Luciano Castaldi | Forio non dimentica. Giovedì scorso, nella saletta parrocchiale da lui edificata e dedicata al Papa Giovanni XXIII, la gente di Forio ha ricordato il parroco don Michele Romano a dieci anni dalla morte. Belle, sentite, commoventi le testimonianze dei tanti che hanno voluto condividere il proprio ricordo del “parroco della piazza”. Altrettanto bella la partecipazione di quanti non sono riusciti a vincere l’emozione e, sebbene senza parole, hanno confermato, con gli occhi lucidi e il sorriso della sincera riconoscenza ed amicizia, quanto ancora grande sia il legame tra Don Michele e la sua gente.
No, Forio non dimentica. Col tempo, si potrebbe anzi dire che la stima, l’affetto, l’ammirazione verso questo sacerdote siano addirittura cresciute. Tanto da far esclamare ad un impressionato don Emanuel Monte, attuale parroco di San Sebastiano e a cui va il nostro grazie per aver voluto questa serata: “Se dopo dieci anni è ancora così forte il legame che questa Comunità ha con il suo pastore, vuol dire che Don Michele ha davvero seminato bene.
No, Forio non dimentica. Mentre sul maxischermo scorrevano centinaia di foto a colori e in bianco e nero, moltissimi sono stati gli aneddoti evocati dai tanti suoi “figli spirituali”. Loredana, Gabriella, Roberto, Agostino, Aniello, Adele e il gruppo delle “Carucce”, e dulcis in fundo il sottoscritto, che si è limitato a tratteggiare qualche considerazione generale sulla visione ecclesiale e mariana del “suo” parroco: sarebbe stato impossibile anche solo scegliere tra le mille e mille reminiscenze personali. Sarebbe stato impossibile, soprattutto, vincere la commozione.
No, se Forio non dimentica, figuriamoci chi scrive. Il suono delle campane è sempre vivo. La sedia sulla quale mi arrampicavo per aiutarlo a “scampaniare” è ancora lì. La statua della Madonnina di Fatima che “spacchettammo” insieme pure. Le note dell’organo sono sempre quelle, imponenti e grandiose. Il profumo d’incenso è intenso come al solito. Il biliardino impazza come ai vecchi tempi. L’appuntamento per la benedizione delle case è sempre alle 15:30. La prima messa nel giorno dell’Addolorata è sempre alle 06:00. Il “nonno” e la “nonna” (così chiamavo i genitori di don Michele) sono ancora di sopra. Anna è alle prese con i fornelli per l’ottimo pranzo della domenica. Ed eccolo, infine, con il sorriso e il suono delle sue espressioni quasi a cantilena, inconfondibili e inimitabili, eternamente vivide, vivaci, dolci. Come i gesti di carità concreta per i bisognosi che fa scivolare sempre con grande discrezione, naturalezza, familiarità. Ecco la prontezza, quando si tratta di amministrare i sacramenti, la visita agli ammalati e alle famiglie. Senza rumore e clamori. Ecco la bellezza delle celebrazioni solenni che lui vive ancora con passione, attenzione, precisione, rigore, nonostante il peso degli anni e della malattia. Grande, sconfinato è l’amore e lo stupore per la Santa Messa: “Bene, cari angioletti, silenzio! Prepariamoci al meglio per servire il Signore”” ed ecco che lo rivedo ancor più mentre si specchia nei vetri dell’archivio, in sacrestia, prima di “uscire”. Grande è per noi bambini l’ammirazione per il parroco. Come il timore, il rispetto che egli sa ottenere da tutti, da buon Cappellano Militare, specialmente quando le cose non vanno per il verso giusto, cioè come lui desidera. E “Michelino” sbaglia anche, certamente, ma sa riconoscere l’errore. E se più intensamente prevale qualche “arrabbiatura”, subito se ne dimentica. Presto, prestissimo torna ad intenerire con il sorriso spontaneo e irresistibile degli occhi, cioè del cuore. Ha i suoi limiti, certo, il parroco, ma mai ha mai prestato il fianco a pettegolezzi, malelingue, gossip, dicerie. Nessun’ombra sul suo ultradecennale ministero. Mai! Nessuna doppia vita. Mai! Nessuna incertezza. Mai! Ed è impossibile non volergli bene, come quando, insieme a noi, si fa bambino. Come quando, insieme a noi, esprime tutto il suo orgoglio per Forio, le sue tradizioni, i suoi vicoli, le sue edicole votive, la sua storia, la sua “pietà popolare”.
A questo punto, non ci sono parole capaci di esprimere la mia personale gratitudine verso colui che per me è stato, senza enfasi, davvero un padre; e così lo presentavo, orfano di papà all’età di un anno, ai predicatori che venivano a Forio in occasione delle varie ricorrenze. E nessuno saprebbe e potrebbe riportare le emozioni provate, sebbene poche e me ne rammarico, al suo fianco nel doloroso, ma quanto mai edificante, momento della malattia: ha insegnato a tutti anche come muore un cristiano. Fedele fino alla fine don Michele. Avanti, con Maria Addolorata don Michele. Fino alla fine parroco, sacerdote, soldato dell’Amore don Michele. No, Forio non dimentica. Tra gli altri, mi piace qui riportare lo stupendo intervento delle “ragazze del coro” dell’associazione “Le Carucce & company”, da don Michele particolarmente amate, incoraggiate, sostenute.
IL CUORE INNOCENTE DI UN FANCIULLO
“Ricordare questa sera don Michele a dieci anni dalla sua dipartita è un atto di riconoscenza e d’amore, ma ricordare i quarant’anni in cui l’abbiamo avuto come pastore è lezione di vita parrocchiale e cristiana. Noi che abbiamo avuto la grazia di conoscerlo e averlo come parroco, sappiamo che aveva il cuore innocente di un fanciullo in un corpo temprato dalla disciplina militare e come tale si è sempre comportato dandoci esempi di vita tesi a rafforzare la nostra fede, non senza una sferzata di disciplina e, persino, severità.
Era dotato di una vivace intelligenza, tanto buongusto e di una curiosità costruttiva che ci ha portato a condividere momenti di autentica gioia e di profonda fede.
Sarebbe falso dire che non ci sono stati momenti di incomprensione e di “crisi”, ma possiamo anche dire che duravano in tutto l’arco di una mezz’ora… e poi una sua telefonata, magari con una banale scusa, e tutto tornava a posto.
Ha fatto tante cose, rendendoci sempre partecipi delle sue idee: la costituzione del gruppo di ministranti (i suoi “angioletti”) di cui facevano parte tanti bambini dai cinque anni in su, sia maschi che femmine (tra le prime in assoluto, in tutta la Chiesa universale), le sue catechesi durante gli anni del cammino neocatecumenale, nelle quali ha dato veramente il meglio di sé, coinvolgendoci tutti i sensi, e poi interrotte per la malattia che lo aveva colpito; il sostegno dato al nostro gruppo delle “Carucce & company”, legalmente costituito e impegnato nel sociale, teso soprattutto a promuovere la dignità e la figura delle donne nell’ambito della società contemporanea, il suo amore incondizionato per l’Addolorata, sotto il cui manto siamo cresciute e la cui festa rappresenta il momento più importante della vita parrocchiale. Questo solo per citare alcune delle piccole e grandi cose che ha realizzato durante il suo mandato di parroco di San Sebastiano. E stasera, sicuramente, sarà contento di vederci qui riuniti, starà sorridendo come il primo giorno in cui mise piede in parrocchia: chiese a un gruppetto di bambini: “Siete contenti che io diventi il vostro nuovo parroco?” Risposero di sì! Ma devi solo sorridere di più!”. E da allora non ha mai dimenticato quelle parole, facendo il possibile per essere il buon parroco che è stato. A Dio, carissimo Don Michele: sei stato parte della nostra vita e non ti dimenticheremo, nell’attesa dell’Arrivederci”.
Specialmente chi avanzava …..