La condotta della vergogna continua a fare notizia. Benché la falla, a cinquecento metri dalla costa di Forio, sia stata abbondantemente riparata dai sommozzatori (ci sono volute appena quattro ore), la coda velenosa dell’estate porta con sé nuovi potenziali colpi di scena.
Non preoccupa più di tanto l’inchiesta aperta della Procura della Repubblica di Napoli, per tramite della Capitaneria di Porto di Ischia: il sostituto procuratore Sassano della quinta sezione reati ambientali, coordinata dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, vuole vederci chiaro sui ritardi nella riparazione della condotta, che certo avrebbero contribuito ad inquinare il mare in un tratto più prossimo a quelli balneabili rispetto allo sbocco naturale della condotta, a un chilometro dalla costa.
Ma la cronistoria parla chiaro: l’Evi ha segnalato una criticità già l’8 agosto, il ritardo sarebbe imputabile alla Capitaneria di porto di Napoli. «E comunque – spiega il sindaco di Forio, Francesco Del Deo – la fuoriuscita di liquami non è stata costante, come negli ultimi tre giorni, quelli che hanno fatto notizia».
Ciò non toglie che la situazione vada monitorata con attenzione. E l’amministrazione comunale di Forio ha ordinato una serie di prelievi, che chiariranno la presenza eventuale di colibatteri nelle acque delle tre spiagge più prossime alla falla: San Francesco, Chiaia e Citara. Positivi i primi riscontri, entro la mattinata – tuttavia – arriverà l’esito definitivo, che farà luce sul lascito – si spera inesistente – della rottura della condotta fognaria sottomarina.
Intanto, Del Deo ha fatto visita agli uffici dell’Evi, dai quali è partita una nuova telefonata ad Angelo Pepe (il nuovo Responsabile Generale Programmazione e Gestione delle Risorse Idriche per conto della Regione Campania, n.d.r.), a cui – racconta – «abbiamo sottoposto la richiesta di un imminente incontro per il depuratore e soprattutto un’accelerata per il rifacimento della condotta sottomarina, come stralcio al progetto definitivo per l’impianto. Poi – aggiunge Del Deo – bisognerà semmai chiedersi, anche in relazione ai tempi lunghi per la costruzione del depuratore e alle tecnologie su cui puntano paesi come Stati Uniti e Giappone, se possa piuttosto bastare un grigliaggio a monte più efficace e un sistema di terminali con batteri».
Intanto riecheggiano anche sull’isola le dichiarazioni del responsabile della campagna di monitoraggio delle acqua di balneazione, Lucio Di Maio, che – rispondendo al “Corriere del Mezzogiorno” alle accuse dei sindaci della Costiera sul caso-Sorrento – tocca un punto caldissimo anche per la nostra isola: «I primi cittadini lamentano che l’Arpac ha effettuato i prelievi dopo un forte acquazzone, quello dell’undici agosto, quando sono entrati in funzione i meccanismi di troppo piene. Ebbene, se avessero essi stessi emesso una ordinanza di divieto di balneazione per 48 o 72 ore dopo i temporali, come è consigliato anche dalla Regione, non saremmo dovuti andare lì a verificare la qualità del mare dopo il temporale. Se lo abbiamo fatto è perché i sindaci non hanno emesso alcuna ordinanza, esponendo a rischio chi, magari nel pomeriggio stesso successivo alla forte pioggia della mattina, è andato ignaro a nuotare in spiaggia».
Alt, il problema è comune all’isola d’Ischia: dove il meccanismo del troppo-pieno si traduce in acque melmose e liquami, subito dopo i temporali, in particolare in alcune baie.
E nei giorni scorsi abbiamo già denunciato come specialmente nel cuore dell’estate – con una popolazione significativamente più numerosa – l’impianto fognario che serve Forio sia sottoposto a forti sollecitazioni, che eventuali temporali contribuiscono ad alimentare. Per tacere dell’inosservanza dell’ordinanza del Comune che prevede che le acque delle terme e delle piscine debbano essere sversate in fogna solo ed esclusivamente nelle ore notturne per scongiurare il rischio, paventato dall’Evi, che «l’abnorme mole dei volumi in arrivo negli impianti di sollevamento è eccessiva, non venga trattata adeguatamente e tracimi fuori».
Oggi si parla moltissimo della condotta rotta e dei 13 giorni di ritardo per ripararla, ma poco di un caso di sversamenti nel porto di Forio, dove insistono gli impianti gestiti dall’EVI. L’acqua di fogna, quella pluviale (quando piove) e quella termale, tutte insieme, arrivarono sul lungomare Cristoforo Colombo. Le pompe non ce la fanno a gestire l’acqua per spingerla nella condotta fognaria sottomarina: patatrac servito, alberghi e strutture termali complici. Ma davvero la Regione Campania suggerirebbe l’interdizione della balneazione dopo i temporali? E abbiamo idea di quale danno d’immagine avrebbe un dispositivo del genere?
Intanto, amarezza è stata espressa anche dal presidente di Confcommercio Isola d’Ischia, Marco Bottiglieri, evidentemente preoccupato per le ricadute negative in termini di immagine: «Intanto oggi pomeriggio alle 14 e in replica alle 19, il Tg3 manderà in onda un servizio di promozione dell’isola di Ischia, al fine di contrastare le informazioni e la caduta di immagine a seguito dei servizi giornalisti sull’inquinamento di Forio, che solo in parte siamo riusciti ad arginare». In par
Anche ieri, peraltro, “Wired” ha dato ampio risalto – senz’altro eccessivamente – alla vicenda, in un pezzo dal titolo eloquente – «Hai fatto il tuo bel tuffo tra i liquami?» – del quale certo l’isola avrebbe fatto volentieri a meno. «Siete tornati da Ischia, dalla Sicilia o dalla Toscana e vi manca il dolce sguazzare? Consolatevi – si legge nell’ampio sommario – perché probabilmente eravate a mollo tra acque reflue. E la cosa ci costerà a breve 480 milioni di euro l’anno, a parte i danni ambientali, al turismo e alla salute». E il pezzo parte proprio dall’isola d’Ischia: «Dopo 13 giorni dalla scoperta del disastro – 13! – la falla nel mare di Ischia è stata aggiustata, e adesso i liquami di migliaia di abitanti torneranno a sversarsi senza filtro alcuno a un km circa dalla costa. Enormi i danni d’immagine, (quelli ambientali restano gli stessi anche senza falla), per una terra che combatte il problema almeno da 40 anni». E ancora: «Sono 817 i Comuni italiani dove mancano i depuratori delle acque reflue – sì, 3 italiani su 10 non sono allacciati a fognature o depuratori – motivo per cui lo scorso marzo abbiamo ricevuto un ultimatum dalla Ue – più precisamente un parere motivato, passo che precede il deferimento – con un’enorme multa in arrivo (si parla di circa 10 milioni di euro, più 650mila euro per ogni ulteriore giorno di ritardo dalla sentenza, fino a compimento dei lavori, più la sospensione dei finanziamenti europei). Stime governative parlano di 480 milioni di euro l’anno dal 2016 fino a opere completate».
Intanto l’Arpac paventa l’interdizione delle spiagge dopo i temporali