4 WARD di Davide Conte
“Ci sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo.” (Albert Einstein)
Il mio fraterno amico Bruno, che oltre alla sua affettuosità, mi dedica anche l’onore di annoverarlo mio attento e costante lettore, mi ha suggerito questo aforisma di Albert Einstein quale spunto per un prossimo 4WARD. E vista l’autorevolezza dell’ispiratore, non posso non accontentarlo.
Apparentemente sembrerebbe un contraddittorio bisticcio di parole: come dire, miracolo sì o no? La stessa vita è di per sé un miracolo, o forse una miriade di miracoli che compone e comprende in essa l’intero creato e che, in quanto tale, dovrebbe essere trattata con il rispetto degno di quanto di più prezioso ci appartiene.
Ma in tutto questo, noi che parte recitiamo? O meglio, in che modo ci rapportiamo ai tanti “miracoli” che appartengono alla nostra esistenza? E qui rientra in gioco l’autore, il quale ha sempre dimostrato, al di là del genio indiscutibile, la capacità di precorrere i tempi con valutazioni tuttora di incredibile attualità. Il pensiero di Einstein in relazione alla crisi, ad esempio, non è certo quello di piangersi addosso, ma di utilizzare il momento negativo per stimolare la creatività e migliorare lo stato delle cose, considerando la congiuntura alla stregua di una vera e propria opportunità.
Non volendo fossilizzarci nell’ambito d’impresa e tralasciando volontariamente i guai del “pubblico”, è bene soffermarci su tre fattori pregnanti della vita: l’amicizia, l’amore e la natura.
Gli amici ben provati, secondo Shakespeare nell’Amleto, andrebbero tenuti “stretti all’anima con anelli d’acciaio”, definendo l’amicizia –proprio dopo l’amore- “il più grande sentimento dell’uomo”. Non deve apparire strano se in pochi si rendono conto dell’autentico miracolo rappresentato da un rapporto indissolubile, incondizionato, senza tempo e, soprattutto, disinteressato con una persona in assenza di un legame sentimentale. Proprio per questo, è la normalità a prendere il sopravvento e, spesso, a sottacerne il valore, diventando talvolta causa di dicotomie tanto impensabili quanto insanabili in preda ad una presunta quanto pericolosa ritualità. Solo allora, classico caso in cui il bene si piange quando si perde, ci si rende probabilmente conto della necessità di un miracolo che però, di fatto, ci era già appartenuto. Era già nostro.
Anche l’amore, per quanto apparentemente naturale, è un miracolo. Due persone, senza distinzione di genere, che riescono a vivere serenamente insieme condividendo ogni aspetto della loro quotidianità e, nel caso dei rapporti etero, magari la gioia di concepire e procreare, rientrano certamente nel novero delle consuetudini. Ma specialmente di questi tempi, è già la sola rarità di una relazione basata sul rispetto reciproco ad avvalorare il concetto di miracolo per quelle famiglie o quelle coppie fondate su valori apparentemente desueti, ma che oggi rappresentano una sorta di fenomeno. Per molti fuori dal tempo, per molti in meno –probabilmente- un vero e proprio miracolo della porta accanto.
E la natura? Quale miracolo di maggior portata può riguardarci più di tutto il bello che ci circonda in ogni angolo della terra? Il miracolo stesso della vita, del giorno che comincia e finisce con il magico alternarsi e talvolta fondersi di sole, luna, stelle, pioggia, nebbia, neve e vento, dei paesaggi da sogno, dei boschi incontaminati, dei fondali affascinanti e delle montagne impervie, nonostante la sua maestosa grandezza, rientra sovente tra quei beni alla portata di tutti che, consequenzialmente, tendono a perdere valore e ad essere trascurati o, addirittura, maltrattati.
Se pensiamo poi che con una forte dose di benessere derivante dalla nostra insularità e che dovrebbe positivamente incidere sul nostro vivere quotidiano, Ischia potrebbe rappresentare alla grande la patria di questo magico miracle mix, non ci si spiega come mai, invece, siamo proprio noi Ischitani i primi a distrarci verso altre priorità, ancorché apparenti, deviando pericolosamente la rotta da un percorso virtuoso ampiamente alla nostra portata.
Proprio come Bruno, professionista di grido al quale voglio bene e che, con sensibilità poco ischitana, riesce sempre a cogliere il miracolo anche nelle più semplici cose che lo circondano, dovremmo imparare a non lasciarci sopraffare dalla superficialità della consuetudine e dalla pericolosità di mode e stereotipi. È questo il segreto per apprezzare correttamente ciò che ci appartiene. Ad Ischia più che altrove.