mercoledì, Novembre 27, 2024

Euro 2024, Croazia-Italia ai “Raggi D”. Nel segno di Zac!

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RAGGI D di Daniele Serappo | Nella semifinale del Mondiale 2006 lo stadio era quello di Dortmund e quello di Del Piero all’ultimo secondo fu semplicemente il colpo del definitivo KO alla Germania ma sfido chiunque fu quel giorno a vedere quella partita a negare di aver rivisto negli occhi, al tiro di Zaccagni, la mirabolante prodezza di quel numero 7 azzurro che ci portava a Berlino (citaz.) come appunto è accaduto lunedì sera.

Siamo ancora in Germania, a Berlino ci andremo effettivamente e di nuovo per giocarci l’accesso ad un turno successivo (ma i quarti e dell’Europeo) contro una Svizzera che stranamente pare oggi più alta, insidiosa ed impervia da scalare delle sue stesse montagne e quella segnatura all’ultimo secondo sarà senza dubbio un ottimo spot pubblicitario della nostra Mannshaft nei prossimi passaggi televisivi e non solo. Anche allora gli azzurri giocarono in maglia azzurra e l’angolo d’inquadratura della telecamera, con annessa curva ed inferiorità di tifo, era la stessa. Ci attacchiamo a tutto pur di trovare positività, ci mancherebbe,

MA QUANTA BRUTTEZZA
Ma quanta bruttezza e quanto poco calcio che s’è visto! Ricordo rare volte una nazionale così indecente, povera di idee e di organizzazione, di gamba e di garra: a Spagna ’82 nel girone di qualificazione andò forse anche peggio, poi però si riuscì a svoltare e ci si ammantò di leggenda. Il Mondiale sudafricano del 2010 fu imbarazzante (io Lippi lo ricordo soprattutto per questo piuttosto che per quello vinto nel 2006) come anche quello brasiliano del 2014 e infatti, stranamente, sembrano tagliati addirittura dagli annali della nostra FIGC che è sempre abile nel bandire qualsiasi richiamo agli incubi che abbia offerto nel tempo ai suoi tifosi.

Certo, Bearzot era scontroso con i giornalisti ma usava saggiamente i silenzi invece di esternare arroganza e saccenza gratuita o di tessere lodi di una squadra che è molto lontana da quella che proprio le capacità del tecnico di Certaldo hanno infuso di speranze i tifosi e gli appassionati della nostra “Rappresentativa A”. Oggi c’è molto più sapere di calcio (e anche non di calcio) quindi non è che si ha il prosciutto sugli occhi per non capire e poter dire che anche contro la Croazia s’è persa l’occasione per far credere (piuttosto inverosimile, a dirla tutta) che contro la Spagna era stato solo un incidente di percorso.

OCCHIO, POI FACCIAMO PAURA
Poi però, che siano ora gli altri a tenersi forte: di solito, dopo aver pulito la biancheria intima per il pericolo scampato, siamo infatti storicamente anche capaci di far male a tutti e di ritrovare insperate risorse tali da poter far strada nei tornei. Chissà se anche stavolta sarà così.

L’ASPETTO PSICOLOGICO
Stavolta non vorrei intrattenermi e soffermarmi su alcuni dettagli tecnico-tattici perché sicuramente gli errori sulla segnatura presa si possono riscontrare con grande facilità e non amo la banalità; quel che però mi piacerebbe sottolineare è come i primi 5 minuti di partita non sono stati niente altro che la fotocopia dei primi 80’ contro la Spagna. I giocatori azzurri avevano le gambe molli e chiaramente il terrore negli occhi nonostante soprattutto i telecronisti RAI volessero per forza convincerci del contrario. Ancora una volta erano spesso in ritardo e la fortuna è solo stata che la Croazia facesse girare la palla con molta più flemma degli iberici qualche giorno prima.

LA DIFFERENZA L’HA FATTA L’AVVERSARIO, NON L’ITALIA
Il calcio è infatti l’asciutta sintesi dell’assioma “(creazione-gestione) spazio e tempo” il cui corollario è “velocità di esecuzione e movimento degli uomini senza palla”. Oltre non si va: se hai uomini capaci di muoversi (in modo organizzato) e di saper gestire tecnicamente la sfera si deve creare lo spazio per poter giocare e lo si deve fare nel tempo giusto per evitare che l’avversario capisca, ti anticipi e ti contrasti. Quando la palla non ce l’hai invece lo spazio all’avversario va ridotto e non deve avere il tempo di poter pensare a cosa e come farlo. Punto. Se qualcuno crede che sia stata un’Italia diversa rispetto a quella vista contro la Spagna allora credo si debba rivedere qualcosa in termini di conoscenze calcistiche perché la realtà è stata che l’avversario era semplicemente diverso. Capace di palleggio sopraffino ma di intensità molto più bassa e con individualità evidentemente non omogeneamente soverchianti in ogni parte del campo.

L’ITALIA
L’Italia poi, nonostante le accomodanti frasi della vigilia, una volta che ha preso coraggio, ha fatto capire che giocava – come ha sempre fatto per storia e tradizione in questi casi – fondando sul doppio risultato. È la cosa più sbagliata che si possa fare perché, come sempre capita, se giochi per pareggiarla poi finisci per perderla o magari per riacciuffarla per il rotto della cuffia. Il pareggio non andrebbe mai difeso, il pareggio è solo una situazione di omeostasi sospesa tra vittoria e sconfitta. Alla fine, si può anche ottenere un pareggio, ma si deve sempre lottare per la vittoria ed in questo, anche se non ha ottenuto la qualificazione al Mondiale, l’unico che negli ultimi tempi ci ha fatto vedere una mentalità più “europea” o comunque moderna e diversa è stato solo Mancini.

L’ASSALTO ALL’ARMA BIANCA
Quei minuti successivi al vantaggio dei Croati in cui s’è assistito ad una reazione disperata che è però anche sinonimo di una lentissima agonia e di un dispendio di energie fisiche e nervose di non scarso peso, non fanno assolutamente bene. A livello di nazionale maggiore, non siamo mai riusciti a battere la Croazia e ancora una volta, come accade oramai già da un bel po’, non siamo riusciti a sconfiggere una nazionale che ci è superiore nel ranking FIFA, qualcosa vorrà pur significare!

Ad un certo punto s’è arrivati al paradosso che, pur di recuperare, s’è vista la squadra di Modric schierata con tre mezzepunte e un attaccante centrale che cercava – in vantaggio – di giocare mantenendo sempre equilibrio e distanze giuste nonostante l’andamento e l’adrenalina del match mentre l’Italia aveva una difesa a tre con un uomo davanti alla difesa ossia giocava 1>1 (complessivamente con un 1-3-3-4). Se parlassimo di altri sport in cui il nostro percorso di crescita è ancora lungo posso anche capirlo ma quando parliamo di calcio mi gira sempre molto la testa nel vedere certe soluzioni cui con atteggiamenti diversi si sarebbe benissimo potuto fare a meno.

LE OCCASIONI DOPO LO SVANTAGGIO
Ha quindi senso parlare di occasioni sprecate se queste sono arrivate in maniera caotica e confusa solo dopo esser passati in svantaggio in una gara che se fosse stata giocata – almeno a livello di intensità, per carità non mi viene al momento da chiedere chissà cosa – come gli ultimi 25’ forse si sarebbe potuta decidere anche prima a nostro favore? Vuoi mettere andare a segnare e costringere l’avversario che deve/può solo vincere a rimontare e che a quel punto potrebbe concedere molto di più?

AUTOSTIMA E SANO CULO
Dopo una prestazione così io parlerei ancora una volta di pericolo scampato piuttosto che di autostima e ovviamente si dovrà avere la capacità di ottimizzare il tutto nella prossima gara attingendo a quel che finora ha anche salvato Spalletti, una buona dose di quel “Culo di Sacchi” reso famoso dal libro di Gene Gnocchi nel 1994. Speriamo solo che quel Culo di Sacchi non diventi il più triste “cul de sac” che, nella sua accezione reale fa riferimento ad un vicolo cieco, quello proprio senza uscita.

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