Torna su Il Dispari il professor Francesco Rispoli per analizzare da un ulteriore punto di vista il grande tema degli abbattimenti. Partiamo dall’aspetto giuridico, ma lo commenteremo anche in chiave politica.
La Cassazione ha stabilito e ribadito in molte sentenze che l’ordine di demolizione non è soggetto a prescrizione e ci troviamo a fare i conti con l’esecuzione di sentenze passate in giudicato 25 o 30 anni fa
“La prima valutazione su questo punto è che ci troviamo di fronte a una situazione che, da un punto di vista giuridico, può apparire un’aberrazione. Detta da noi, che non siamo giuristi, potrebbe sembrare una forzatura, ma questa aberrazione giuridica nasce e si sviluppa a causa di una politica debole e, soprattutto, dell’assenza totale di una volontà politica nel risolvere il problema del condono edilizio e delle sanatorie. Ti ho inviato un articolo in cui parlo di abusivi per sempre. Mi è venuto in mente il film di Dino Risi “Mery per sempre”, ambientato a Palermo, che racconta la storia di un ragazzo omosessuale cresciuto nel quartiere Zen, costretto a vivere mille difficoltà. Alla fine, però, lui afferma: “Mery per sempre”.
Ecco, lo stesso vale per gli abusivi: per sempre abusivi, non perché volessero restarlo, ma perché sono stati lasciati tali dai sindaci. E non solo da quelli attualmente in carica, ma da tutti i sindaci che si sono succeduti dalla metà degli anni ’80 in poi. Negli ultimi 40 anni, qual era la loro speranza? Probabilmente, un disegno opposto rispetto a quello della magistratura e della Cassazione. La loro idea era che, anziché applicare le demolizioni, si arrivasse a una sorta di prescrizione generale: una pietra tombale sulla questione del condono, che andasse avanti ope legis. Ma così non è stato. E non è stato neppure quando, in piena pandemia, avanzai timidamente una proposta – rimasta del tutto inevasa – per una sanatoria generalizzata, considerando le difficoltà economiche causate dalla crisi. Ti inviai anche un messaggio, che poi diffondesti a mezzo stampa, per sostenere che quello poteva essere il momento giusto per portare la questione a Roma. Ma non arrivò alcuna risposta dai sindaci. Alcuni di loro si sono avventurati in dichiarazioni inutili. A Roma, dicevano che li prendevano in giro. Se ridevano allora, oggi lo farebbero ancora di più. Il problema, però, è che tutto questo pesa sulla povera gente. Dunque, non mi affiderei solo alla questione giuridica, che resta durissima, ma cercherei di restituire alla politica la sua dignità”.
Riguardo alla politica, voglio evidenziare un grande elemento di ipocrisia nelle demolizioni. I nostri Comuni non solo combattono l’abusivismo, ma si trovano coinvolti in numerosi procedimenti legali tra privati. Spesso è il vicino che avvia un’azione contro un altro vicino, chiedendo l’annullamento del condono o l’accesso agli atti, provocando battaglie legali davanti al TAR. La vera colpa dell’epoca fu non eseguire le demolizioni e nascondere le istanze di condono?
“Hai ragione. Negli anni ’90, l’avvocato Molinaro ed io fummo chiamati in Giunta da Gaudioso. Molinaro voleva applicare l’articolo 4 per procedere con gli abbattimenti, mentre io proponevo di evadere alcune pratiche di condono e usare i fondi raccolti per piccoli interventi pubblici, coinvolgendo artigiani locali. Tentammo entrambe le strategie, ma la linea degli abbattimenti non produsse i risultati sperati e portò minacce. Anche la mia proposta incontrò ostacoli burocratici: su circa 30.000 pratiche, in 40 anni ne sono state evase meno di 5.000. A questo ritmo, ci vorrebbero 200 anni per smaltire le restanti 25.000. È assurdo. Le pratiche non sono state evase perché alcune erano insanabili e altre, pur sanabili, sono rimaste bloccate. Le pratiche insanabili dovevano essere affrontate per prime, creando un tappo al sistema. Ci sono stati molti modi per gestire meglio la situazione, ma nessuno è stato attuato. Sabato scorso c’è stata una manifestazione degli abusivi, che ha evidenziato la drammatica situazione di queste persone, a cui sono solidale. Tuttavia, ci sono alcuni punti che vorrei sottolineare.
Primo paletto: alla manifestazione erano presenti circa 200 persone. Naturalmente, qualcuno ha voluto dire che erano 1.000, ma la realtà è un’altra: il problema riguarda forse 5.000 persone. Tuttavia, la verità è che molti preferiscono ancora contrastare il vicino litigioso, piuttosto che affrontare il problema alla radice. Mi riferisco a ciò che hai detto tu, ovvero alla connivenza tra alcuni cittadini e una politica omertosa.
Dal punto di vista scenico, il corteo è partito il sabato pomeriggio dalla Pretura, chiusa per l’assenza della magistratura, per arrivare al Comune di Ischia, anch’esso chiuso di sabato pomeriggio, segno di una politica altrettanto assente. Poi sono intervenuti tre sindaci – anzi, quattro, incluso il sindaco di Procida – e hanno espresso le loro posizioni. Ma la verità è un’altra: i sindaci avrebbero dovuto essere in testa al corteo. In quanto ufficiali di governo, se davvero vogliono assumersi la responsabilità politica di questa battaglia, non devono semplicemente partecipare: dovrebbero annunciare le proprie dimissioni. Perché, se si vuole davvero cambiare qualcosa, occorre mettersi in gioco fino in fondo.
Qual è l’alternativa? Quarant’anni di immobilismo hanno prodotto un accumulo di sentenze e un effetto domino giuridico ingestibile. La magistratura sta agendo rapidamente, senza margini di trattativa: una resa senza condizioni. Se il problema viene posto seriamente al Parlamento, bisogna dire chiaramente che a Ischia, Procida e Capri manca un governo locale e potrebbe non essere possibile indire nuove elezioni. Questo è fondamentale.
Un altro punto, che non è alternativo ma complementare, è cambiare l’approccio. Non si può partire dalla povera gente. Gratteri sta procedendo seguendo un calendario dettato dalle date delle sentenze. Ma un Comune, se volesse, potrebbe stabilire un calendario di equità, decidendo di iniziare dalle demolizioni delle grandi speculazioni edilizie, lasciando un minimo di respiro alle famiglie che hanno costruito per necessità. Tutto questo, però, non è stato fatto.
La magistratura sta agendo con determinazione, come dimostra chiaramente il video – che probabilmente anche tu hai visto – dell’incontro tra Gratteri e i sindaci. In quell’occasione, Gratteri ha detto chiaramente: Abbiamo firmato un protocollo e io sto procedendo. Sono arrivato qui nell’ottobre 2023 e ho già fatto delle cose. Voi, che siete qui da molto più tempo, cosa avete fatto? In termini chiari, questa è una “proposta che non si può rifiutare”: o firmi il protocollo, o subisci le conseguenze. È stata una decisione dura imposta a chi non ha voluto assumersi le proprie responsabilità. I sindaci ischitani, passati e presenti, hanno amministrato senza affrontare la questione del condono edilizio. Se finalmente decidessero di prendere l’iniziativa, sarei al loro fianco, perché significherebbe risolvere il problema senza penalizzare i più deboli”.
Su questo argomento hai anticipato quella che sarebbe stata la mia seconda domanda. Situazioni simili sono accadute anche 15 anni fa. Ricordo bene quando De Chiara era alla guida della Procura di Napoli. Fu allora che, dopo 35 anni di immobilismo, ci svegliammo improvvisamente: le ordinanze di demolizione iniziarono a essere eseguite e le case vennero abbattute…
“Nell’esperienza con Bruno Molinaro, che ti ha raccontato almeno tre demolizioni, possiamo dire che ce ne siano state 3 o 4 in totale. Poi ci sono anche quelle eseguite dal Comune, ma di queste non si parla quasi mai, perché sono talmente rare da risultare irrilevanti.”
Oggi, peraltro, alcune demolizioni ti riguardano anche indirettamente, perché segui gli sviluppi di ordinanze emesse dall’ufficio tecnico. Ma la vera domanda è: quando si inizia davvero a dire basta all’abusivismo?
“Questa domanda dovrebbe essere ovvia, ma qualsiasi risposta sarebbe rischiosa. Avresti potuto farmela subito dopo l’entrata in vigore della legge 47/85. All’epoca, molti pensavano che avrebbe eliminato l’abusivismo e migliorato la pianificazione urbanistica. In realtà, nulla è cambiato. L’isola ha continuato senza un piano regolatore serio. La nostra pianificazione urbanistica è ancora obsoleta e inefficace. La mancanza di regolamentazione chiara porta all’abusivismo, creando incertezza permanente. Questo genera malessere, aggravato dal fatto che viviamo quasi esclusivamente di turismo, dove l’immagine del territorio è fondamentale.
Se Ischia viene etichettata come l’isola degli abusivi, chi si preoccupa? Certamente la signora Maria Grazia, che sta vivendo una situazione difficile, ma anche gli albergatori. Lo stesso accade quando si discute della sicurezza sismica degli edifici a Ischia: gli albergatori temono ripercussioni sul turismo. E quando si solleva il tema del rischio idrogeologico, come a Casamicciola, ancora una volta sono gli albergatori ad essere preoccupati. Qual è il risultato? Questa attenzione per l’immagine turistica ha spinto i professionisti del settore a adottare una strategia: minimizzare i problemi nella speranza che non vengano evidenziati. Il problema è che oggi ci sono molte questioni da affrontare. Le difficoltà stanno emergendo in tutti i settori. Ora stiamo parlando di abbattimenti e abusivismo, ma esiste un problema più grande: la messa in sicurezza del territorio.
Ora tutti si affannano a fare dichiarazioni ottimistiche: riusciremo a risolvere, abbiamo i fondi necessari… Ma la verità è un’altra. Il Commissario di Governo dispone attualmente di circa 300 milioni di euro tra fondi già spesi e quelli ancora disponibili. Tuttavia, nei documenti ufficiali consegnati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la stima delle opere necessarie ammonta a circa 1,3 miliardi di euro.
Non c’è amministratore che non sappia che un miliardo di euro, per un territorio come Casamicciola, Forio e Lacco Ameno, arriverà – se tutto va bene – nell’arco di vent’anni. Vent’anni! Quindi è inutile dire: con un miliardo di euro risolveremo il problema. Un miliardo spalmato su vent’anni significa 50 milioni di euro all’anno. Con questa cifra, ammesso che si riesca effettivamente a spenderla con continuità, il problema potrà forse essere risolto tra vent’anni. In parallelo a questo tema, emergono altri segnali di malessere, vere e proprie metastasi della situazione attuale.
Ho partecipato a sei incontri e da questi incontri è emersa una mappatura dettagliata delle criticità dell’isola. A Casamicciola, ad esempio, servirebbe più di un miliardo di euro solo per riparare i danni già subiti e adottare misure di prevenzione per eventi futuri. E questo riguarda un fenomeno circoscritto!
Ma i problemi sono diffusi in tutta l’isola, e nei Comuni che non hanno ricevuto neanche un euro per interventi preventivi la situazione è ancora più grave. Viviamo su un’isola con una criticità strutturale enorme, ma, come direbbe tuo padre, abbiamo le cipolle davanti agli occhi: non vediamo – o non vogliamo vedere – questi problemi per salvaguardare la cosiddetta immagine turistica di Ischia. Questo atteggiamento è suicida. Alla lunga, porterà a conseguenze devastanti”.
Restando sull’aspetto politico e considerando che la politica va sempre valutata in base alle condizioni del momento, ti pongo una domanda per cercare di capire e spiegare anche a chi ci segue. Oggi un governo di centrodestra che, con Berlusconi, varò l’ultimo condono edilizio nel 2003 e che da sempre alza il vessillo del diritto alla casa, in contrapposizione alla cosiddetta demolitoria ambientalista del Partito Democratico. Il governo Meloni è in continuo scontro con la magistratura su tutti i fronti. Ma allora, come potrebbero bloccare le demolizioni? Quando e in quali casi potrebbero intervenire?
“Sicuramente sì, ma si tratta di condizioni politiche. La politica, a volte, si arroga ruoli con una prepotenza quasi da bullismo. Pensa, per esempio, a ciò che è successo ieri alla Casa Bianca: a un leader viene detto di accettare una proposta senza alternative, mentre a Gerusalemme si parla di deportare intere popolazioni trasformando Gaza in Gaza Beach. Anche questa è politica.
Ora, se la politica può arrogarsi il diritto di compiere atti di tale violenza, perché non dovrebbe poter dire: Scendiamo in campo per chiudere definitivamente una situazione di sofferenza? Si potrebbero anche fare dei distinguo, certo, ma il punto è che oggi in Italia la sinistra fatica a trovare respiro, mentre la destra si mostra aggressiva nei proclami, viaggia fino a Washington per omaggiare Trump, ma poi, quando deve prendere decisioni concrete, diventa prudente e scarica la responsabilità sulla sinistra. La sinistra, però, c’è o non c’è? Se non c’è, non può essere una scusa.
Se c’è, allora ognuno deve assumersi le proprie responsabilità senza cercare alibi.
A Ischia è stata presentata una mozione o un provvedimento di legge tramite un valido legale. Il problema risiede nel fatto che la richiesta viene avanzata dal legale a Zinzi, mentre dovrebbe essere Zinzi a rivolgersi al legale. Questa inversione dei ruoli indica che la politica ha perso parte della sua capacità di iniziativa. Quando la politica non svolge la sua funzione, si crea un vuoto. La politica serve la comunità. Eventuali provvedimenti dovrebbero essere attuati prontamente. Successivamente, si vedrà come reagiranno il PD e il Movimento 5 Stelle. Ogni partito dovrà assumersi le proprie responsabilità senza cercare giustificazioni preventive.
Durante la pandemia, i sindaci risposero a me con documenti ufficiali, non tra le righe. Io, in quel momento, ero convinto – e forse è solo una mia presunzione – che una soluzione sarebbe passata. Perché? Perché in uno Stato che investe miliardi nel PNRR, parlando di resilienza e ripresa, quello sarebbe stato il momento giusto per risolvere un problema che aveva anche un impatto economico significativo. A volte, perdere l’attimo significa perdere l’occasione di risolvere un problema. È come quando si dice: hai perso il panaro – l’opportunità è scivolata via”.
Fino ad oggi come abbiamo gestito la comunicazione sulla questione degli abbattimenti?
“La questione mediatica che ruota attorno al concetto di abusivismo di necessità non è affatto recente. Questa narrazione ha almeno settant’anni di storia. Da sempre, che io ricordi, quando ero un ragazzo e sedevo nei Consigli comunali – su sponde politiche opposte rispetto a tuo padre – si parlava di abusivismo della povera gente, definendolo di necessità. L’idea era che fosse una conseguenza della mancanza di una pianificazione adeguata.
In una fase intermedia, ci fu un tentativo di risposta: nel Comune si cercò di affrontare il problema delle case popolari, con un progetto che arrivava dal Cilento e dalla Campania. Fu promosso dall’amministrazione Mazzella, ma fu l’opposizione – quindi noi – a chiederne l’inserimento all’ordine del giorno.
Dunque, necessità, necessità, necessità. Ma alla fine, questa giustificazione si è stratificata fino a creare un’enorme massa di abusi. E, sebbene la maggior parte possa rientrare in quelli di necessità, accanto ad essi sono proliferati anche quelli speculativi. Ed è qui il punto: il problema è diventato enorme, e forse l’unica cosa che i media dovrebbero davvero fare – e che fino ad oggi hanno fatto solo in parte – è pungolare i sindaci, costringendoli ad assumersi le loro responsabilità. Non possono più limitarsi ad accompagnare, con toni pietistici, il pianto di chi oggi si trova in una situazione drammatica. Dobbiamo essere solidali, certo, ma senza perdere lucidità. A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.
I sindaci devono fare la loro parte, fino in fondo. A me dà molto fastidio la mancanza di chiarezza. E so bene che con queste parole mi attirerò molte antipatie, ma non mi interessa. Mi riferisco a quei sindaci che intervengono nelle piazze con discorsi di solidarietà e vicinanza, ma che in realtà non fanno nulla di concreto. È pura ipocrisia. Se vogliono davvero salvare la faccia, allora devono mettersi in gioco. Devono agire. Altrimenti, che non facciano i sepolcri imbiancati. Nessuno ci crede più.”