mercoledì, Settembre 25, 2024

Fototrappole non autorizzate, il tribunale assolve il “bracconiere”

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Una sentenza innovativa rispetto all’orientamento della Cassazione. Giovan Giuseppe Mazzella, difeso dall’avv. Nicola Lauro, era accusato di detenzione illegale di armi e di furto venatorio. Ma il collegio non ha ritenuto utilizzabili come prova le riprese delle telecamere posizionate senza autorizzazione da un attivista di un’associazione per la protezione degli uccelli, non depositate in dibattimento. Impossibile un riconoscimento certo dell’imputato e della carabina che imbracciava

Era accusato di detenzione illegale di armi e di aver violato la legge sulla caccia per aver imbracciato una doppietta e aver preparato trappole per uccelli in un periodo in cui l’attività venatoria era vietata. Ma l’imputato Giovan Giuseppe Mazzella, mandato a giudizio come bracconiere, è stato assolto dal tribunale collegiale di Napoli con una sentenza che ha ritenuto non valide le immagini delle riprese con fototrappole in quanto non autorizzate.

Il collegio della V sezione penale ha emesso una sentenza che si pone in discontinuità con quanto deciso in passato dalla Cassazione, che ha sempre considerato le riprese non autorizzate una prova atipica, comunque utilizzabile. Stavolta invece l’imputato, difeso dall’avv. Nicola Lauro, è stato assolto con la formula per non aver commesso il fatto dai reati a lui ascritti (appunto detenzione illegale di armi e furto venatorio), sulla scorta di un ragionamento innovativo e che costituisce una delle prime decisioni di tal tipo in materia.
I fatti risalgono al maggio del 2021, ma solo a settembre 2023 il giudice dell’udienza preliminare emetteva il decreto con cui disponeva il rinvio a giudizio del Mazzella in ordine alla violazione della L. 895/1967 e della Legge 157/92 fissandone la comparizione innanzi al Tribunale in composizione collegiale per l’udienza del 13 novembre dello stesso anno. E lo svolgimento del processo ha riservato non poche sorprese.

IL RACCONTO DELLA GUARDIA VENATORIA
All’udienza del 13 marzo scorso è stato escusso il teste d’accusa Riccardo Tucci ed acquisito il fascicolo dei rilievi fotografici eseguiti dai Carabinieri della Stazione Forestale di Casamicciola Terme in data 8/5/2021 prodotto dal pubblico ministero, unitamente alla scheda tecnica sulla carabina Diana prodotta dalla difesa. Inoltre è stata revocata, su accordo delle parti, l’ordinanza di ammissione dei teste Filippo Bamberghi, alla cui escussione il pm ha rinunciato.

Il teste Tucci, guardia venatoria del Wwf, ha riferito in ordine alle attività svolte in data 8/5/2021 sull’isola d’Ischia in località Belvedere di Faiano (Comune di Barano) a seguito di una segnalazione pervenuta il giorno precedente e, nel dettaglio, ha dichiarato che, «iniziato il servizio di osservazione nel fondo alle prime ore del mattino, alle ore 8,10 circa sopraggiunse un uomo – successivamente identificato in Mazzella Giovan Giuseppe – che imbracciava una zappa per lavorare la terra; che venne eseguita la perquisizione del capanno ubicato nel fondo, usato come deposito di attrezzi, all’interno del quale venne riscontrata la presenza di un barattolo pieno di camole (usate come esche, ndr), due fucili (uno con matricola, risultato appartenere al defunto suocero del Mazzella, ed un altro priva di matricola) e 23 cartucce; che nel vigneto vennero invece rinvenute alcune trappole per uccelli con all’interno degli uccellini di specie protette».

Il teste ha anche precisato che «nel periodo primaverile la caccia è vietata; che il fondo in questione era di proprietà della moglie del Mazzella; che il Mazzella era titolare di porto d’armi scaduto da due anni; che la segnalazione giunta il giorno precedente era corredata dai filmati estrapolati dalle video camere posizionate qualche giorno prima, in zona limitrofa al fondo, da tale Andrea Rutigliano, attivista del Comitato Internazionale per la Protezione degli Uccelli Selvatici (filmati nei quali era possibile vedere un uomo che imbracciava un fucile da caccia e che, preparate le trappole per uccelli, le posizionava nel giardino)».

LA DEPOSIZIONE DEL CARABINIERE FORESTALE
Il teste Antonio Biancardi, maresciallo del Nucleo Forestale Carabinieri di Casamicciola, sentito in ordine all’attività d’indagine, ha dichiarato che, «a seguito delle attività di osservazione eseguite dagli ausiliari di P.G. (tra i quali Tucci Riccardo), vennero poi eseguite la perquisizione del capanno ubicato sul fondo oggetto di osservazione, e quella dell’abitazione dell’imputato; che la prima – nel capanno – consentì di rinvenire una carabina calibro 9 senza marca, con matricola 13220, intestata a M.C., ed una carabina calibro 9 marca Diana con una matricola non risultante in banca dati, ad aria compressa e, come tale, di libera vendita; che, al momento del suo arrivo, il Mazzella stava preparando gli attrezzi per coltivare l’orto».

Il maresciallo della Forestale ha inoltre aggiunto che «le fototrappole erano state posizionate – senza permesso della proprietaria del fondo, né della P.G. – da Rutigliano Andrea il quale, dopo avere esaminato le immagini, ha presentato una denuncia al suo Comando; che il fondo in questione non era recintato; che l’identificazione dei luoghi, così come quella del Mazzella, sono avvenute sulla scorta delle immagini di cui ai filmati girati dalle fototrappole nei giorni precedenti; che per il reato di cui all’art. 30 L. 157/92, in relazione alla caccia di specie protette tramite trappole vietate, è già stato celebrato un processo ad Ischia».

ACCOLTE LE TESI DELLA DIFESA
All’udienza del 26 giugno il presidente ha dichiarato chiusa l’istruttoria ed invitato le parti ad illustrare le rispettive conclusioni.
Al termine della sua requisitoria il pubblico ministero ha chiesto di dichiararsi la penale responsabilità dell’imputato e la sua condanna a mesi sette di reclusione ed euro 200 di multa.
La difesa l’assoluzione per il capo A) e non doversi procedere per il capo B) per mancanza di querela. Sostanzialmente l’avv. Nicola Lauro ha riportato l’attenzione del collegio su due questioni fondamentali: la mancanza di un riscontro oggettivo certo (attraverso un riscontro antropometrico) in ordine all’identificazione dell’imputato avvenuta con le riprese video, estratte da una fototrappola, e la libera detenzione delle armi disciplinate dalla legge n. 526 del 21 dicembre 1999, oltre alla assoluta mancanza di prova su quale dei due fucili sequestrati stesse imbracciando l’imputato al momento delle riprese fatte con la fototrappola.

LA DENUNCIA DELL’ATTIVISTA
Tali argomentazioni sono state totalmente recepite dal tribunale. Ed infatti, nel mandare assolto l’imputato dai reati ascrittigli, così ha motivato: «Nel caso in esame, l’attività svolta dal teste di P.G. Biancardi è consistita unicamente nell’identificare il Mazzella nel soggetto che, sopraggiunto alle ore 8 circa dell’8/5/21 presso il fondo agricolo di proprietà della moglie, stava preparando gli attrezzi per il lavoro della terra; oltre che nel rinvenimento, all’esito di una specifica attività di perquisizione, di due carabine nel capanno ivi ubicato, e di alcuni uccellini protetti catturati in quattro trappole sparse per il fondo agricolo.
L’intervento della P.G. è avvenuto a seguito di una denuncia presentata da un attivista, Rutigliano Andrea il quale, nel giorni precedenti, aveva posizionato (non si è compreso se al di fuori o all’interno del fondo stesso e, in ogni caso, senza alcuna autorizzazione) delle fototrappole idonee alla registrazione dai cui filmati emergeva che un soggetto, prelevato da un capanno un fucile e preparate delle trappole per uccelli, posizionava le trappole nel fondo. Tali filmati sono stati visionati esclusivamente dal teste di P.G. Biancardi il quale ha, difatti, dichiarato di avere riconosciuto l’uomo ripreso nell’imputato Mazzella Giovan Giuseppe».

«Tanto premesso, è appena il caso di precisare che nel caso di specie la identificazione dell’imputato nel soggetto di cui alle riprese in questione fonda – come si è visto – unicamente sulla conoscenza personale del maresciallo Biancardi di talché, in assenza di altri elementi, tale identificazione – per le modalità del tutto informali, imprecise ed opinabili con le quali è avvenuta – non è affatto idonea a superare il vaglio dibattimentale. Né è stato possibile procedere ad ulteriori approfondimenti (ad esempio ad una perizia antropometrica) giacché neppure è certo se tali filmati, dei quali non è stata chiesta l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento, siano stati depositati unitamente alla denuncia presentata dal Rutigliano: quel che è certo, infatti, è che essi non fanno parte del compendio probatorio e, dunque, del patrimonio conoscitivo del collegio giudicante. Ne consegue che, all’esito del dibattimento, non è certa la identificazione dell’imputato quale autore delle condotte di reato ravvisabili nei filmati registrati dalle fototrappole».

LA RIFORMA “CARTABIA”
«Ma vi è di più. Ed invero, anche a volere ritenere che il soggetto ripreso nei filmati sia proprio il Mazzella, rileva il collegio – con riferimento agli elementi della fattispecie oggettiva dei reati per cui si procede – come non sia emerso con certezza dal dibattimento quale fucile quest’ultimo detenesse, in quanto le carabine e le cartucce rinvenute all’esito della perquisizione erano posizionate in un capanno appartenente, così come tutto il terreno, alla moglie (al cui defunto padre era anche intestata una delle carabine e nella cui disponibilità verosimilmente era tale arma unitamente alle cartucce con essa compatibili); senza contare, infine, che l’altro fucile rinvenuto, come precisato dal teste Biancardi, e come risulta anche dalla scheda tecnica depositata dalla difesa, è a libera vendita perché ad aria compressa.

Ne consegue che, neppure sotto questo profilo, può ritenersi certa la identificazione dell’imputato. Deve allora rilevarsi come, a seguito delle modifiche introdotte dalla cd. “Riforma Cartabia”, non sussista nel caso in esame alcune delle circostanze aggravanti che rendono detto reato procedibile d’ufficio di talché, mancando la necessaria condizione di procedibilità, l’azione penale non è ulteriormente proseguibile per difetto di querela».
Di qui l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Una sentenza destinata a “fare giurisprudenza”.

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