La POLPA E L’OSSO di Francesco Rispoli | “Semper ero si semper meminisse voles”. (Ci sarò sempre, se sempre mi vorrai ricordare).
Ma chi sarà a ricordarsi di chi?
C. A. Molina, Por entre los bloques de basalto, 2012.
In un saggio del 2017 (Parole nuove) scrivevo: «il 10 maggio 1933, a Berlino Opernplatz, oggi Bebelplatz, in testa all’Unter den Linden, i nazisti nel più grande dei “Bücherverbrennugen” (i “roghi dei libri che non si dovevano leggere”) bruciarono 25.000 libri. In quel punto l’artista israeliano Micha Ullmann ha installato nel 2008 un memoriale costituito da una piccola lastra quadrata di cristallo trasparente sotto la quale si vede uno spazio di 50 metri quadrati, con librerie capaci di ospitare 20.000 volumi, completamente deserto. È inaccessibile e vuoto, come la sensazione che si prova quando si cerca di capire un gesto come quello compiuto dai nazisti. È presente un’assenza: quella dei libri! Una traccia che nel suo raggelante silenzio esprime la più potente forza evocativa!»
Da quel che resta e perfino dalla “presenza di un’assenza”, come nel caso del Denkmal der Bücherverbrennung – si può ripartire, con la consapevolezza, però, che non si tratta di riconoscere semplicemente il valore di un luogo quanto piuttosto il riconoscersi degli abitanti tra loro, come indica l’estetica della ricezione. Allora la prospettiva è quella di dar forma a “paesaggi a venire”.
È il compito che ci attende: costruire condivisioni, tessuti sociali, gruppi che si riconoscono nelle forme che producono, prendendosi così cura del loro passato.
Per Enzo Paci «la pietà verso il passato è condizione di verità del presente» (Fondamenti di una sintesi filosofica, 1951). Pietà nel senso della “pietas” – l’attenzione devota – quella che Heidegger traduce con “an denken”, in una lingua in cui pensare ed esser grati risuonano quasi uguali: “denken, danken”. Così come in inglese “to think, to thank”. Questa “gratitudine del pensiero” – che i credenti chiamano “sapienza del cuore” – attraversa molte lingue. In francese “sapere a memoria” è “savoir par coeur”, in portoghese “saiba de cor”, in greco “nα ξέρεις από καρδιάς (na xéreis apó kardiás)”, in latino “scio corde”, in inglese “know by heart”: in tutti i casi, anche per i laici, un “sapere con/dal cuore”.
Pensiero grato che, infine, nella nostra lingua, risuona nei termini “conoscenza” e “ri-conoscenza”.