EDITORIALE di Gaetano Di Meglio | A volte ci vogliono i peli sul cuore per compiere certe azioni. Già, i peli sul cuore. La storia del “nuovo” Celario – il cuore della tragedia di Casamicciola, zona in cui si contano 12 vittime – è andata in “onda” nel peggiore dei modi: tra insensibilità, freddezza, distacco, semplici notifiche.
Ieri mattina, come raccontiamo anche altrove, l’intervento di messa in sicurezza più delicato tra i tanti da compiere è stato gestito come un fatto puramente tecnico. Senza compassione, senza rispetto, senza la minima delicatezza. Eppure, alle grandi menti che hanno messo mano a un progetto da oltre 3 milioni di euro non sarebbe dovuto sfuggire un dettaglio fondamentale: la sensibilità del luogo.
Il Celario non è una collina qualsiasi, non è solo la parte bassa del Monte Epomeo. È la ferita aperta di un popolo che, forse, ha già dimenticato. Una ferita che ancora sanguina (e che forse non smetterà mai di sanguinare), quella di chi ha perso la vita.
La tragedia dei giovani di Casamicciola, quella del 22 novembre 2022, meritava ben altra attenzione.
La verità si può condensare in poche parole: nessuno ha dimostrato di comprendere davvero il dramma di una madre che, dopo aver perso tutto, si vede ora ulteriormente “spogliata” anche della sua proprietà.
Sia chiaro fin da subito: nessuno mette in discussione il rispetto della legge, né l’urgenza e la necessità dell’intervento. Ma questo era l’unico caso in cui sarebbe servita una partecipazione più umana, più attenta. Sarebbe stato fondamentale considerare chi si aveva davanti, capire cosa significasse, per quei cittadini, quel pezzo di “bosco ceduo” o “terreno agricolo”.
Non si tratta della costruzione di una nuova strada o del ponte sullo Stretto. Si sta realizzando un tombino. Un’opera che attraversa i luoghi della morte. Quella morte che, violenta, è piombata giù alle prime luci del 22 novembre 2022.
Invece nulla di tutto questo: solo un carabiniere, un poliziotto, qualche tecnico. E il dolore e la rabbia di una madre, irrisi da una fredda comunicazione istituzionale che informava dell’esproprio del terreno e degli “spiccioli” riconosciuti come rimborso.
Giusy Impagliazzo, una dei familiari delle 12 vittime del fango assassino dell’Epomeo, ha condensato tutta la rabbia di queste ore in un post su Facebook: “Cari casamicciolesi, per la seconda volta le proprietà delle vittime vi salvano la vita. Purtroppo ho le mani legate, non posso fare niente, altrimenti col c…. che vi davo la proprietà di mio fratello per salvare voi. Ah, un grazie al signor sindaco che oggi ha dimostrato tanto ma tanto rispetto verso di NOI…. VERGOGNA Comune di Casamicciola Terme. Casamicciola maledetta!”
Parole dure comprensibili che sarebbero diventate “evitabili” se qualcuno avesse avuto la giusta sensibilità e la giusta misura nel gestire la pubblica amministrazione. Ma qualcuno ha preferito far valere la forza delle istituzioni, piuttosto che adottare quell’atteggiamento da buon “padre di famiglia” che non significa solo far quadrare i conti, ma anche sapersi rapportare con i cittadini.
Ma Casamicciola, oggi, sembra piombata nel tempo del “comando io”, del “decido io”, del “me lo prendo io”. Troppi “io”, e sempre meno “noi”.
Vorrei esprime liberamente il mio pensiero e rivolgermi al commissario alla ricostruzione nonché al sindaco di Casamicciola ribadendo un concetto fondamentale. Le vere opere si fanno a monte e non a valle perché quando scenderà di nuovo la frana, perché lo sappiamo tutti che riaccadra’, le piazze belle al posto del capriccio oppure la vasca di colmata all Ancora, non serviranno a salvarvi dalla grandissima figura di mer… Che farete oltre che portavi persone sulla coscienza. Quindi, emeriti Geni, il mio consiglio è puramente gratuito e privo di qualsiasi colore politico, iniziate a studiare prima il territorio perché a quanto pare non capite proprio un caz… !