lunedì, Gennaio 6, 2025

Governo Draghi: un’esperienza che si è davvero “Esaurita”?

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GOVERNO NAZIONALE: venuto meno il patto di fiducia per Draghi non ha più senso continuare. Dal Quirinale si parla di “totale identità di vedute” tra Mattarella ed il dimissionario Premier, ma cosa accadrà davvero mercoledì?

«Per me questa esperienza è esaurita. Non ci sono le condizioni per andare avanti». E ancora: «Non avrei più l’agibilità politica per proseguire». Queste le secche dichiarazioni di Draghi durante i due colloqui al Quirinale, appena dopo aver recepito il niet del M5Stelle, tra l’altro, su di un provvedimento che davvero c’entra come i cavoli a merenda quando in ballo c’è la fiducia da accordare ad un Governo nel quale si è tra l’altro in maggioranza.

 Ad ogni modo, è così che ci è stata servita la crisi dell’esecutivo nazionale, l’ennesima di questa legislatura che davvero ricorderemo negli annali.

Le dimissioni respinte dal Colle, in verità, ancora oggi che scriviamo, sembra che cambieranno lo stato di fatto in cui ci ha precipitato il M5Stelle davvero poco o nulla ed è anche per questo che il discorso di mercoledì 20 luglio, quello del dimissionario Draghi, è atteso con il fiato sospeso, nella speranza che non se ne vada, almeno per il bene dell’Italia, quand’anche, purtroppo, tutto lasci intendere che il rifiuto ad andare avanti in ogni caso sarà confermato.

Eppure, dal Quirinale parlano di «totale identità di vedute» tra Mattarella e Draghi e di nessun contrasto quand’anche i retroscena raccontino una storia diversa,diun colloquio «teso, a tratti anche ruvido», e puntano dunque sulla caduta definitiva, domani, mercoledì, con lo spettro delle elezioni già il 10 ottobre.

 A Mattarella, Draghi avrebbe spiegato che i ricatti e i distinguo della maggioranza di unità nazionale non possono continuare. Il primo colloquio, per lo più interlocutorio, ricordiamo che è avvenuto nonostante il Senato gli stesse appena confermando la fiducia, e ciò rileva quanto la crisi di governo di cui stiamo parlando sia in realtà extraparlamentare.  Draghi tra l’altro, ha preso la parola dinanzi ai ministri solo per leggere la dichiarazione “il patto di fiducia è venuto meno, non si può più continuare”.

Giusto il tempo di ricevere un applauso ed era già di nuovo al Colle, stavolta per consegnare le dimissioni, quelle poi respinte da Mattarella, anche nella speranza che alcuni giorni di ulteriore riflessione, anche da parte dei partiti, potessero e possano ancora portare ad un esito diverso per evitare la fine della legislatura. Magari una «cesura» chiara, e poi un Draghi bis?  

Fonti certe non dubitano: Draghi vorrebbe confermare le dimissioni e definirle “irrevocabili” nel suo discorso prima del voto di mercoledì.

Oltre il M5s infatti, anche la Lega di Salvini sta creando non pochi problemi con la richiesta ultima di uno scostamento di bilancio pari a 50 miliardi che sa più di provocazione che di altro! 

Il capo del governo, tra l’altro, è anche «disgustato» dai «ripensamenti tardivi» e dai «bizantinismi e alchimie» che si stanno susseguendo in queste ore da parte del M5Stelle.

Così, ad un giorno da quello che è stato a buona ragione definito il Giorno del Giudizio’, cioè le comunicazioni del premier, Mario Draghi, alle Camere, prima al Senatodella Repubblica (in mattinata) e poi alla Cameradei Deputati, la situazione è più caotica che mai.

Due i sentimenti contrapposti: quello dei ‘pessimisti’ e quello degli ‘ottimisti’.

“Per i primi, i ‘pessimisti’, non ci sono santi. Draghi è irremovibile, venendo a mancare un partito che ritiene fondamentale nell’azione del suo governo, il M5s(che, ripetiamo, sul dl Aiuti, si è astenuto, nel voto di fiducia uscendo dall’Aula e non partecipando al voto), intende rassegnaredimissioni per lui irrevocabili. Diciamo anche che questo è il sentimento che promana sia da Palazzo Chigi che dal Quirinale, “nonostante le molte pressioni che il ‘vincolo esterno’ (le dichiarazioni, a batteria, di Ue, Nato, Usa, i mercati interni e internazionali, le dichiarazioni, doppiamente ostili, della Russia, gli appelli dell’opinione pubblica internazionale e delle principali cancellerie europee ed estere che urlano tutte, all’unisono ‘Mario, please, dont’go’) e il ‘vincolo interno’ (le similari dichiarazioni di Confindustria, sindacati, imprese, associazioni, petizioni di cittadini, sindaci, governatori, Cei) stanno esercitando affinché Draghi resti dov’è.

Per quel che concerne i sentimenti dei gruppi politici, dei partiti e dei leader che possono confermare, o togliere, lafiducia al governo, ebbene, sono piuttosto confuse e contraddittorie, ancora in queste ultime ore. Il M5 Stelle sta tentando di girare la colpa della rottura al premier stesso rilanciando i famosi ‘nove punti’ presentatigli come ‘prezzo’ del mantenimento dell’appoggio al suo governo e che, nonostante la frattura interna, ormai sempre più evidente, tra ‘falchi’ e ‘colombe’, non riesce a dire una parola chiara che sia una se vuole, o meno, togliergli l’appoggio e passare all’opposizione oppure restare al governo. Il Centro destra di governo invece, da un lato, dice di voler andare avanti con Draghi, dall’altro dice di no al governo con i 5Stelle e, dall’altro ancora, fa sapere di non temere le urne.

Al netto della posizione della Melonie di FdI, che urla tutti i giorni perché si voti al più presto e della posizione del Pdche chiede di mantenere l’attuale formula di governo, cioè con i 5Stelle dentro, come se non fosse successo niente e si potesse andare avanti come prima (cioè, male, tra strappi, ricatti, ultimatum) mentre il centrodestra neppure si sogna di farlo, anche i gruppi centristi minori (Iv di Renzi, Azione di Calenda, +Europa di Bonino, Ipf di Di Maio, Noi con l’Italia di Lupi, l’Udc di Cesa, Vinciamo Italia di Toti e Quagliariello, etc etc) dicono sì di volere che Draghi resti al governo, ma con un Draghi bis che escluda i 5Stelle.

Come dar torto dunque a Draghi? In questo “casino”, ma cosa potrebbe mai fare se non dimettersi?

Ecco perché il Colle si starebbe già‘attrezzando’, in vista del sempre più probabile voto anticipato.

Gli ‘ottimisti’ ad oltranza pensano invece che pur di evitare di fare la figura dello ‘Schettino che abbandona la nave’, come gli viene ventilato da molti ambienti (Colle in testa), Draghi si “piegherà” a un Draghi bis o, meglio ancora, “a un Draghi Uno che resta tale, pur se dopo un rimpasto per sostituire almeno metà della squadra e della delegazione dei 5Stelle che, o per scelta endogena (passaggio all’opposizione) o per scelta esogena (la volontà degli altri partiti, Lega-FI in testa a tutti, ma anche molti altri…), andrebbero a casa o, forse, all’appoggio esterno”. L’appello dei sindaci, non a caso, lo avrebbe colpito e poi, vogliamo mettere anche la scissione dei 5Stelle?  Si tratta, in quest’ultimo caso di un ‘fatto politico’ evidente” che potrebbe ‘mettere in difficoltà’, in senso positivo, sia il centrodestra di governo (Lega-FI) che gli altri gruppi minori, oltre che, ovviamente, il Pd, ma soprattutto lo stesso Draghi che, a quel punto, deciderebbe di andare avanti “per il bene del Paese, per portare a compimento la legislatura, varare la manovra, completare le riforme in itinere, attuare il PNRR e poco altro”, non fosse altro che le elezioni si terrebbero, in ogni caso, non oltre il marzo 2023.

Cosa accadrà dunque domani?

Questi gli scenari possibili:

Scenario 1: non cambia niente. Le forze politiche dell’attuale maggioranza – a partire da M5s – dichiarano di essere pronte a mantenere il sostegno al governo, Draghi ne prende atto e accetta di rimanere a Palazzo Chigi.  

Scenario 2: Draghi bis. Il premier si dimette ma riceve un nuovo mandato dal Capo dello Stato per formare il Governo che potrebbe avere la stessa maggioranza oppure una diversa, più o meno ristretta.

Scenario 3: nuovo governo senza Draghi. Il premier conferma di non voler proseguire, si dimette e Mattarella dà l’incarico a qualcun altro per completare almeno la legge di Bilancio e arrivare quindi a fine anno.

Scenario 4: elezioni il 25 settembre. Draghi conferma che non ci sono più le condizioni per proseguire. Il Capo dello Stato ne prende atto e scioglie le Camere. Il Governo rimane in carica con il premier attuale per gestire quella che viene definita “ordinaria amministrazione”. Ma visto che siamo in un momento straordinario questa ordinarietà consentirà di approvare decreti legge e presentare la nota di aggiornamento del Def se non la stessa legge di Bilancio. Prima che infatti si insedi il nuovo parlamento e poi il nuovo occorrerà a voler essere ottimisti un mese e mezzo e quindi Draghi resterebbe premier fino a novembre.

Noi confermiamo che al momento, quest’ultima, è purtroppo, davvero, l’ipotesi più accreditata, eppure, in politica, sappiamo bene che le cose possono cambiare da un momento all’altro e noi, ce lo auguriamo davvero!

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