Andrea Esposito | La lunga attesa, anche della grande comunità ucraina della nostra isola, è finita tra lacrime e urla di gioia. Una comunità che si è ritrovata e separata. Che ha vissuto con il battito del cuore sbilanciato: una parte qua, una parte là. Una parte con l’attualità e i fatti nostri e, l’altra parte, invece, con il pensiero di genitori, sorelle, fratelli, figli, amici, conoscenti, persone care. Ucraini.
Con Marisha, che fa battere tanti cuori ucraini d’Ischia il racconto dopo otto mesi di occupazione Russa. Un racconto che ci spiega, da vicino, anche il significato della parola PACE.
Marisha, insieme al fratello invalido e ai due genitori ultraottantenni, ha vissuto qui sulla nostra isola per ben 6 anni – facendo vari lavori in ambito turistico – prima di tornare nella sua terra natale, il sud dell’Ucraina, vicino Kherson. La lunga attesa, anche della grande comunita’ ucraina della nostra isola, è finita tra lacrime e urla di gioia.
Venerdì le ZSU, le forze armate ucraine, sono entrate nella città simbolo del Sud dopo 8 mesi di occupazione circondati da migliaia di persone che hanno riacquisito la loro libertà. Sono infinite le storie che potremmo raccontare, ne scegliamo due, fortemente simboliche. Una piu’ emotiva, che tocca le corde di chi sente questo conflitto come una guerra di liberazione dall’oppressione, anche storiografica e sociologica, di un certo tardo imperialismo russo e quindi si identifica, tout-court, senza indugio alcuno, con i valori occidentali che sono anche i nostri, pur se ben coscienti di tutte le contraddizioni che questo occidente porta con se ma che non ne intaccano la assoluta, incondizionata, preferibilità alla società sino-russa odierna, ferma ad una medioevale oppressione politico burocratica verso i cittadini che “si tengono” in riga e aggressiva sbranatrice dei cittadini che vi si oppongono. È il morso di questo mondo che l’Ucraina ha (ri)provato per l’ennesima volta in questo scorcio di 2022 che volge al termine e contro questo morso ha combattuto, sta combattendo e sta vicendo.
L’altra è una testimonianza direttamente dalle zone appena liberate, da uno dei paesino intorno a Kherson, che hanno evitato il fiume dei bombardamenti essendo finiti subito sotto occupazione, ma non il morso del “mondo russo” di cui sopra, la quotidianità del male – parafrasando la Harendt – rappresentata da una infinità di angheria burocratiche, violenze pubbliche, depredazione e saccheggio dei beni pubblici e privati, fino alla totale emergenza degli ultimi giorni, quando l’occupante – conscio dell’avvicinarsi dell’esercito di liberazione – ha dato sfogo a tutta la sua barbarie con una serie indicibile di stupri e finanche omicidi a scopo dimostrativo, per sedare la popolazione terrorizzata.
Marisha, 58 anni, insegnante in pensione, insieme al fratello invalido e ai due genitori ultraottantenni, ha vissuto tutto ciò sulla sua pelle. Il paesino sul mare – un mix tra le nostre Sant’Angelo e Ischia Ponte con le casette dei pescatori ma senza il clima mite in cui siamo fortunati a vivere – in cui è sempre vissuta è proprio alle porte di Kherson e viene liberato qualche ora prima del capoluogo. Le comunicazioni sono interrotte, niente telefono, né elettricità, né acqua da quasi un mese. Riesce a parlare cinque minuti attraverso un satellitare dell’esercito e dice a mio nipote di avvertire gli altri parenti al suo paese natale, lo stesso di mia moglie: dice che stanno tutti bene, che sono vivi ed è questo che conta. Ma che stanno bene non è esattamente vero: fisicamente non hanno subito violenze, la psiche invece (soprattutto di anziani e bambini) è devastata, quello che hanno visto e sentito non lo dimenticheranno mai, non si può.
Il giorno dopo lascia genitori e fratello, che non possono viaggiare, e raggiunge in auto una zona molto più a Ovest, già da tempo sotto il controllo di Kiev. E’ lì che le facciamo pervenire poche rapide domande, ottenendo in cambio risposte altrettanto concise ma di una drammatica limpidezza, così atroce e palpabile, che non lascia dubbio alcuno su cosa sia accaduto, e cosa stia accadendo in Ucraina. Saltando a piè pari le emozioni che ci hanno travolto nel risentire la voce della nostra amica, le lacrime che impedivano di parlare, riportiamo solo ciò che è stato poiché tutti – come è giusta che sia ed è stato nei grandi genocidi anche passati – devono sapere.
Vi hanno picchiato per strada? Sono entrati in casa o siete stati nascosti tutto il tempo?
Non puoi stare nascosto in eterno. Anche con i negozi quasi tutti chiusi, prima o poi devi uscire. Siamo usciti solo per comprare da mangiare, cercare medicine. I primi e gli ultimi giorni sono stati i più violenti, i russi hanno picchiato la gente in strada ad ogni minima parola, sono entrati nelle case, hanno occupato tutto lo spazio che potevano. Il nostro è un paesino piccolo, non c’era un grande contingente di militari. A casa nostra sono entrati due volte, entrambe le volte ci hanno ordinato di uscire in cortile, al freddo, tutti e quattro anche i miei genitori che sono davvero vecchi e malandati. Gli ho detto di prendere quello che volevano, basta che non ci facevano male. Mi ha colpito il silenzio, erano ragazzi giovanissimi, non mi guardavano neppure negli occhi mentre mi spingevano fuori da casa mia, mentre minacciavano gli anziani, gli invalidi, i bambini. Poi quando l’abitazione e’ rimasta vuota, sono entrati e si sono presi la lavatrice, la tv e un po’ di apparecchi elettronici da cucina. Hanno caricato tutto in auto e sono andati via, senza dire una parola.
Possiamo dire che siete stati fortunati rispetto ad altri?
No, non esiste un “rispetto ad altri”. Noi siamo un corpo unico, siamo il popolo ucraino, ogni violenza subita dal mondo russo è una violenza a tutti noi. Vuoi che ti dica che sono stata fortunata perche’ non mi hanno ammazzata? Perché’ non hanno ucciso i miei genitori o i bambini dei miei vicini? Non posso! Sarebbe già come concedergli un’attenuante, non possiamo, non perdoneremo mai cio’ che ci hanno fatto!
Sei stata testimone di rapimenti o omicidi nel tuo paese?
Si, hanno portato via molte persone, davanti ai miei occhi. Li hanno caricate su auto e furgoni. Non posso dirti se tutti contro la loro volontà, alcuni erano minacciati con le armi e altri no, ma posso dirti sicuramente che nessuno di loro ha fatto ritorno, nessuno.
Forse erano russofoni? Volevano scappare verso la Russia per evitare il contatto con l’esercito ucraino?
Marisha scoppia a ridere, un riso amaro: – Lo so che questa è una delle teorie che gira da anni, anche da voi in Italia. Ti spiego una cosa, l’invasione del nostro paese fatta dalla Russia di Putin è il servizio peggiore che potessero fare ai russofoni ucraini. Anche io sono russofona, esserlo non significa certo desiderare di avere in casa il mondo russo! O vivere in Russia. Se c’era malcontento in passato verso il governo centrale ucraino, questa guerra l’ha totalmente spazzato via, russofoni o meno, adesso siamo tutti ucraini…e se i russi andassero via e si facesse un vero e libero referendum per chiedere alla gente del mio paese, del Sud e dell’Est: volete davvero tutto questo? Tutta questa morte e dolore e distruzione? Ti assicuro che nemmeno il russofono più russofono chiederebbe di essere “liberato” da questi bastardi.
Mi hai detto che i russi hanno ucciso nel tuo paesino?
Non nel mio paese, in una cittadina più a Nord, dove ho lavorato come insegnante per anni e ancora ci torno spesso (si corregge) …ci tornavo, prima di questo schifo. Non riesco a parlare ti giuro, un’esecuzione pubblica, una cosa…atroce, da barbari!
Conoscevi le persone uccise?
Si, le conoscevo non bene, non amici stretti ma ci ho parlato spesso. Avevano più o meno la mia età, lei faceva l’infermiera. Io non ero lì quando li hanno impiccati ma ho visto i corpi il giorno dopo, era venerdì, li hanno lasciati appesi in piazza, tu non puoi capire, voi non potete capire…Ho sentito la sorella, era prima molto preoccupata, poi era terrorizzata. E’ stata a casa loro ed era vuota, il cane era rimasto chiuso fuori e abbaiava, poi l’hanno chiamata e le hanno detto di correre davanti al tribunale, perché’ stava succedendo qualcosa…e li ha visti, i corpi appesi, gli avevano versato qualcosa in bocca e poi li avevano impiccati.
Chi è stato?
I russi! Non lo so che ruolo avevano, da dove venissero, se erano regolari dell’esercito o ceceni o altra merda…Hanno preso lei e il merito senza dire neppure una parola, non parlano quasi mai. Prima li hanno spinti e cacciati a colpi di fucile, mandati a casa perché protestavano per la mancanza di tutti i servizi, acqua, luce, erogazioni pubbliche…i russi avevano interrotto tutto.
E’ stata uccisa perché protestava per questo?
No, è stata uccisa, insieme al marito, perché ha gridato “questa è Ucraina e sara’ sempre Ucraina!”. A loro di lasciarci senza acqua o luce o di rubarci il frigo non frega niente, per loro non è una vergogna. Ma quello che aveva urlato la ragazza invece non potevano sopportarlo, era il simbolo del loro fallimento, il fatto che noi non ci siamo mai arresi, capisci? Gli è andata male, non ci arrenderemo mai. Mai! Non vinceranno mai, anzi hanno gia’ perso. E noi vinceremo, libereremo la nostra terra fino all’ultimo. Di questo siamo certi.
Parli come il vostro presidente. Lo sai cosa dice qualcuno qui? Che l’America e la Nato vi stanno usando per fare la guerra alla Russia?
Marisha ride di nuovo: Io sono un insegnante, conosco molto bene la nostra e la loro storia. Queste stupidaggini a noi non si possono raccontare. Semmai è il nostro presidente che dice esattamente quello che noi vogliamo sentire! Forse non è chiaro, da voi. L’idea che qualcuno ci sta usando è fuori dalla realtà. Il presidente non obbliga nessuno a combattere, anzi è lui che ha scelto di restare quando poteva benissimo andare via. E invece siamo tutti qui, a soffrire. Credi forse che sia colpa dell’America o della Nato? Credi forse che io non sappia quali responsabilità abbia l’Occidente in giro per il mondo? Tutte queste riflessioni, queste differenze tra il bene che è anche un po’ male e il male che regala anche un po’ di bene, i russi l’hanno spazzato via quando hanno cominciato ad ucciderci, ad stuprare le nostre donne e fare a pezzi i nostri bambini. Qualsiasi partnership per noi è migliore dell’abbraccio di questi “maledetti fratelli”! Ma quali fratelli? Tu credi che non lo sappia che combattere e cacciare i russi significa per noi, dopo, dover accettare le logiche geopolitiche dell’Occidente, la vostra sfera di interessi? Ne siamo coscienti, lo vogliamo, siamo pronti da anni. C’è una frase, tra le tante belle che ha detto ai russi questo nostro giovane presidente, che rende molto bene l’idea…per noi il freddo, la fame, l’oscurità e la sete non sono tanto terribili e mortali quanto la vostra amicizia e fratellanza. Non c’è America o Nato che tengano, capisci cosa voglio dire?
Si, è molto chiaro ciò che la nostra amica vuole dire, ma è altrettanto se non piu’ chiaro cio’ che sottintende. Ovvero che è il tempo di smetterla con la finto-ingenua geopolitica da cortile, anzi da “asilo mariuccia”, quella che con la scusa della pace-a-tutti-i-costi concede all’invasore l’attenuante di stare combattendo la famosa “guerra per procura” degli americani. È il tempo di far cadere il velo della malafede: sono tutte guerre per procura, quelle al giorno d’oggi. Il nostro presente globalizzato e iperconnesso negli interessi, nell’economia, nella socio-politica, è questo. Un’altra realtà non esiste. Non esiste teatro di guerra sul globo intero nel quale le superpotenze mondiali passate (il Sovietismo), presenti (USA e UE) e future (Cina e India) non firmino la loro maledetta procura: mentre la Nato arma l’Ucraina, l’Iran arma la Russia e viceversa, l’ultraortodossa patria di Kirill soccorre gli ayatollah e il siriano Assad, flirta con Erdogan e concorre con la Cina al domino sull’ex impero centrale euro-asiatico (i famosi -stan), e così l’India di Modi che saltella e si barcamena tra fedeltà all’occidente e “business as usual” con Pechino in funzione anti-russa.
La riflessione da fare, se vogliamo comprendere le ragioni del conflitto in corso, sono ben più profonde di un generico quanto sterile “desiderio di pace”. Dice molto bene A.Kortunov quando parla di de-escaletion: non sarà lo stop all’invio di armi a Kiev a far cessare il conflitto, ma una mutazione dell’approccio russo alla guerra dettato esattamente dal campo di battaglia, dalle sue sconfitte, l’unica lingua che conosco. Non si illuda nessuno: i problemi della Russia non sono in Ucraina, sono interni, e prima o poi possono e devono risolverli i russi, solo loro. Corruzione, malgoverno, strapotere burocratico e oppressione delle piccole imprese, vanno combattuti investendo sul capitale umano, promuovere l’innovazione del sistema giudiziario, la politica estera russa non dovrebbe essere ne’ anti-occidentale ne’ filo cinese, ma cominciare finalmente ad essere omnicomprensiva del destino nazionale: insomma una paese che non mangia i suoi figli, la fine della autocrazia, una Russia de-putinizzata. Ammesso che in futuro prossimo questo status possa essere raggiunto, deve essere chiaro a tutti noi che – seppur con le sue enormi colpe e contraddizioni – l’Occidente per adesso è l’aggredito, non l’aggressore: lo status di sicurezza estera a cui aspira Mosca ha la grande colpa di poter essere raggiunto solo a spese dello sviluppo sociale, culturale ed economico della Russia stessa: è in questa grande colpa che è nato, vissuto e dominato il regime autocratico putiniano.