseppe Palomba, ordinario di economia politica, sull’ “economico” ed il “sociale” ed il ruolo “politico” dello Stato che per noi era la Repubblica e la sua Costituzione “programmatica” ed antifascista. Una discussione dopo il convegno di Ischia del 1969 sulla funzione “sociale” dell’impresa”. Palomba era l’unico che dava interlocuzione agli studenti.
Da allora in poi ho avuto una concezione “pubblica dello sviluppo”. La proprietà privata non è un valore inviolabile della Costituzione. La Costituzione “impone” una regola allo sviluppo economico del capitalismo ed il Parlamento adotta leggi “ordinare” per attuare pienamente la Carta costituzionale”. Da qui nacque la mia passione ossessiva per la Programmazione Economica intesa come “Terza Via “per l’attuazione della Costituzione. Sul piano locale dell’isola d’ Ischia la strada Maestra era il Piano Regolatore Generale: la Pianificazione Territoriale. Fiumi di inchiostro su questi temi. Discussioni ed articoli ripetitivi fino alla noia. Lunghi pezzi di dottrina politica e di leggi inapplicate che nessuno riusciva leggere. I miei amici più cari – quelli che mi sopportavano pur non sopportandosi reciprocamente perché opposti nel carattere e nel pensiero politico – furono Franco Conte e poi Domenico Di Meglio. Forse hanno visto in me – lo dico a 74 anni – qualcosa di positivo che io stesso non ho mai capito in me stesso.

L’ incontro con Eugenio ed Efisio
Avrei continuato a scrivere “piscatori” (il gergo con il quale si chiamano gli articoli lunghi, noiosi, con continui richiami di leggi e di autori) se non avessi incontrato Eugenio Ciancichino nel 1978 all’ Agenzia Giornalistica Italia a via Cervantes 55 terzo piano. Eugenio e Salvatore Testa. Mi insegnarono il giornalismo di agenzia. Essere brevi. Dire tutto in dieci righe. Ma come potevo riuscirci? Poi venne per fare il” praticantato” Efiso Serra da Roma. Era laureato in Statistica. Un insegnamento fondamentale: “Peppino, il numero. Una notizia non esiste senza il numero. Quanti morti? Quanti abitanti? Quanti aziende chiuse? Quanta gente ha perso il lavoro? Quanti soldi sono andati perduti? Dal numero tu puoi trarne le somme. Puoi farne tutti gli altri discorsi. Senza il numero non si può scrivere”. Non ho mai dimenticato Efisio. Era un figlio della Sardegna. Morto giovane in un incidente automobilistico. Mi ha insegnato il valore della Scienza Statistica.

Poi questa sintesi di una notizia in 20 righe l’ho applicata per 26 anni all’ ANSA. E poi l’ho fatta mia nell’ “Agenzia Stampa” in cui trasformai il mio ufficio stampa alla Provincia con Amato Lamberti nel 1995. Dovevamo essere brevi ed efficaci e puntare sul “numero”. Bastava? Non ero mai stato sicuro.
Marilicia ed “Il Mattino”
Mi ha detto che veniva a Casamicciola. Ma voleva vedere, sentire, fotografare. Era accompagnata da Sergio Siano, il fotografo, quello che con uno scatto può rappresentare la sintesi estrema rispetto ai “pisciatoni” che scrivo e che nessuno legge.
Ha visto, Marilicia. Sergio ha fotografato. Il Mattino nell’ edizione di mercoledì 10 maggio 2013 dedica una intera pagina a Casamicciola. Marilicia ascolta i tre candidati. Vede il paese. Il titolone nel “primo piano” è:” Casamicciola, sfida a tre nel paese dell’alluvione “riportiamo la speranza”. Altre due interviste brevi, nella brevissima sintesi: una al presidente della Assoturismo Confosercenti, Marco Bottiglieri: “Meno 30% di presenze l’isola non offre più nulla”. Una denuncia pesantissima. Parole più pesanti di una montagna. Il ricordo di Efisio: il numero.

E poi una intervista a me brevissima. L’ avevo sommersa di parole, discorsi, carte, giornali, libri, riviste. Come poteva scrivere una enciclopedia in 20 righe? Mi ha solo ascoltato. Ha detto poche parole.
Marilicia ha usato un verbo: espropriare. È stata capace con un sol verbo di esprimere una “cultura pubblica dello sviluppo”. Chi vuole capire e studiare deve fare ricorso alla lunga vita del prof. Guido D’ Angelo. Deve leggere, studiare, capire, applicare la legge 327/2001. Deve conoscere la vita e l’opera di Enzo Mazzella (1937-1990) e quella di Vincenzo Mennella (1923-1995). Se abbiamo la Città d’ Ischia per le “grandi opere pubbliche” dal 1978 al 1988, meno di 10 anni, è per Enzo. Se abbiamo Villa Arbusto nel 1978 è per il prof. Mennella.
Marilicia ha sintetizzato come nessun altro una “cultura pubblica dello sviluppo”.

direttore de Il Continente

1 COMMENT

  1. Il problema della pratica di “Esproprio” è lindividuazione reale del prezzo di mercato del bene…
    In Italia di solito succede che agli “amici” si applica, a volte anche in eccesso, mentre con gli “sconosciuti” si è talmente rigorosi che si finisce per essere ingiusti.
    Nei piccoli comuni poi, si aggiunge il problema che si è tutti amici e parenti, per cui l’esproprio è escluso…a prescindere!

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