giovedì, Febbraio 13, 2025

Il Sanremo di Sandra: dal Papa a Cristicchi. Quest’anno il Festival canta alla “vita”

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Era da poco cominciata la prima serata del settantacinquesimo Festival della Canzone Italiana a Sanremo e io già sentivo che avrei potuto ascoltare tantissime canzoni e amarne molte. Ma la forte emozione che ho provato vedendo il Papa collegato, parlare di musica che apre più strade all’amore, che la musica è pace, che dobbiamo abbracciarci, e guardare sul palco due artiste, Noa e Anna Award, una israeliana e una palestinese, cantare Imagine di John Lennon… potrei fermarmi qui, dopo aver salutato il Papa.

Non si può far finta di niente, non si può non pensare che, in questi momenti, tanti non siano sereni, che soffrano, che ci siano violenza e terrore.

Grande Papa Francesco, uomo del tuo tempo, Papa che scelse come prima parola, quando fu eletto, “Buonasera”, e ci stupì tutti. Era un Papa? Possibile? Niente frasi di circostanza? Ed eccolo, stasera, seduto con i suoi fogli in mano, collegato con Sanremo. Di nuovo ci chiediamo: è un Papa? Può farlo?

E le due dolci cantanti, riprese anche di spalle, quasi a inquadrare la distanza tra loro, che a tratti si faceva minima. A inquadrare le luci che sembravano esplosioni in fondo al teatro, piccoli segnali che ho notato, perché è stato un momento in cui si è capito che i tempi sono cambiati.

Che così come la guerra e le atrocità vorrebbero farla da padrone, un uomo anziano, vestito di bianco, comodamente seduto, appare e non prega, non chiede di fare preghiere, non dà benedizioni. No, quell’uomo che non ama le cose fatte solo per salvare la forma, ha parlato da uomo di fede, sì, ma anche da uomo che non vive in un mondo fuori dal mondo.

Un uomo che lega la musica, i testi delle canzoni, la serata di festa, alla speranza che tutti riusciamo a capire che possiamo distrarci ascoltando canzoni, ma non dobbiamo mai e poi mai pensare che siamo al sicuro e che la guerra sia lontana e non ci tocchi.

Grande Papa Francesco. Sensibile Carlo Conti. Dolci le due cantanti, che insieme fanno capire che non esistono razze o religioni diverse: esistono solo fanatismi e voglia di potere.

E sono commossa fino a sentire le lacrime scendere. E mi è successo due volte: con la canzone di Simone Cristicchi e con quella di Brunori Sas. Due pezzi che cantano la vita, quella vera, quella fatta di un prima e un dopo, di un amore che nasce sull’albero delle noci, che avanza con l’orgoglio di un padre per la figlia che fa l’esame di stato. E unisce così la voglia di fare con la fugacità della vita. E lui sa che i buoni portano corone di spine, sa che tutto può svanire, ma vuole cantare, magari senza voce. E non parliamo di quando la mamma diventa piccola, non solo per una terribile malattia che le fa confondere date e regali d’amore, che la fa non sapere, non riconoscere. Ma sta lì, come una bambina da prendere in braccio e stringere forte, per non farle avere paura della morte.

Un figlio che non si tira indietro. Un figlio che ama, comunque. E di nuovo, in questo pezzo… il prima e il dopo.

Mi è piaciuta questa prima serata. Tutti eleganti, tempi rispettati. Apertura con il pezzo di Ezio Bosso che suonò a Sanremo. Ricordo di Fabrizio, che io chiamo da sempre solo Fabrizio. Jovanotti che travolge e porta gioia. I conduttori bravi. E poi arriva lei, Giorgia. Lo scricciolo di donna, molto bella, raffinata, la grazia delicata fatta persona, più giovane che mai, con quella voce, e… tutto si ferma.

Tanti bei pezzi, davvero. E sono contenta. Sto già imparandone alcuni, con le cuffie nelle orecchie mentre cucino, e ricordo i tanti Sanremo, ognuno legato ai vari momenti della mia vita.

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