Non so quanti dei partecipanti alle Sante Messe di Natale abbiano portato via (e, soprattutto, letto e compreso il contenuto) il libricino di trenta pagine esatte distribuito in chiesa e recante la “lettera” del nostro Vescovo Carlo Villano per il nuovo anno liturgico e l’inizio di quello giubilare. Va aggiunto, peraltro, che Natale e Pasqua sono appuntamenti che richiamano a messa non solo i fautori del “sine dominico non possumus”, ma anche i frequentatori -cosiddetti- delle sole grandi occasioni.
Ho trovato una notevole connessione tra l’appello al “Natale irrequieto” del messaggio augurale e l’invito alla speranza contenuto nella lettera. Nel primo, Villano richiama alcune delle circostanze più ricorrenti nelle difficoltà quotidiane che riguardano un contesto sociale globale, non solo isolano, sempre più imbarbarito, rispetto al quale invoca al Verbo fattosi carne il dono de “l’irrequietezza di chi non riesce ad addolcire questo Natale di fronte alle ingiustizie ed ai dolori del mondo” e “l’irrequietezza della fede… la Pace di cui abbiamo tanto bisogno e che, sola, può venire da te.” Nella lettera, di contro, ecco ricondotto con grande concretezza il senso di quel dono arricchito da una speranza che “apre porte, crea nuove possibilità, invita a riprendere il cammino anche quando tutto sembra non avere più senso”, richiamando l’appello di San Giovanni Paolo II sulla necessità di “spalancare le porte a Cristo… aprendo alla sua salvatrice potestà i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo”. In sei punti ben distinti, ecco posta in evidenza la necessità di “cercare con coraggio e creatività nuove modalità di annuncio ed intercettare la fame di Parola… che spesso rimane sepolta sotto un cumulo di distrazioni e delusioni” per rapportarsi alla rilettura critica dei “nostri stili di vita, il modo con cui ci relazioniamo agli altri, il modello di società che stiamo realizzando”, rivolgendo particolare attenzione ai giovani e alla loro custodia quale “tesoro prezioso”, passando dalla famiglia quale “grembo di speranza” a una comunità religiosa sempre più formata e pronta a favorire “una partecipazione piena, consapevole e attiva” alle liturgie e a un amore gratuito che sia al centro dello stile di relazione di ogni membro della nostra comunità.
Ma è nell’augurio finale del Vescovo Villano che va approfondito il senso di una riflessione auspicabile ma mai concretizzatasi da tempo: “Rinsaldare i nostri legami comunitari, perché ci riscopriamo popolo pellegrino nella speranza, per diventare ogni giorno segno di speranza gli uni per gli altri.” Ritrovarci comunità, quindi, dopo anni di egoismo e smarrimento a tutti i livelli, potrebbe e dovrebbe essere l’obiettivo primario dell’isola d’Ischia e di chi la ama sul serio per tentare, nella speranza, di riemergere. Tutti. Insieme.
Daily 4ward di Davide Conte del 27 dicembre 2024