Nel cuore della pittoresca Marina Corricella di Procida, una lunga battaglia legale si è finalmente conclusa con una sentenza del Consiglio di Stato che segna un punto fermo a favore di Michele Pagano. Al centro della vicenda, il chiosco-bar “Felice Mare”, oggetto di un contenzioso che ha visto contrapporsi gli imprenditori locali e il Comune di Procida, con l’intervento di un commissario ad acta.
Il contenzioso e il ruolo di Michele Pagano
Tutto ha avuto inizio il 10 febbraio 2023, quando i coniugi Francesco Cerase e Maria Scotto Di Fasano, titolari del bar “Malazzè” confinante con il chiosco di Michele Pagano, denunciarono presunti abusi edilizi e occupazioni illecite di suolo pubblico da parte del vicino esercizio commerciale.
Secondo quanto riportato nella sentenza: “Gli intimanti, in particolare, esponevano di essere proprietari, in comune e “pro indiviso”, di un locale (esercizio commerciale di “bar”) all’insegna “Malazzè”, ubicato in Procida, alla via Marina Corricella, distinto in catasto al foglio 7, particella 181, sub 8, confinante con altro immobile di proprietà dei sig.ri Pagano, costituito da un’abitazione privata (in catasto al foglio 7, particella 181, sub 7) con caratteristiche simili a quella di una prua di una barca, con antistante “chiosco” di circa mq 6 (chiosco adibito dal sig. Pagano a “pub e bar”, con insegna “Felice Mare”), e ciò in asserita carenza dei prescritti requisiti urbanistici e paesaggistici”.
I ricorrenti sostenevano che il chiosco fosse stato ampliato senza le necessarie autorizzazioni paesaggistiche e urbanistiche, provocando “grave pregiudizio alla loro sfera dominicale” e “diminuzione di valore” della loro proprietà, situata in un’area di eccezionale pregio paesaggistico come la Corricella.
Per gli abusi realizzati in area demaniale comunale, inoltre, i sigg. Cerase e Di Fasano invocavano l’esercizio della potestà di sgombero, oltre che l’applicazione dell’art. 35 del d.P.R. n. 380/2001, in virtù del quale “… il dirigente o il responsabile dell’ufficio, previa diffida non rinnovabile, ordina al responsabile dell’abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, dandone comunicazione all’ente proprietario del suolo”.
L’Intervento del Commissario ad Acta e l’Ordinanza di Demolizione
A seguito del silenzio del Comune, il T.A.R. Campania aveva ordinato all’amministrazione di esprimersi, nominando un commissario ad acta, l’ing. Giugliano Tobia, per verificare la situazione. Con l’ordinanza del 15 marzo 2024, il commissario aveva disposto la demolizione delle opere contestate, basandosi su presunte difformità rispetto ai titoli edilizi originali: “Con la concessione edilizia n. 88/1982 era stata assentita la ‘Installazione di un chiosco in legno, smontabile, senza fissaggio a terra per la durata di mesi 3’”.
Il commissario aveva inoltre evidenziato che: “Con il permesso di costruire n. 35/2005 il chiosco assumeva una funzione strutturale (terrazzo praticabile) per la quale non erano stati reperiti calcoli sismici”. E aggiungeva: “Le dimensioni in pianta del chiosco sono passate dai 3,00 mq autorizzati con la concessione n. 88/1982 a circa 5,40 mq”.
La Difesa di Michele Pagano
Michele Pagano, difeso dall’avvocato Nicola Pastore Carbone, aveva presentato ricorso al T.A.R. Campania, contestando l’operato del commissario ad acta e sostenendo la piena legittimità del chiosco-bar. Pagano ha dimostrato che il chiosco era conforme al permesso di costruire n. 35/2005, rilasciato alla precedente titolare, la sig.ra Caterina Coppa, e mai annullato in autotutela.
Nel ricorso si legge: “Il chiosco nella consistenza attuale è conforme ai grafici e al progetto assentito dall’Amministrazione comunale con il permesso di costruire n. 35/2005”.
Pagano ha inoltre evidenziato che il permesso edilizio era stato rilasciato previa approvazione di tutti gli enti competenti: “Parere favorevole della Commissione comunale edilizia (verbale n. 6 del 28 gennaio 2002)”; “Parere favorevole della Commissione edilizia integrata (verbale n. 23 del 10 luglio 2004)”; “Sopralluogo dell’Ufficio tecnico comunale l’11 aprile 2005, che confermava la veridicità dei grafici allegati”.
La Sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7664/2024, ha respinto l’appello dei coniugi Cerase e Di Fasano, confermando la decisione del T.A.R. e annullando l’ingiunzione di demolizione. Nelle motivazioni, i giudici hanno sottolineato l’errore del commissario ad acta, affermando: “Non possono essere condivise le doglianze articolare dagli appellanti Cerase e Di Fasano finalizzate a dimostrare la legittimità dell’operato del commissario ad acta censurato dal Giudice di primo grado. All’opposto, ritiene questo Giudice che, come correttamente sottolineato dai sig. Pagano nel reclamo e come dimostrato dalla documentazione allegata alla consulenza tecnica del geom. Scotto del 17 ottobre 2023 depositata nel corso del giudizio di primo grado, non risulti riscontrato alcun abuso edilizio rispetto ai titoli abilitativi rilasciati (da ultimo il permesso di costruire n. 35/2005 avente ad oggetto interventi di straordinaria manutenzione e sostituzione della copertura del chiosco bar denominato “Felice Mare”). Invero, il chiosco nella consistenza attuale è conforme ai grafici e al progetto assentito dall’Amministrazione comunale con il citato permesso di costruire n. 35/2005 rilasciato alla sig.ra Caterina Coppa, dante causa del sig. Michele Pagano (proprietario solo dal 2017) che non può essere considerato “responsabile del presunto abuso”, come erroneamente si afferma nell’impugnata ordinanza commissariale di demolizione in quanto le opere sono state legittimamente realizzate nel 2005 dalla sig.ra Coppa in forza del suddetto titolo edilizio”
Un “chiosco” autorizzato dal 2005 e fino al 2029
Il Consiglio di Stato, nel motivare la decisione di respinge l’appello contro Romano precisa che “Va, inoltre, sottolineato che il Comune di Procida, prima dell’adozione del permesso di costruire n. 35/2005, rilasciava alla sig.ra Caterina Coppa (dante causa del sig. Michele Pagano), la concessione n. 1 del 31 marzo 2005 – previo parere favorevole di tutte le competenti Autorità (Demanio, Soprintendenza, ecc.) – di occupazione del suolo di area demaniale per complessivi 9 mq di superficie da destinare al chiosco bar e alla parte scoperta con ombrelloni tavoli e sedie per la durata di sei anni, durata successivamente prorogata (cfr. voltura in favore del sig. Michele Pagano, occupazione suolo pubblico del 2017) e da ultimo con la concessione del 2018 scaduta il 31 dicembre 2023 rispetto alla quale il sig. Pagano ha presentato istanza di rinnovo in data 23 settembre 2023 e successiva integrazione della pratica in data 3 ottobre 2023. Recentemente in data 19 settembre 2024 il Comune con provvedimento n. 22 ha concesso il suolo pubblico per altri cinque anni al sig. Michele Pagano titolare del chiosco”.
L’illegittimità dell’operato del commissario
Il Consiglio di Stato ha evidenziato l’illegittimità dell’operato del commissario per non aver proceduto con l’annullamento in autotutela del permesso di costruire del 2005:
“Inoltre, non è condivisibile l’argomento, utilizzato dal commissario ad acta nella censurata ordinanza di demolizione del 15 marzo 2024, circa l’asserita illegittimità del permesso di costruire n. 35/2005 che avrebbe trasformato in via permanente la struttura del chiosco. Va, a tal riguardo, rilevato che il carattere non più stagionale dell’occupazione di suolo demaniale e dell’attività commerciale ivi svolta dalla sig.ra Coppa (e dal 2017 dal sig. Pagano) è stato autorizzato dallo stesso Comune di Procida già con la concessione di occupazione del suolo pubblico n. 1 del 31 marzo 2005, precedente al rilascio del permesso di costruire n. 35 del 12 aprile 2005 (concessione espressamente indicata tra i presupposti del rilascio del permesso di costruire) e confermata nei successivi rinnovi delle concessioni e volture in favore del sig. Michele Pagano sopra citati. Pertanto, la gravata ordinanza del commissario ad acta del 15 marzo 2024 è stata correttamente annullata per violazione dei principi sanciti dall’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, così come rilevato dalla impugnata sentenza del T.a.r. Campania. In ogni caso, quand’anche il commissario ad acta avesse ritenuto abusiva l’attività edilizia de qua avrebbe dovuto – come correttamente sottolineato dal T.a.r. nella sentenza appellata – preliminarmente procedere in modo espresso all’annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 35/2005, cosa che all’opposto non ha fatto, esercizio dell’attività di autotutela che sarebbe stato verosimilmente – alla stregua dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 – precluso dal decorso di quasi vent’anni rispetto all’adozione del provvedimento di primo grado (i.e. permesso di costruire n. 35/2005).
E ha anche aggiunto: “Del resto è lo stesso commissario ad acta a pag. 2 dell’impugnata ordinanza del 15 marzo 2024 ad evidenziare che “… con tale Permesso di Costruire (ndr. 35/2005) il chiosco assume una funzione strutturale (terrazzo praticabile a servizio dell’appartamento) per la quale non sono stati reperiti calcoli e/o autorizzazioni di tipo sismico. Dai grafici allegati alla richiesta di Permesso di Costruire (non quotati) si rileva anche che le dimensioni in pianta del chiosco sono passate dai 3,00 mq autorizzati con la concessione n° 88/1982 a circa 5,40 mq. Inoltre il chiosco diventa permanente mentre la Concessione n. 88/1982 ne prevedeva lo smontaggio alla fine del periodo estivo …”. Pertanto, è il commissario ad acta che in sostanza muove con detta statuizione una critica al permesso di costruire n. 35/2005, senza tuttavia preliminarmente provvedere al doveroso annullamento in autotutela dello stesso, bensì limitandosi a disporre direttamente con il provvedimento del 15 marzo 2024 la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi in relazione ad opere che in ultima analisi erano state autorizzate con lo medesimo permesso di costruire n. 35/2005 mai in precedenza rimosso”.
Inoltre, il Consiglio ha rilevato la violazione del principio del giusto procedimento: “È, quindi, evidente l’illegittimità: – del modus operandi del commissario ad acta il quale peraltro non ha convocato, né interloquito con i destinatari del provvedimento in violazione delle disposizioni sul giusto procedimento di cui alla legge n. 241/1990 (interlocuzione che sarebbe stata utile, vista tutta la documentazione ed i titoli in loro possesso); – della motivazione dell’ordinanza commissariale fondata su un non corretto accertamento di illegittimità del permesso di costruire n. 35/2005 senza aver adottato lo specifico e tipico procedimento di annullamento in autotutela (rectius annullamento d’ufficio) previsto dal menzionato art. 21 nonies della legge n. 241/1990.” Infine, la sentenza afferma: “La gravata ordinanza è stata correttamente annullata per violazione dei principi sanciti dall’art. 21 nonies della legge n. 241/1990”.