A margine della prima esercitazione intercomunale di protezione civile sul rischio idrogeologico e dell’incontro tenutosi ieri al Palazzo Reale di Ischia per fare il punto sulla gestione dell’emergenza e della ricostruzione, abbiamo incontrato il Capo Dipartimento della Protezione Civile nazionale dott. Fabio Ciciliano.
Una giornata significativa a Ischia, dedicata alla prevenzione. Per due giorni, la Protezione Civile ha coordinato i sindaci per testare l’abilità dei Comuni. Come è andata?
«La prima fase riguarda la gestione delle componenti meno visibili, ma essenziali per l’organizzazione e la prevenzione. Un elemento cruciale è che, per la prima volta, i sei Comuni dell’isola hanno elaborato un piano intercomunale, considerando i rischi idrogeologici, sismici e vulcanici di Ischia. Non avrebbe senso creare piani limitati a un solo comune. È importante riconoscere il contributo del commissario Legnini per l’interoperabilità tra i Comuni nelle attività di pianificazione. Questo processo deve essere studiato attentamente, come si sta facendo durante questa esercitazione. Sebbene si speri che tali misure non debbano mai essere necessarie, la storia dimostra che eventi e fragilità del territorio continuano a ripetersi. Sarà un importante banco di prova. Mi auguro che in futuro le attività coordinate di gestione dell’emergenza di protezione civile possano avvenire rapidamente, come già accade in altre realtà territoriali del nostro Paese. Analizziamo poi, al termine dell’esercitazione, l’attività di debriefing per capire ciò che è andato bene e ciò che va migliorato, per perfezionare il sistema».
IL MODELLO ITALIANO D’ESEMPIO PER ALTRI PAESI
Questa esercitazione viene osservata anche dai Dipartimenti di protezione civile di altre nazioni.
«Il nostro Paese ha il 93,9% del territorio a rischio idrogeologico con un terreno fragile. Stranieri e colleghi vengono a imparare dal nostro sistema di Protezione Civile, che funziona su una logica di sussidiarietà verticale dagli Enti locali fino alla gestione europea. Questo modello, sviluppato in quarant’anni dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, è d’esempio per altri Paesi. Le isole come Ischia e Stromboli hanno particolari esigenze strutturali e soffrono la lontananza dalla terraferma. Il ministro Musumeci ha stanziato oltre 2 milioni di euro per sostenere le isole minori e colmare il gap dovuto alla loro posizione geografica e al ridotto numero di abitanti in inverno rispetto all’estate».
L’esercitazione di oggi arriva, abbiamo detto in qualche modo, dalla pratica di due anni fa con i morti, il fango, le strade impraticabili, i sistemi di comunicazione non attuali come oggi. Alla teoria di questi giorni quanto è servita l’esperienza del 2022 per ridisegnare non solo il Piano intercomunale di Protezione Civile, ma anche alla Protezione Civile nazionale di poter poi interagire su questi tipi di scenari?
«Questa è una domanda importante. Gli eventi che accadono ci insegnano nuove procedure per correggere ciò che non è stato fatto correttamente in passato. Purtroppo, come Paese, abbiamo difficoltà nella normazione e nella gestione della prevenzione. Se riuscissimo a svolgere questa attività prima dell’evento, quindi in una fase preventiva, faremmo un doppio lavoro: da un lato, ci dedicheremmo alle attività di prevenzione, che sono azioni a medio-lungo termine spesso poco visibili ma fondamentali; dall’altro, ridurremmo significativamente i costi legati alla gestione delle emergenze. In sostanza, l’emergenza rappresenta un costo, mentre la prevenzione deve essere vista come un investimento».
LA FINE DELLO STATO D’EMERGENZA
Sappiamo che lo stato di emergenza terminerà, come prevede la legge, dopo 24 mesi. Il passaggio dallo stato di emergenza alla ricostruzione come verrà gestito?
«Non è insolito che una sola persona gestisca emergenze di diversa origine nella stessa area. È pratico e utile avere un’unica figura per coordinare le operazioni, evitando la confusione di più strutture commissariali sullo stesso territorio. Riguardo al futuro, la componente politica sta monitorando la situazione. Ischia e altri territori sono al centro delle attenzioni e il percorso di ricostruzione dovrà continuare».
Di fronte a noi c’è un altro territorio fragile che è quello dei Campi Flegrei. 1500 sfollati attendono da tre mesi il decreto attuativo che porterà i fondi per la ricostruzione delle loro case inagibili. Come mai questa attesa? Che notizie ci sono sul decreto?
«Il decreto, che prevede tre tranche annuali, include una tranche importante da impegnare entro il 2024. Il decreto è tecnicamente pronto. È un documento complesso firmato dal ministro per la Protezione Civile, con il concerto della Regione Campania e l’intesa del ministro dell’Economia. Stiamo aspettando quest’ultima firma, forse a causa della redazione della legge di bilancio. Confido che il decreto ministeriale, già pronto, venga emanato in tempo utile».