sabato, Aprile 19, 2025

Il Consiglio di Stato cambia rotta: nuovo principio sulle concessioni in sanatoria

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Il Tar sbaglia nella “guerra” tra dirimpettai a Procida. Tutto da rifare. Il Consiglio di Stato annulla la sentenza e rinvia la causa ai giudici di primo grado. I ricorrenti difesi dall’avv. Bruno Molinaro avevano impugnato il permesso di costruire in sanatoria rilasciato nel 2015 e l’autorizzazione paesaggistica per l’apertura di un varco carrabile poi chiuso dalla controinteressata. L’errore nella decisione appellata riguarda l’aver dichiarato la tardività del ricorso rispetto al rilascio del condono, mal interpretando i fatti e i principi che regolano la materia

Prologo. Importante svolta giurisprudenziale in materia urbanistica. La recente decisione, il Consiglio di Stato ha stabilito che il termine per impugnare una concessione in sanatoria – come nel caso di un condono edilizio – non decorre dalla pubblicazione all’albo pretorio del provvedimento, ma dal momento in cui il ricorrente ne ha piena conoscenza. Un chiarimento destinato a fare giurisprudenza, soprattutto perché smentisce quanto finora sostenuto dal TAR.
Inoltre, il Consiglio ha ribadito che l’eventuale tardività del ricorso, se sollevata dalla parte controinteressata, deve essere dimostrata in modo rigoroso. Una precisazione che rafforza le tutele dei cittadini nei confronti di atti amministrativi di difficile accesso.
Per la prima volta, viene affermato in modo netto un principio che potrebbe avere ricadute su numerosi procedimenti simili. La sentenza del TAR è stata dichiarata nulla di diritto e gli atti sono stati rinviati per una nuova decisione nel merito.
Una pronuncia innovativa, che segna un cambio di passo nella tutela del diritto alla difesa nel campo dell’edilizia e dell’urbanistica.


Tutto da rifare. Il Tar ha sbagliato nel giudicare sul contenzioso tra proprietari dirimpettai a Procida e il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza emessa nel 2021 e rinviato la causa ai giudici di primo grado.
A presentare appello i due proprietari difesi dall’avv. Bruno Molinaro, contro il Comune di Procida e la Soprintendenza Bap Sae di Napoli e Provincia, non costituiti in giudizio, mentre si è costituita la controinteressata.
Il collegio della Quarta Sezione ricapitola i fatti: «La controinteressata otteneva dal Comune di Procida dapprima il permesso di costruire in sanatoria n. 19 del 26 febbraio 2015 per interventi su corpo di fabbrica preesistente, e successivamente l’autorizzazione paesaggistica n. 47 del 5 maggio 2016 per l’apertura di un varco carrabile sull’area interessata. I ricorrenti – nella loro qualità di proprietari frontisti rispetto alla proprietà della controinteressata (segnatamente degli immobili ubicati all’interno di un’area di via Garibaldi a Procida) – impugnavano i predetti provvedimenti con ricorso notificato il 4 luglio 2016 allegando di esserne venuti a conoscenza solo a seguito di apposite istanze di accesso documentale spiegate, rispettivamente, il 5 maggio 2016 e il successivo 20 maggio».

SOPRAVVENUTA CARENZA D’INTERESSE
Quanto ai “danni” subiti: «In relazione al permesso di costruire n. 19/2015 i ricorrenti intendevano far valere una differenziata lesione in termini di deprezzamento, nonché di perdita di amenità, luminosità e panoramicità dei loro immobili. In particolare, essi deducevano come le opere condonate sarebbero state ultimate in data successiva rispetto al termine ultimo di presentazione della domanda, oltre che con una volumetria eccedente in contrasto con i vincoli paesaggistici del territorio. A tal proposito lamentavano poi anche l’incompletezza istruttoria di tale atto di condono, perché adottato in presenza di un mero parere favorevole della Soprintendenza, senza però che mai fosse stata acquisita la necessaria autorizzazione paesaggistica di recepimento, che rientra nell’esclusiva competenza del Comune procedente».

Quanto poi al contestato varco carrabile, «i ricorrenti lamentavano un pregiudizio diretto alle proprie prerogative dominicali, dal momento che l’opera consisteva in un passaggio da realizzarsi su terreni di loro proprietà, senza che avessero prestato alcun consenso al riguardo».
Sta di fatto che nelle more del giudizio di primo grado il varco carrabile di cui al secondo provvedimento impugnato veniva definitivamente chiuso dalla controinteressata.
Il Tar a questo punto dichiarava il ricorso in parte irricevibile e in parte improcedibile. Ovviamente, per quanto riguarda il varco carrabile, accertava la sopravvenuta carenza d’interesse.

LE MOTIVAZIONI DEL RITARDO
L’errore da parte del Tar è arrivato in relazione alla impugnazione del permesso di costruire in sanatoria, avendo condiviso l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla controinteressata. Rilevando che il titolo edilizio era stato rilasciato più di un anno prima rispetto alla notifica del ricorso (avvenuta il 4 luglio 2016) «e che l’allegazione dei ricorrenti di essere venuti a conoscenza dell’atto solamente in seguito ad un’istanza di accesso documentale ex art. 22 L. 241/1990 non era stata adeguatamente comprovata tramite appositi documenti».

Per il Tar era applicabile «il principio secondo cui quando l’atto venga impugnato a distanza di tempo dalla sua adozione, il ricorrente – anche se non notificatario dell’atto impugnato – è tenuto a illustrare con sufficiente chiarezza le ragioni del ritardo, senza potersi limitare a richiamare genericamente domande di accesso. Secondo la ricostruzione del giudice, solo a seguito di specifica eccezione di controparte i ricorrenti avevano depositato le copie di due domande di accesso, peraltro irrilevanti nel caso di specie (perché riguardavano la S.C.I.A. e l’autorizzazione paesaggistica relativa al varco carrabile, e non già il permesso di costruire in sanatoria). Viceversa, la controinteressata aveva depositato due diverse memorie, non riscontrate sul punto, in cui aveva dichiarato come i ricorrenti fossero edotti tanto degli abusi quanto del procedimento di condono in corso».

INEFFICACIA DELLA SANATORIA
Di qui l’appello che elencava i “vizi” della sentenza, evidenziando anche «la omessa pronuncia in relazione alla assorbente eccezione di inefficacia (oltre che di illegittimità sotto molteplici profili) del permesso di costruire in sanatoria n. 19/2015».
Gli appellanti hanno evidenziato «che, per pacifica giurisprudenza, grava su chi eccepisce la tardività di una impugnazione innanzi al giudice amministrativo l’onere di fornire almeno un qualche elemento specifico da cui sia possibile desumere la piena conoscenza degli atti impugnati in una data rispetto alla quale il ricorso originario risulterebbe tardivo. Peraltro, trattandosi nel caso di specie di un permesso in sanatoria – e non già di un ordinario permesso di costruire – è la stessa consapevolezza della edificazione (abusiva) che assume una connotazione differente. In ogni caso, per completezza di difesa, dichiarano che all’atto dell’iscrizione a ruolo dell’appello procederanno a depositare copia di un’apposita certificazione con cui il responsabile dell’U.T.C. di Procida attesta di aver consegnato a uno dei ricorrenti tutta la documentazione richiesta il 20 giugno 2016».

LA CONOSCENZA DEL PROVVEDIMENTO
Inoltre «nessun rilievo avrebbe il fatto che l’odierna controinteressata avesse dato specifica notizia della domanda di condono nel 2012, posto che da un lato ciò non farebbe sorgere alcun obbligo in capo agli appellanti di monitorare lo stato di tale domanda, con la conseguenza che non si avrebbe da ciò prova che essi conoscessero il provvedimento sin dalla data del suo rilascio; e comunque ciò sarebbe vero per solo per uno dei ricorrenti e non anche per l’altra, la quale non era stata in quella occasione chiamata come controinteressata».
L’appello redatto dall’avv. Molinaro ha contestato un ulteriore passaggio della sentenza di primo grado, ovvero l’affermazione «per la quale riguardo ai titoli in sanatoria – diversamente da quanto previsto per i titoli edilizi ordinari – il termine per l’impugnazione inizierebbe a decorrere non già dalla effettiva conoscenza, bensì dalla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune.

Infatti, tale impostazione sarebbe eccessivamente restrittiva e, in ogni caso, nel caso di specie non vi sarebbe stata alcuna pubblicazione all’albo pretorio del Comune di Procida relativa al permesso di costruire in questione (n. 19/2015), né la stessa risulta essere stata comprovata dalla controinteressata».
Ad ogni modo il permesso di costruire impugnato, «oltre che illegittimo sotto diversi profili, sarebbe anche inefficace per difetto della prescritta autorizzazione paesaggistica e del certificato di idoneità statica».
Censurando ancora la decisione del Tar: «Da ciò deriva l’erroneità della pronuncia di irricevibilità del ricorso, posto che il termine per l’impugnazione non potrebbe decorrere in ipotesi di titolo inefficace».

IL TERMINE DI DECADENZA
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondata la censura al capo della sentenza che ha dichiarato tardivo l’originario ricorso.
Il collegio spiega in proposito: «In linea di diritto, va ricordato che la prova della tardività dell’impugnazione di un provvedimento amministrativo deve essere rigorosa e va data dalla parte che la eccepisce, la quale è tenuta a dimostrare quale fosse effettivamente la data alla quale la controparte ha acquisito piena conoscenza dell’atto da impugnare».

Evidenziando anche una significativa differenziazione: «Con particolare riferimento al caso del titolo edilizio assentito in sanatoria, il termine per l’impugnazione decorre dalla data in cui si ha conoscenza che per una specifica opera abusiva già esistente è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria. Questa circostanza deve essere dimostrata in giudizio per far valere la tardività dell’impugnazione. È essenziale separare il regime d’impugnazione del titolo edilizio “ordinario” da quello applicabile al titolo edilizio “in sanatoria”. Nel primo caso, il termine di decadenza inizia dal completamento dei lavori, mentre nel secondo caso inizia dalla conoscenza del rilascio della concessione edilizia in sanatoria per un’opera abusiva già esistente».

Il Consiglio di Stato riporta alcuni passaggi della sentenza appellata: «In via generale va precisato che se è vero che la tardività deve essere comprovata da chi la eccepisce (circostanza che, come si vedrà, nella specie si è comunque verificata), resta il fatto che anche a prescindere dall’attività difensiva delle controparti intimate, nel caso in cui l’atto amministrativo venga impugnato a distanza di tempo dalla data della sua adozione, il ricorrente (pur se non notificatario dell’atto) è chiamato a illustrare con sufficiente chiarezza le ragioni del ritardo, senza potersi limitare a citare generiche domande di accesso e generiche risposte della PA da cui (a suo dire) avrebbero trovato avvio i relativi termini».

Il Tar aveva anche riportato: «La controinteressata ha puntualmente dedotto con due memorie del 19.10.16 e 7.5.21 (rimaste prive di riscontro scritto) che i ricorrenti ben avrebbero conosciuto – non solo l’entità degli abusi sottoposti a condono, visto che a loro dire tali abusi avrebbero causato un quotidiano e continuo impatto sul godimento della proprietà limitrofa – ma anche la pendenza stessa della domanda di condono, atteso che di tale domanda l’odierna controinteressata aveva dato specifica notizia all’interno di una prima SCIA del 2012, contestata in un pregresso giudizio avanti al Tar in cui erano parte anche gli attuali ricorrenti…».

CONOSCENZA DEL PROVVEDIMENTO FINALE
Una sentenza da bocciare. Spiega il collegio: «Se per un verso parte resistente non ha fornito alcun elemento specifico e concreto circa la conoscenza del rilascio della concessione edilizia in sanatoria per l’opera esistente, per un altro verso gli elementi individuati dal Tribunale – oltre ad essere parimenti insufficienti ai predetti fini – spingono nella direzione opposta».
Scendendo nel dettaglio: «Per ciò che concerne gli elementi posti a base della dichiarata tardività, la loro irrilevanza emerge evidente: la conoscenza degli abusi è irrilevante, essendo il presupposto non solo della richiesta sanatoria ma dello stesso potere in discussione; la conoscenza della pendenza della sanatoria è parimenti irrilevante, sia in quanto oggetto della conoscenza deve essere il provvedimento finale, sia per il consistente superamento dei termini ordinatori del procedimento (atto di sanatoria datato 26.2.15, in definizione della domanda datata 1.3.95), tale da non potersi ragionevolmente pretendere una costante attenzione allo sviluppo di un iter lungo dieci anni; parimenti la dichiarata – in altro giudizio – conoscenza della pendenza della domanda di condono rileva ai fini della prova della tardività dell’impugnazione del successivo titolo, proprio per lo iato esistente fra la mera pendenza di un procedimento (lunghissimo) e l’effettivo rilascio dell’atto conclusivo». Un accenno ai tempi intollerabilmente lunghi per la definizione delle pratiche di condono…

LE PROVE FORNITE DAGLI APPELLANTI
Dunque per i giudici di secondo grado «in assenza di qualsiasi elemento di prova della eccepita tardività, quest’ultima non può certo basarsi su mere presunzioni o generiche affermazioni, come quelle che imporrebbero al ricorrente di “illustrare con sufficiente chiarezza le ragioni del ritardo”.
Peraltro, nel caso di specie, se nessun elemento di prova della eccepita tardività è stato fornito, rispetto all’oggetto della presunta conoscenza (il titolo in sanatoria), parte ricorrente (odierna appellante) ha fornito concreti elementi concernenti la effettiva conoscenza degli atti impugnati solo a seguito di istanze di accesso del 5.5.2016 e 20.5.2016».

Il ricorso dunque non era irricevibile e resta in sospeso il giudizio sul permesso di costruire in sanatoria. Sul punto i giudici hanno applicato i principi contenuti in una sentenza del 2024 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ovvero «che l’errato accoglimento di una eccezione preliminare da parte del Giudice di prime cure, con conseguente mancato esame della vicenda controversa, impone il rinvio al primo giudice». E la stessa Adunanza plenaria ha ampliato le ipotesi di rimessione al giudice di primo grado nei casi in cui la decisione di quest’ultimo sia dichiarata nulla a seguito di impugnazione.
Come detto, all’annullamento della sentenza ha fatto seguito il rinvio della causa al Tar. Per la definizione del contenzioso occorrerà attendere ancora…

Autore

  • Gaetano Di Meglio

    Marito di Agata e papà di Martina, Valeria, Domenico ed Enzo, sono nato e vivo ad Ischia. Credo nella libertà degli uomini di poter essere liberi da ogni bisogno e necessità. Credo nel valore del giornalismo come espressione di libertà e difesa dei più deboli. Sono preconcetto contro ogni forma di potere. Ah, sono il direttore del giornale 😉

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