Lo incontrai, anzi lo incontrammo, all’inizio dell’ultimo anno delle superiori. Non ne avevamo avuto alcun preavviso (parliamo dell’anno scolastico 2003/2004 non vi era una forte condivisione web, il mondo digitale stava decollando), ma, alla prima ora del primo giorno del quinto anno, mentre in aula vi era l’insegnante di italiano, arrivò la nostra professoressa di Economia Aziendale, Elisa Vollano che ci disse che avremmo avuto, per l’ultimo importante anno scolastico un nuovo insegnante della materia fondamentale del corso di studi. E il giorno dopo lo incontrammo: Ettore Bonagura era un professore non canonico, lo ammetto, di altro stampo, sveglio e pratico della materia (prima di approdare all’insegnamento, raccontava, aveva gestito importanti studi di ragioneria in quel di Napoli), conviviale e socievole con tutti.
Il suo look era inconfondibile: capelli (radi e quelli che aveva li portava lunghi) pettinati, camicie dal colore sbiadito e mai troppo particolare, pantaloni più che altro color panna, scarpe usurate dal tempo. Arrivava, spesso, al Mattei a bordo di un motorino vecchissimo, un cinquantino dal rumore inconfondibile; altre volte vi giungeva in autobus che da La Rita lo conduceva in via principessa Margherita. Eravamo all’ultimo anno, eravamo una classe composita, provenivamo da una impostazione diversa e ci sembrò tutto molto diverso: il suo approccio alla materia era particolare e si fece subito amare da tutti. Viveva solo e spesso, tra una lezione e l’altra, si soffermava a parlare con noi (o con chi lo volesse ascoltare) ci raccontava episodi legati alla sua attività o condivideva con noi pareri su questo o quel locale. Sì perchè per non star da solo Ettore, spesso, andava a pranzare o cenare in un ristorante. Io lo vedevo spesso andare a pranzare al ristorante da Cocò ad Ischia Ponte nei giorni festivi, vi andava con tutta calma, lasciando il motorino in piazza. Era una persona particolare, un docente particolare, ma si faceva voler bene dagli studenti e non per il classico “non studio” (in fondo dovevamo sostenere l’esame di maturità, Economia Aziendale è la seconda prova fissa, dovevamo studiare!!!) ma per il suo lato umano. Delle sue cose private non parlava molto, ma lo si vedeva dai suoi occhi che aveva vissuto mille peripezie e ne stava ancora vivendo altre. Certo, il professore che ti porta alla maturità resta impresso nella memoria e riaffiorano lentamente vari ricordi legati alla figura, anche a distanza di tanto tempo. In questi dieci anni trascorsi dall’esame di maturità l’ho rivisto spesso, alle fermate degli autobus, con la sua sigaretta sempre accesa in mano, i capelli non più tinti, ma bianchi, e il volto stanco. Non mancava mai di chiamarmi, di salutarmi e chiedermi cosa stessi facendo. “Funiciè, scriv semp pù giurnal?” questa era la prima frase che mi rivolgeva puntualmente, sorridendo. E col sorriso lo ricorderemo, anche perchè, alla fine, delle persone che condividono con te un passaggio importante della propria vita, restano solo bei ricordi. Era la 5C.
Maria Funiciello
Ogni persona che passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un pò di se e si porta via un pò di noi.
Ci sarà chi si è portato via molto,
ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla.
Questa è la più grande responsabilità della nostra vita
e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso.zione ….