A quasi sette anni dal sisma del 2017 e oltre due anni dalla devastante frana del 26 novembre 2022, la comunità del Celario a Casamicciola Terme continua a vivere nell’incertezza. Le recenti decisioni contenute nel Piano di Ricostruzione adottato dalla Regione Campania hanno sollevato forti perplessità tra i cittadini, preoccupati per il futuro delle proprie abitazioni e del loro territorio. L’Avv. Agostino Iacono, esponente attivo della comunità e proprietario di un immobile nella zona, ha formalizzato una serie di osservazioni dettagliate, evidenziando criticità e richiedendo modifiche sostanziali al piano.
“Non è accettabile che si decida di demolire intere abitazioni senza una motivazione chiara e documentata, spostando i cittadini senza considerare la loro volontà e il legame con il territorio. La nostra richiesta è semplice: vogliamo rimanere nelle nostre case in sicurezza”, afferma l’Avvocato Iacono.
Le famiglie del Celario, molte delle quali hanno già vissuto lo strazio dell’abbandono forzato delle proprie abitazioni a seguito del sisma e dell’alluvione, non intendono subire un ulteriore esproprio. La volontà di rimanere nelle proprie case è condivisa e sostenuta dall’intera comunità, che chiede alle istituzioni di valutare alternative più rispettose della storia e dell’identità locale.
Il cuore della contestazione: demolizioni e delocalizzazioni forzate
Uno dei punti più critici sollevati dall’Avv. Iacono riguarda la classificazione degli immobili della zona Celario. Nel Piano di Ricostruzione adottato il 21 dicembre 2024, gli edifici della zona sono stati contrassegnati in nero, una categoria che prevede la demolizione senza possibilità di ricostruzione in loco. Tuttavia, osserva Iacono, nel precedente piano del 31 luglio 2024 gli stessi edifici erano stati catalogati in grigio, ovvero da acquisire per realizzare interventi pubblici.
“Non c’è stata una motivazione chiara per questo cambiamento e si rischia di stravolgere la vita di decine di famiglie. Come si spiega che la zona non fosse a rischio fino a pochi mesi fa e ora invece è considerata non mitigabile?”
I residenti chiedono che venga applicato lo stesso principio adottato per altre zone rosse in Italia, come i Campi Flegrei o le aree alluvionate di Emilia-Romagna e Veneto, dove la permanenza è consentita con adeguate misure di sicurezza.
“Non vogliamo lasciare le nostre case, vogliamo che vengano adottati interventi mirati per garantire la sicurezza, come la realizzazione di vasche di contenimento e il rafforzamento delle infrastrutture”, continua Iacono.
Un altro aspetto fondamentale è l’inadeguatezza della soluzione proposta per chi dovesse essere costretto a lasciare la propria abitazione. Secondo quanto emerso, i cittadini dovrebbero essere trasferiti in una zona identificata nel Piano di Ricostruzione presso l’ex Hotel La Pace. Tuttavia, come sottolineato dallo stesso Iacono, questa soluzione appare del tutto impraticabile: la zona dell’ex Hotel La Pace si trova nell’area del cratere sismico del 2017, quindi soggetta ad elevato rischio.
“Sembra assurdo che si vogliano trasferire intere famiglie in una zona già dichiarata ad alto rischio sismico. Si tratta di un paradosso che evidenzia la totale mancanza di una visione strategica da parte delle istituzioni”.
L’incoerenza nelle decisioni delle istituzioni emerge chiaramente: mentre per altre aree di Casamicciola sono stati predisposti piani di rientro, nel Celario si opta per una soluzione drastica e senza possibilità di confronto con i cittadini. Questo crea un evidente squilibrio e una discriminazione tra diverse zone del comune.
L’identità storica e paesaggistica di Celario
La comunità contesta anche l’approccio del piano rispetto al valore storico, culturale e paesaggistico di Celario. Il piano regionale parla di “rigenerazione territoriale”, ma esclude il Celario da questa visione.
“La nostra comunità non è solo un insieme di case, ma un ecosistema unico, fatto di tradizioni, cultura e sostenibilità. Qui, da generazioni, coltiviamo la terra, produciamo vino e viviamo in armonia con il paesaggio. Non si può ignorare questa realtà e trattarla come una zona da sgomberare senza alternative”.
Oltre alla valenza storica e culturale, il Celario rappresenta un patrimonio ambientale da tutelare. L’agricoltura locale, basata su piccoli appezzamenti di terra coltivati da generazioni, rischia di scomparire a causa delle decisioni istituzionali. L’Avv. Iacono sottolinea come l’abbandono forzato del territorio potrebbe portare non solo alla perdita di case, ma anche al degrado ambientale della zona.
“Abbiamo assistito negli anni a come l’abbandono di alcune aree abbia favorito il dissesto idrogeologico, piuttosto che prevenirlo. Lasciare il Celario deserto potrebbe aumentare il rischio di frane, invece che ridurlo”.
Le richieste della comunità e le prospettive future
L’Avv. Iacono e i cittadini del Celario hanno avanzato richieste precise alle istituzioni, sollecitando una revisione del piano. Tra le proposte principali figurano la revisione della classificazione degli edifici, con il ritorno alla categoria “grigia” e la valutazione caso per caso delle demolizioni; l’adozione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, come la costruzione di vasche di contenimento e il miglioramento dei sistemi di allerta; la tutela del diritto a rimanere nel proprio territorio, garantendo soluzioni alternative solo per chi lo desidera e un tavolo di concertazione immediato tra Commissario Straordinario, Regione Campania e rappresentanti della comunità per discutere le modifiche al Piano di Ricostruzione.
Un modello di gestione alternativa: ispirarsi alle altre realtà italiane
Un altro punto fondamentale delle osservazioni presentate è la richiesta di adottare strategie già sperimentate in altre zone d’Italia colpite da disastri naturali. Nei Campi Flegrei, per esempio, è stato sviluppato un sistema di evacuazione preventiva per gestire il rischio sismico, senza privare i cittadini della possibilità di vivere nei propri territori. Allo stesso modo, in Emilia-Romagna, nelle aree alluvionate si è puntato su interventi mirati di messa in sicurezza, anziché demolizioni indiscriminate.
“Se queste soluzioni sono state adottate altrove con successo, perché non possono essere applicate anche per il Celario? Noi chiediamo solo equità e buon senso”, afferma Iacono.
La battaglia per il Celario continua
La comunità del Celario non si arrende e continuerà a far sentire la propria voce. Il documento dell’Avv. Iacono rappresenta un passo fondamentale per aprire un confronto con le istituzioni e trovare soluzioni che garantiscano sia la sicurezza sia il rispetto del diritto dei cittadini. “Non possiamo accettare un piano che non tiene conto delle persone. Vogliamo sicurezza, ma vogliamo anche giustizia” conclude l’avvocato Iacono.