sabato, Dicembre 21, 2024

Guerra al Fortino, Elvira Serpico e Maria Romano: «Demolire gli abusi di Giuseppe Serpico!»

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Si lamenta che dopo otto anni l’ordinanza del 2016 non è stata ancora eseguita nonostante il rigetto per rinuncia del ricorso al Tar. Lasciando le opere abusive «nella piena disponibilità della sig.ra Serpico Raffaella che ne continua a godere». Invocata la competenza della Prefettura e della Regione

La guerra del Fortino tra i Serpico e i Romani che vi abbiamo raccontato in questi giorni attraverso gli atti prodotti dai Serpico si completa con la contro narrazione e con le ragioni che, invece, rivendicano Elvira Serpico e Rosa Romano.
Come rimarcato ieri, tuttavia, è il caso di ricordare al lettore che questa vicenda viene approfondita, in particolare, per il suo aspetto politico. Che in questo caso è addirittura doppio. Da un lato c’è il ruolo del consigliere comunale di maggioranza, Salvatore Serpico, e dall’altro l’agire della pubblica amministrazione, delle sue modalità di ingaggio e delle scelte che assume.

LE RAGIONI E DOGLIANZE DEI ROMANO
La scintilla che ha riattizzato il fuoco della guerra familiare al Fortino è l’atto stragiudiziale di diffida e messa in mora a firma di Elvira Serpico e Maria Romano indirizzato al prefetto di Napoli dott. Michele Di Bari, alla Regione Campania – Area Generale di Coordinamento Governo del Territorio in persona del dirigente dott. Alberto Romeo Gentile e al Comune di Forio in persona del sindaco. Una iniziativa per ottenere l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione adottata nel 2016 nei confronti di Giuseppe Serpico e a seguito della quale il prefetto avrebbe intimato all’Utc di provvedere.

Nell’atto si evidenzia che «le istanti sono proprietarie per atto di donazione ed usufruttuarie dell’appartamento sottostante l’appartamento del sig. Serpico Giuseppe, oggi donato alla sig.ra Serpico Raffaella».
Quindi si ripercorrono i fatti: «Con ordinanza di demolizione nr. 190 del 06/10/2016, l’Ufficio Tecnico V settore del Comune di Forio, nella persona del responsabile arch. Gianpiero Lamonica, ordinava al sig. Serpico Giuseppe di demolire a sue cure e spese le opere abusive accertate con verbale di PM del 15/02/2016 e più precisamente nella parte retrostante del piano terra del fabbricato risulta un ampliamento di mq 12.00 alto mt 3 circa, costituito da muratura, con ampie vetrate, con tettoia e copertura in zinco coibentato rifinito ed adibito a locale cucina. Nel giardino a poca distanza dal fabbricato risulta un manufatto rifinito di mq 13,00 circa ed alto mt 3.00 circa adibito a deposito, sul vano porta è apposto un aggetto protettivo in legno e tegole. Il suddetto ampliamento non veniva riportato nei grafici allegati alla concessione edilizia in sanatoria rilasciata in data 17/10/1990 al sig. Serpico per il solo piano terra del fabbricato posto su tre livelli. Contro la ordinanza il Serpico ricorreva al Tar, con ricorso notificato al Comune in data 9/12/2016, senza chiedere alcun provvedimento di natura cautelare».

ISTANZA DI SANATORIA “DILATORIA”
Il racconto dei fatti prosegue: «Sempre al solo scopo dilatorio, in pari data 9/12/2016, il Serpico depositava richiesta di autorizzazione in sanatoria ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001, costituita soltanto da una paginetta senza alcuna allegazione di natura tecnica e né fotografica; Con diffida, ai sensi dell’art. 328 II comma cp, del 27/12/2016, la sig.ra Serpico Elvira diffidava il Responsabile dell’Ufficio Tecnico arch. Gianpiero Lamonica, a rigettare l’istanza di sanatoria ed alla esecuzione della ordinanza di demolizione nr 190-2016. Con nota del 1/03/2017 il detto arch. Lamonica riscontrava la diffida affermando la presenza del condono e precisando che nel caso de quo non era applicabile l’art. 36 del DPR 380/2001, in relazione al quale era stata presentata la domanda di sanatoria. Nulla diceva in relazione alla esecuzione della ordinanza di demolizione, facendo intendere che fino all’esito del giudizio si sarebbe potuto procedere alla demolizione.

Nelle more si concludeva il procedimento innanzi al Tar Campania con decreto decisorio reso nel giudizio 2017, già notificato all’Ente, con il quale veniva rigettato per rinuncia del ricorrente il ricorso promosso. Il responsabile del procedimento arch. Lamonica con nota del 12.03.2018 dava avvio al procedimento e chiedeva al responsabile del III settore finanziario dott. Vincenzo Rando la somma di euro 6.000 per l’esecuzione in danno di demolizione di piccoli abusi sottoposti a ordinanza non ottemperata. Il suddetto arch. Lamonica con prot. del 21.05.2018, comunicava l’avvio del procedimento atto alla ricerca di ditte per l’esecuzione della demolizione di cui all’ordinanza n. 190/2016».

SILURI ALL’AMMINISTRAZIONE FORIANA
Si lamenta che però non si è dato luogo all’esecuzione: «L’istante ha più volte invitato e diffidato il Comune a procedere alla demolizione delle opere abusive per le quali, nonostante siano trascorsi ben 6 anni dalla ordinanza, ad oggi sono nella piena disponibilità della sig.ra Serpico Raffaella che ne continua a godere. L’ordinanza di demolizione è stata adottata ai sensi dell’art. 27 del DPR 380/2001 che regolava la cosiddetta demolizione d’ufficio ed immediata prevista per quelle opere che sono di particolare gravità per l’assetto territoriale e per le quali l’interesse pubblico richiede la immediata demolizione.

La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che con la c.d. demolizione d’ufficio si procede ad un immediato intervento demolitorio, effettuato d’ufficio sul solo presupposto della presenza sul territorio di un immobile abusivo che prescinde da qualsiasi accertamento di responsabilità ed ha come unico scopo la sua eliminazione ed il ripristino immediato dell’originario stato dei luoghi».
Nella diffida Elvira Serpico e Maria Romano non lesinano frecciatine (o veri e propri siluri) all’Amministrazione foriana: «Nonostante ciò, ad oggi il Comune è stato inerte, mantenendo un atteggiamento dilatorio e burocratico con il solo scopo di agevolare la sig.ra Serpico Raffaella, sorella del consigliere comunale avv. Salvatore Serpico, non procedendo alla demolizione delle opere.
Eppure, ci sono state plurime decisioni del competente Tar e del Consiglio di Stato che hanno ribadito la doverosità del Comune di procedere alla demolizione». E qui si cita un caso riguardante il Comune d’Ischia che non ha mancato di suscitare scalpore.

RIFIUTO DI ATTI D’UFFICIO
E sempre a proposito di casi eclatanti verificatisi sull’isola, anche qui si richiama la competenza del prefetto nonché della Regione e l’eventuale intervento dell’esercito per la demolizione: «Come è noto l’art. 41 del DPR 380/2001 ha trasferito la competenza per la demolizione, nel caso in cui il comune non vi provveda entro 180 giorni dall’accertamento dell’abuso, al Prefetto che si avvale dell’ausilio degli uffici comunali per ogni esigenza tecnico-progettuale e con il concorso con l’autorità militare del Genio Civile. Il termine di 180 giorni è ampiamente decorso (sono trascorsi 8 anni).
E’ evidente, quindi, che il Prefetto e la Regione Campania, in esecuzione di una specifica norma (art. 41 DPR 380/2001), devono assumere su di sé la iniziativa e procedere nelle forme di legge alla demolizione dell’opera».

La diffida dunque sollecita «S.E. il sig. Prefetto ed il Responsabile Area Generale di Coordinamento Governo del Territorio, Tutela Beni Paesistico-Ambientali e Culturali Settore Urbanistica della Regione Campania dott. Alberto Romeo Gentile a procedere in esecuzione dell’art. 41 DPR 380/2001 alla demolizione delle opere di cui alla ordinanza di demolizione nr. 190/2016 del Comune di Forio».
In ultimo vengono anticipate ulteriori iniziative ipotizzando eventuali responsabilità penali: «Invita e diffida i destinatari della presente a compiere gli atti del loro ufficio nel termine di 30 giorni dalla ricezione della presente e/o a comunicare nel detto termine i motivi del diniego o del ritardo, con l’avvertenza che trascorso inutilmente il detto termine si procederà nelle competenti sedi giudiziarie (penali, amministrative e civili), costituendo la presente diffida ex art. 328 II comma c.p. (rifiuto di atti d’ufficio, ndr)».
Questa iniziativa avrebbe scaturito l’intervento del prefetto scatenando la reazione della controparte.

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