Non avevo mai sentito negli oltre 45 anni di carriera, ma anche da prima, definire Stabilimento un Ospedale, piccolo o grande che fosse. Quando ho letto questa singolare espressione riferita all’Ospedale di Procida mi sono ancora più convinto di come sia vergognosamente sbagliato e profondamente fuori luogo considerare azienda un ospedale. Ricordo a tutti i nostri politici e a chi amministra la sanità, che nella definizione del vocabolario Treccani lo stabilimento è: “edificio o complesso di edifici dotato di particolari impianti, attrezzature e servizî, per rispondere a determinate utilizzazioni e attività produttive”.
Dunque si definisce stabilimento un luogo dove vengono prodotti servizi o merci, o svolte attività produttive al servizio della collettività. Ed allora si deduce che nello stabilimento ospedaliero vengano svolte attività produttive, cioè erogate prestazioni che devono avere come finalità quella di produrre ricchezza e in questo luogo gli infermieri sono gli operai, i medici i capo reparto e gli ammalati la merce prodotta. E ci risiamo si ritorna, anche con protervia, a voler definire gli ospedali aziende produttive, quando il prodotto che esse erogano e, dovrebbero erogare, è di fatto un dovere dello stato e un diritto del cittadino sancito in costituzione. Non so quante volte l’ho detto e ripetuto, non può essere una struttura ospedaliera una azienda che produce reddito, enon importa se le attività che eroga siano in perdita, poiché è lo “stabilimento” che produce e garantisce la salute, bene assoluto e non mercificabile.
Partendo da queste considerazioni si comprende come, allo stato, la classe politica che ci governa, con i suoi rappresentati a tutti i livelli, non ha ancora compreso bene l’assoluta priorità che deve rappresentare la sanità, poiché la salute garantisce stabilità, benessere e capacità produttiva di uno stato. Se ospedale ci deve essere sulla nostra Isola questo non può e non deve essere considerato una sorta di stabilimento che produce alcuni servizi, magari qualcuno oramai anche a pagamento, deve avere la dignità di struttura destinata alla salvaguardia della salute della comunità e, come tale, va attrezzata in modo idoneo commisurandola alle necessità del territorio.
Non si può tener conto, come nell’azienda o nello stabilimento, se esso produce reddito o addirittura sia in perdita. In questo cosiddetto stabilimento non si produce merce o beni o servizi di consumo, ma si costruisce la base affinché in altri luoghi, appositamente realizzati e per questo denominati stabilimenti, si possano continuare a produrre, con uomini e donne sani, beni utili alla crescita e sviluppo della società. Io non so chi guiderà nei prossimi anni la Nazione e la Regione, detentrice quest’ultima della gestione sanitaria, ma chiunque sia deve imparare la terminologia che usa, poiché le parole hanno un significato preciso e per questo devono essere utilizzate con grande attenzione. Per far funzionare un ospedale di qualunque dimensione esso sia, è necessario, oltre ad un minimo di attrezzatura base, un organico di infermieri, tecnici, e personale medico che garantisca la continuità e la stabilità del servizio. Non sarà certo la nomina di un dirigente, sia pur dotato di grandi capacità e professionalità, a poter da solo risolvere una problematica complessa ed articolata.
Bisogna che, la si smetta di girare intorno in una sorta di carosello che impegna tempo, per evitare di affrontare in maniera chiara e definitiva la destinazione che si vuol dare alla struttura ospedaliera. E’ una zona disagiata, un’Isola, che ha il diritto/dovere di avere una struttura sanitaria funzionate ed efficiente. E la Regione e lo Stato, hanno il dovere di applicare quanto sancito nella costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.