Mentre la società civile si spende per assicurare una sistemazione dignitosa agli ex utenti di Villa Orizzonte, ancora relegati nell’inadeguata Villa Stefania, la giustizia continua il suo corso. E dopo l’orientamento sfavorevole all’Asl già espresso dalla Camera di Consiglio, sulla falsariga di quanto deciso dal Tar in accoglimento ai ricorsi contro la spending review targata Ferraro, ci si avvicina alla camera di consiglio, già fissata per il prossimo 18 novembre. Nella memoria depositata a Roma dall’avvocato Bruno Molinaro per conto del Comune di Barano d’Ischia e – caso più unico che raro – del vescovo di Ischia, Pietro Lagnese, emergono tutte le contraddizioni di una lunga vicenda che potrebbe essere fortunatamente pronta al capolinea.
In ballo, naturalmente, continua ad esserci la liceità delle due ordinanza del Comune di Casamicciola Terme, che imporrebbero «di ripristinare … la destinazione d’uso preesistente all’intervento eseguito senza alcun titolo abilitativo presso la struttura turistico – ricettiva all’insegna Hotel Stefania …” (ordinanza n. 12/14) e “la cessazione immediata dell’attività” … (ordinanza n. 15/14)». E’ contro la loro esecuzione che è stato imperniato il ricorso dell’Asl Napoli 2 Nord, che ha tra l’altro eccepito il silenzio dei sindaci dell’isola allorquando andava trovata una soluzione immobiliare ad hoc per le nuove esigenze dell’azienda.
Ebbene, Molinaro eccepisce la inammissibilità dell’impugnativa che «non muove alcuna censura avverso l’ordinanza appellata». Perché, come espresso dal Tar, «le ragioni espresse nei provvedimenti non risultano efficacemente confutate da parte ricorrente, non potendo l’asserita necessità di reperire nuovi locali per lo svolgimento del proprio servizio consentire lo svolgimento della medesima in spregio alla normativa urbanistico-edilizia – poiché il servizio viene svolto in immobile a cui si cambia la destinazione d’uso nonostante che sia stato edificato abusivamente e (pertanto) privo sinanche del certificato di agibilità; – alla normativa sanitaria – per il mancato previo ottenimento dell’autorizzazione sanitaria comunale che pure era stata richiesta dalla stessa parte ricorrente con la menzionata nota prot. n. 9179 del 25.09.2013, senza che il relativo procedimento si perfezionasse a cagione della mancata produzione della suindicata documentazioni, sebbene sollecitata dall’autorità procedente».
Insomma, al netto di ogni altra valutazione l’Asl a Villa Stefania non può starci. E con lei, naturalmente, Elena e gli utenti psichiatrici.
Di più: «anche nel primo ricorso l’amministrazione appellante non ha mosso alcuna censura avverso le ordinanze comunali».
Nella sua memoria, Molinaro ribadisce poi «che l’ASL Napoli 2 Nord, contrariamente a quanto semplicemente affermato nell’atto di appello, dispone di altro immobile sito nel comune di Barano d’Ischia, il quale, per oltre un decennio, è stato utilizzato dalla medesima amministrazione come centro di assistenza per i pazienti affetti da patologie psichiatriche, ovvero come centro socio-sanitario». Il riferimento è a Villa Orizzonte. «Inoltre – aggiunge – la chiusura della struttura non determinerebbe alcun disagio alla comunità locale, in quanto l’isola d’Ischia è dotata di un efficientissimo Pronto Soccorso ubicato all’interno dell’Ospedale “A. Rizzoli” di Lacco Ameno e di altre unità di Guardia Medica ad Ischia e a Forio». Sarebbe da escludere, dunque, la «sussistenza del presupposto del pericolo attuale di un pregiudizio irreparabile». E in questo caso, il Tar Campania aveva già fissato per il 17 dicembre l’udienza di discussione dei ricorsi, «con conseguente insussistenza, anche sotto tale profilo, del pericolo di danno grave ed irreparabile».
Lapalissiani i passaggi in cui, ripercorrendo le tappe della storia recente di Villa Stefania, Molinaro sottolinea che «come riconosciuto dall’As, il complesso immobiliare di che trattasi è stato trasformato, in assenza dei prescritti titoli abilitativi, da struttura turistico-ricettiva in “unità operativa complessa di salute mentale”». E va da sé che «allorquando il mutamento di destinazione d’uso sia accompagnato dalla realizzazione di quelle opere in assenza delle quali l’immobile non può soddisfare quella diversa funzionalità che comporta il trapasso da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra, l’intervento edilizio posto in essere richiede il permesso di costruire». Che in questo caso non c’era benché sia noto che «con l’entrata in vigore della legge regionale della Campania n. 19/2001, il mutamento di destinazione d’uso accompagnato da interventi che abbia determinato il passaggio tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici, ex art. 3 e 5 d.m. n. 1444 del 1968, è soggetto al preventivo rilascio del permesso di costruire».
Di più: il territorio di Casamicciola è assoggettato a vincolo paesaggistico, motivo per il quale – oltre al permesso di costruire – l’amministrazione ricorrente avrebbe dovuto acquisire anche l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42/04. Tutto questo senza contare che « il complesso immobiliare in questione è oggetto di domanda di condono edilizio non ancora evasa dal comune di Casamicciola Terme». E’ un immobile in parte abusivo, per il quale l’eventuale prosecuzione di lavori, ma ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge: «presso i fabbricati oggetto di domanda di condono edilizio, sono ammissibili solo gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria finalizzati alla conservazione della loro funzionalità». Nel caso di Villa Stefania, «l’amministrazione comunale non avrebbe mai potuto assentire il mutamento di destinazione d’uso dell’Hotel Stefania, trasformandolo in struttura sanitaria, senza prima evadere le istanze di condono edilizio tuttora pendenti».
Molinaro aggiunge che «il complesso, sebbene interessato da un intervento di ristrutturazione edilizia in assenza dei prescritti titoli abilitativi, difetta, allo stato, anche della prescritta certificazione di agibilità», il che «indica la mancata verifica della sussistenza delle condizioni di sicurezza, d’igiene e di salubrità» e pertanto «non può non riflettere i suoi effetti sull’uso a cui l’edificio è destinato, attese le finalità di sicurezza a cui il rilascio del certificato è preordinato».
Nel dicembre del 2013, sempre secondo il legale, il Comune di Casamicciola avrebbe peraltro comunicato all’Asl l’avvio del procedimento finalizzato alla verifica della sussistenza dei prescritti titoli abilitativi relativamente al constatato mutamento dell’originaria destinazione d’uso del complesso di che trattasi.
L’Asl non avrebbe in alcun modo riscontrato la comunicazione, «ritenendo – erroneamente – di poter avviare la propria attività all’interno dell’immobile senza acquisire alcuna autorizzazione comunale». Un silenzio assenso che non vale «allorché manchi il presupposto stesso per il rilascio del certificato di agibilità, costituito dal carattere non abusivo del fabbricato in relazione al quale sia stata presentata l’istanza». Serve altro?