MARCO TROFA | Oggi sarebbe stato il 16º compleanno del caro Michele Monti, compagno di classe e amico, scomparso, insieme alla sua famiglia e altre sette vittime, pochi minuti dopo le 05:00 di quel doloroso 26 novembre scorso.
Se, per chi non c’è più, la Fede ci consola nel farci pensare che “dall’altra parte” ci sia un Dio buono, di misericordia, dove si sperimenti il significato vero della gioia, dall’altro per noi “sopravvissuti” resta il ricordo, la nostalgia. È in queste occasioni che si pensa a quanto è stato e, soprattutto, a quanto sarebbe potuto essere.
La consolazione magra la si cerca nel portare un omaggio al cimitero, ma è proprio in quel momento che si va in cortocircuito: perché alla mia età festeggio il compleanno di un mio amico in un cimitero?
Ischia, Scoglio bello e terribile, chi ha permesso, ancora una volta, che uno dei tuoi fiori più belli venisse falciato, con violenza, lasciandoci alla ricerca vana di una ragione per ingoiare un boccone troppo amaro?
Forse siamo stati proprio tutti noi, distratti dalle nostre giornate troppo piene ma in fondo vuote di Vita.
Un Popolo di Sopravvissuti che continua a voler sopravvivere.
Perché, sì, il dolore del momento, ma poi svanisce e torniamo alla nostra attività di sopravvivenza, “tanto il problema non è mica il mio”?
Quando mi è capitato di passare, in questi ultimi giorni, per la Via della Lava o per Piazza Bagni, con violenza mi sono ritornate in mente le immagini di quando il fango copriva tutto, di quando avanzare nel fango era difficile e pesante, ma occorreva farlo perché non si poteva restare a guardare.
Ora il grosso è stato rimosso, ma, pur non essendo Casamicciolese, sento che questa terra fragile abbia fatto suo il sudore, l’affanno, la stanchezza ma anche la tenacia, la determinazione e la speranza dei suoi figli, anche adottivi, che hanno lottato contro quella melma che la ricopriva.
Sento che Casamicciola sia anche un po’ mamma: quella mamma travolta dall’ennesimo disastro ma che ci ha guardato con gli occhi di tutti quelli che, con le case piene di fango, vedendoci arrivare, senza nessuna pretesa, sapevano di poter contare su giovani e nuove braccia; quella mamma che ci ha chiesto dopo una giornata distruttiva:- Uagliù, ma ci vediamo domattina, vero?
Lei, la bella Casamicciola, che da sempre è stata mamma premurosa e accogliente, ora, in ginocchio, ha chiesto aiuto e per una buona volta si è stravolta la credenza che una mamma bastasse per cento figli e che cento figli non bastassero per una sola mamma.
All’egoismo dei grandi, non si aggiunga l’indifferenza dei giovani.
Adesso c’è il rischio che su Casamicciola scenda il fango peggiore, quello che sarà difficile da spalare: un fango di negligenza, di resa, di un falso “stiamo lavorando per voi”.
Se i grandi parlano di Comune Unico, noi iniziamo a parlare di Cuore Unico, uno solo ma grande e per tutti.
Per me, l’umanità si divide in due categorie: da una parte ci sono quelli che vedono tutto nero, che riconoscono di essere tremendi e di aver sbagliato; dall’altra ci sono quelli – e io tra loro – che conoscono uno ad uno i propri sbagli ma che sanno pure che in fondo c’è una bellezza da scoprire, c’è quel mondo migliore in cui non spera solo chi dorme il sonno della delusione.
Scopriamo, cari coetanei, il nostro ruolo nel mondo, nella tempo e nello spazio, cosicché in date come quelle di oggi il nostro regalo per Michele, per quanti hanno condiviso la medesima sorte, possa essere la devozione alla nostra Terra.
E penso a Michele. Perché Tornare a scuola ha avuto l’effetto che sapevo che sarebbe arrivato prima o poi. Varcare la porta di quell’aula fa ritornare indietro nei ricordi: quando ormai ci si era illusi che il dolore, quello più aspro e forte, fosse ormai alle spalle, ecco, come un boomerang è ritornata prepotente la nostalgia. Una scena più di tutte mi ha colpito in questa prima settimana di scuola del nuovo 2023.
Sedevo a quello che era il banco di Michele, dei due il posto accanto al suo. Ho girato lo sguardo verso la finestra e ho notato un particolare doloroso: si vede, da quel posto, in linea d’aria il cimitero di Casamicciola. Quante volte ho guardato fuori da quella finestra, quante volte dall’inizio dell’anno lo abbiamo fatto con Michele, quante volte l’ha fatto lui.
Mi si è strappato il cuore.
Ho pensato a quanto la vita sia imprevedibile e ho sentito quel posto affianco a me ancora più vuoto. Era l’ultima ora, da quel momento solo tanta nostalgia fino a sera. Nostalgia che è, come dice un caro sacerdote isolano, “tutto l’amore che resta”.
Mike, auguri fino al Cielo, con un cornetto alla nutella come quello che dividemmo il 18 ottobre scorso io, te e Daniele.
Tu non ti dimenticare noi, noi smetteremo di sopravvivere e faremo di tutto per iniziare a Vivere.