La POLPA E L’OSSO di Francesco Rispoli | L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia, ma all’interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva.
I. Calvino, Lezioni americane, 1988
Tre cose sconnesse nel titolo?
Il COLIBRÍ è un minuscolo uccello che in un secondo batte 80 volte le ali per rimanere dov’è.
Per il PRINCIPE DI SALINA, il Gattopardo: “bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’è”.
GENNARO ESPOSITO è il nome più comune a Napoli. Un ablativo assoluto e terribile: januario exposito, il bambino lasciato alla porta dell’Annunziata dalla madre che non poteva sostenerlo. Ma Esposito è anche ex-positus, fuori posizione, come nel camminare, quando non sono più fermo “positus”. Così camminare è un equilibrio che nasce da una successione di squilibri!
Proviamo a leggere un brano di Octavio Paz: «il modo di operare del pensiero poetico è l’immaginazione ed essa consiste, essenzialmente, nella facoltà di mettere in relazione realtà opposte o dissimili. Tutte le forme poetiche e tutte le figure del linguaggio possiedono un tratto comune: cercano e, con frequenza, scoprono similitudini occulte fra oggetti differenti. Nei casi più estremi, uniscono gli opposti. Comparazioni, analogie, metafore, metonimie e le altre risorse della poesia: tutte tendono a produrre immagini in cui vengano ad incontrarsi questo e quello, l’uno e l’altro, i molti e l’uno. L’operazione poetica concepisce il linguaggio come un universo animato, percorso da una duplice corrente di attrazione e repulsione.
Nel linguaggio si riproducono le lotte e le unioni, gli amori e le separazioni degli astri e delle cellule, degli atomi e degli uomini. Ogni poesia, qualunque sia il suo tema, la sua forma e le idee che la informano è prima di tutto e soprattutto un piccolo cosmo animato. Una poesia riflette la solidarietà delle ‘diecimila cose che compongono l’universo’, come dicevano gli antichi cinesi» (A che serve un poeta nel Duemila, 1992).
