Raggi D di Daniele Serappo | 47 Ai corsi per allenatori di calcio che si svolgono presso il Centro Tecnico Federale di Coverciano sono sempre di più le ore che vengono dedicate alla comunicazione e alla psicologia. Non è una scelta peregrina e casuale, tutt’altro.
Riprova a casa nostra negli ultimi giorni. In ogni intervista alla vigilia di Spagna-Italia, il CT azzurro Spalletti non mancava mai occasione di rivolgersi alla stampa e agli italiani ma in realtà, con abilità e destrezza, era come se parlasse alla squadra: certo, non s’è capito perché la massima rappresentativa di una Federazione con quattro Mondiali sul petto e due Europei (pure campione uscente), più qualche altra finale persa qua e là, dovesse parlare di partita storica, di evento, di “senso della vita” e insomma non perdesse occasione di osannare questi 90’ e più contro le “furie rosse” manco fossimo noi ad aver davanti chissà chi.
Per converso, è parso che la Spagna parlasse con toni molto meno enfatici e neanche questa è una banalità per un popolo latino e passionale come il nostro. Il fatto è che il valore dell’avversario affrontato giovedì scorso è innegabilmente di valore assoluto, tuttavia, pur senza arroganza ma minimamente con consapevolezza, mi sarei aspettato (avrei auspicato) un atteggiamento ben diverso.
Secondo me infatti gli azzurri necessitavano evidentemente di “crederci” (e di sentirselo dire) più di quanto non ne necessitasse la squadra di De La Fuente, tanto più che nell’immediatezza della partita, già dentro il catino di Gelsenkirchen, Spalletti poi spargeva “urbi et orbi” ogni genere di materiale ignifugo chiedendo invece di non mettere ansie ai calciatori che poi questi avrebbero rischiato di sbagliare scelte e giocate. Insomma, se proprio non se la facevano sotto, poco ci mancava.
DOMINARE LA SPAGNA
Certo l’idea di Luciano di dominare la Spagna palesata alla vigilia è parsa alquanto azzardata anche se concettualmente ineccepibile (se giochi alla Play Station!). Se però nella realtà la palla l’hanno più spesso gli avversari (solo nel primo tempo 61% contro il 39%), rimane difficile il dominio perché ci si deve preoccupare più di come fare per contenere l’1>1 dei giovanissimi e lanciatissimi Yamal e Nico Williams (chiedere a Di Lorenzo) e non offrire troppa profondità alle loro strabilianti abilità. Alla fine, infatti la gara è stata tutt’altro che quello che il CT azzurro sperava o che comunque aveva presentato (illuso?). Mettici pure che all’inno nazionale i nostri chiudevano gli occhi al passare della camera per far vedere che sentivano l’inno manco stessero andando a far la guerra mentre gli spagnoli facevano l’occhiolino ed ecco che si capiva che sarebbe stata a dir poco una serata difficile.
CONTRAPPOSIZIONE TATTICA STATICA
A bocce ferme la partita si presentava comunque spettacolare a prescindere: l’atteso 1-4-2-3-1 azzurro si adattava perfettamente allo spumeggiante e tecnicissimo 1-4-3-3 iberico così che senza ombra di dubbio la differenza l’avrebbe potuta fare – come l’ha fatta – la tenuta proprio nell’1>1 a tutto campo e il muoversi in maniera compatta. Nel commento sulla gara contro l’Albania avevo inoltre espresso qualche perplessità sulla tenuta della coppia dei centrali di difesa Bastoni-Calafiori se attaccati sulla profondità o in velocità. Gli spagnoli hanno scelto di far altro: dopo pochi minuti Di Lorenzo prima e Bastoni poi hanno potuto prendere solo il numero di scarpe di Nico Williams ma non solo, s’è anche capito subito che la Spagna si sarebbe “alzata” aggredendo in pressing ultraoffensivo con Pedri lasciando la gestione al doppio regista (Fabian-Rodrigo).
POI SI COMINCIA
Quel che mi ha stupito non poco è però il fatto che l’Italia non ha mai dato l’impressione di sapere cosa fare, come farlo, con chi farlo, dove farlo, quando farlo mentre gli avversari avevano prima le idee molto chiare e poi eccellenti mezzi tecnici e fisici per realizzarlo. E questo fin dall’inizio. Quando vedo queste cose mi chiedo, ma cosa si prepara e come si prepara in settimana una partita come questa oltre le chiacchiere che sono davvero tantissima fuffa fritta? Ad un certo punto ho avuto l’impressione che per riprendere fiato gli spagnoli lasciassero la palla agli azzurri che tanto, non sapendo cosa farne, la muovevano molto meno di loro quando la volevano già solo amministrare. Incredibile.
PINOCCHIO
Da dire che poi in realtà è stata la Spagna a giocare 1-4-2-3-1 con Pedri a rappresentar ombra di Jorginho (ma soprattutto molto funzionale nel tenere la squadra molto alta in ogni condizione di gara) mentre il regista italiano s’è trovato praticamente solo non riuscendo quasi mai a trovare e dialogare con Frattesi e Barella. Inoltre faccio fatica che si possa esser trattato solo di una questione di ritmo perché era questa la caratteristica di una gara come questa e, se anche si sceglie di giocare una partita difensiva, non si possono concedere circa venti conclusioni. Proprio male, insomma.
IL MOVIMENTO SULLA PANCHINA
Oggettivamente il risultato finale è parso oltremodo generoso per l’Italia, assolutamente incapace di far nulla tanto che ad un certo punto, in un sussulto, ho rimesso l’audio alla telecronaca giusto in tempo per sentir dire che c’era “tanto movimento sulla panchina azzurra” al 59’, quel movimento che proprio altrove non s’è visto, come le idee. Ma mi sono ripreso subito e ho ristaccato il commento perché proprio non si possono sentire quegli stucchevoli ed artificiosi commenti di giornalisti che ad un’eventuale e veritiera ammissione di non-calcio offerta da questa squadra evidentemente temono l’ostracismo e la richiesta di damnatio memoriae che di solito, in questi casi, parte da Via Allegri nei confronti del povero Cristo di turno che magari ha voluto offrire un contributo oggettivo e palese.
QUALCHE CERTEZZA
Donnarumma molto bene, è senza dubbio una certezza in questo momento così come è certo che Ayoze Perez non è parente di Ayeye Brazorf e che Cucurella non ha niente a che vedere – nonostante la fluente chioma – con Ficarra del famoso duo comico. Un po’ poco in una serata che ci ha dato tanta consapevolezza di quel che in fondo abbiamo sempre pensato: se non c’è da arrivare ai calci di rigore e sperare nella dea bandata, si fa davvero molta fatica.
L’INCUBO DEL BISCOTTO
La gara di chiusura del girone diventa, come prevedibile per il pari di ieri tra Croazia e Albania, l’ultima spiaggia, con nessun margine di errore a disposizione. Tanto per capirsi, considerato che man mano che si va avanti siamo pur sempre l’Italia e che siamo sempre da tener lontano perché non moriamo mai, non vorrei veder cadere gli azzurri sotto i colpi di una fin qui non irresistibile Croazia e clamorosamente veder vincere l’Albania contro gli spagnoli che, sic rebus stantibus, resterebbero primi con la nostra nazionale ultima e sul volo di rientro. Certo, gli altri potrebbero anche fare il “biscotto”, ma resterebbe pur sempre colpa nostra.
Non mi piace esser disfattista, non lo sono per carattere, ma, anche se qui si tifa Italia, finora la Spagna è l’unica che ha dimostrato di valer la pena spendere soldi per il biglietto.