mercoledì, Marzo 12, 2025

Il Tar annulla l’autorizzazione paesaggistica per lavori al tetto mai iniziati a Casamicciola

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La sentenza pone in evidenza l’errore del Comune di Casamicciola. Dopo il silenzio assenso della Soprintendenza il responsabile del Paesaggio aveva adottato il provvedimento. Il ricorso del confinante difeso dall’avv. Bruno Molinaro censurava anche la SCIA, poi decaduta per il mancato avvio degli interventi. La sentenza ha stabilito che non si trattava di opere di manutenzione, ma di ristrutturazione edilizia necessitanti di permesso di costruire e comunque non consentite dal PTP

Lavori mai iniziati ma con tanto di autorizzazione paesaggistica ora annullata dal Tar in un vecchio palazzo di Casamicciola al centro del solito contenzioso tra confinanti, probabilmente anche legati da vincoli di parentela. Alla fine i giudici hanno dato ragione al ricorrente difeso dall’avv. Bruno Molinaro. Il Comune non si è nemmeno costituito in giudizio.

Il ricorso chiedeva appunto l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata il 31 maggio 2022 dal responsabile per il Paesaggio del Comune di Casamicciola Terme e dei relativi atti presupposti (la SCIA poi decaduta).

Il ricorrente ha spiegato di essere proprietario di un appartamento ubicato al piano primo del fabbricato con corte-giardino sul lato sud; al piano secondo dello stesso fabbricato vi è altro appartamento di proprietà del confinante, comprensivo di sottotetto; l’accesso alle unità immobiliari predette avviene direttamente attraverso androne e vano scale munito di ampio lucernaio; i beni in questione sono pervenuti al confinante e all’attuale ricorrente in virtù di atto di divisione del 2003 ed atto di donazione del 2013.

Ebbene, «in data 29 aprile 2021 il confinante ha presentato S.C.I.A. per la realizzazione, presso l’immobile in questione, di asserite opere di manutenzione straordinaria e/o restauro e risanamento conservativo (che consisterebbero in: rifacimento del tetto lasciando inalterato il sistema costruttivo rispetto a quello preesistente; rifacimento del manto di copertura ammalorato con lamiera coibentata del tipo a tegola; realizzazione di terrazzo a tasca); la S.C.I.A. è stata condizionata alla preventiva acquisizione delle prescritte autorizzazioni paesaggistica e sismica».

La Soprintendenza come al solito non ha risposto e dunque, essendosi formato il silenzio assenso, il Comune ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere definite di «manutenzione straordinaria con sostituzione copertura sul lato sud e decremento volumetrico del sottotetto sul fronte nord».

MANCATA CORRISPONDENZA CON LA SCIA

Si trattava in realtà di ben altra cosa e di qui l’impugnazione. Il ricorso ha evidenziato plurime violazioni. Innanzitutto che «non vi sarebbe corrispondenza tra rappresentazione grafica di rilievo e stato reale dei luoghi (in particolare altezze interne del sottotetto); vi sarebbe, inoltre, incoerenza e contraddizione tra quanto descritto ed espressamente riportato nella S.C.I.A., laddove si riferisce del rifacimento del tetto lasciando inalterato il sistema costruttivo rispetto a quello preesistente, e quanto rappresentato sull’elaborato grafico progettuale, laddove sarebbe prevista la eliminazione della trave principale di colmo portante della copertura comune del fabbricato».

Le opere oggetto dell’autorizzazione paesaggistica e della S.C.I.A. 2021 sarebbero nei fatti consistenti in «sostituzione della intera copertura in lamiera della falda a sud, compresa la porzione sovrastante il lucernaio, con doppia lamiera coibentata a tegola non filtrante, con conseguente oscuramento, o comunque perdita di luminosità, del vano scale comune; eliminazione, anche in contrasto con quanto espressamente riportato nella SCIA, della trave principale di colmo portante della copertura comune del fabbricato; eliminazione della intera copertura in lamiera della falda a nord, finalizzata alla realizzazione di un terrazzo calpestabile con relativo incremento di superficie utile; realizzazione di una vetrata continua con struttura in legno in corrispondenza della linea di colmo per accedere al nuovo terrazzo calpestabile».

Di conseguenza tali opere «non rientrerebbero tra quelle di manutenzione straordinaria e/o restauro e risanamento conservativo bensì tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, trattandosi di opere comportanti trasformazione urbanistico edilizia del territorio con necessità di acquisizione preventiva del permesso di costruire; l’immobile in esame ricade in zona A1 (Territorio del Centro storico di rilevante interesse ambientale), all’interno della quale, per quanto stabilito dall’art. 7 delle norme di attuazione è consentito il solo restauro conservativo nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali degli organismi edilizi oltre che della destinazione d’uso».

Altro aspetto grave, «l’autorizzazione sarebbe in contrasto anche con la normativa vigente in materia di costruzioni sismiche, sia per la mancanza della prescritta autorizzazione (attestato di deposito sismico) sia per la mancata effettuazione della necessaria verifica dell’intera struttura, sia prima che dopo l’intervento».

COSA CONSENTE IL PTP

Ancora, nel ricorso si lamenta che «l’autorizzazione paesaggistica sarebbe illegittima perché le opere assentite, essendo riconducibili alla nozione di ristrutturazione edilizia, violerebbero anche le norme di attuazione del Piano Territoriale Paesaggistico ed in particolare l’art. 9 che consente la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia “… limitatamente agli immobili di cui al punto 6 dell’art. 7 della presente normativa” e il punto 6 dell’art. 7 in base al quale “la ristrutturazione edilizia con riferimento all’art. 31 lett. d) legge 457/78, dovrà ammettersi soltanto per gli edifici di recente impianto (realizzati dopo il 1945)…”». E la data di realizzazione dell’edificio ha assunto rilevanza all’atto del giudizio.

Altro motivo di illegittimità sollevato è l’assenza di «qualsivoglia concreta motivazione e valutazione tecnico – discrezionale riguardo alla compatibilità dell’intervento con il vincolo paesaggistico gravante sul territorio e ciò sarebbe tanto più grave considerata la tipologia di intervento assentito che contrasterebbe con i caratteri tipologici ed architettonici dell’immobile e con le caratteristiche prospettiche delle residue fabbriche sottostanti sia con quelle dei fabbricati limitrofi legittimamente assentiti che, tra l’altro, conservano ancora le particolari caratteristiche e i dettagli architettonici tipici dei fabbricati costruiti alla fine dell’ottocento e nei primi anni del novecento, immobili che non superano mai i due piani fuori terra».

LA PROPRIETA’ DEL “SOTTOTETTO”

Il controinteressato, costituitosi in giudizio, ha eccepito in via preliminare la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, «in quanto con provvedimento del 30 aprile 2024, il comune di Casamicciola Terme ha dichiarato la decadenza della S.C.I.A. del 29 aprile 2021 per il mancato avvio degli interventi in essa previsti entro il termine annuale, per cui l’autorizzazione paesaggistica di cui il ricorrente invoca l’annullamento, sarebbe rimasta priva del suo atto presupposto, con la conseguenza che alcun vantaggio conseguirebbe il ricorrente dall’annullamento della stessa».

Inoltre «il “sottotetto” per cui si controverte è di proprietà esclusiva del controinteressato, per cui il ricorrente non potrebbe vantare alcun interesse in ordine agli interventi (mai avviati) che il controinteressato intendeva realizzare». Il Tar ha subito ritenuto infondate le eccezioni di carenza di interesse con riferimento all’autorizzazione paesaggistica, mentre per la parte relativa alle censure di carattere “edilizio” il ricorso è stato ritenuto improcedibile attesa l’intervenuta decadenza della S.C.I.A. del 2021.

Tutt’altro discorso per l’autorizzazione paesaggistica. Il collegio della Sesta Sezione presieduto da Santino Scudeller ha infatti ricordato che la norma stabilisce che«l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio».

In questo caso dunque permane l’interesse e sussiste anche la legittimazione, «atteso che l’intervento va ad incidere sul tetto di proprietà comune e considerato il possibile pregiudizio in termini di perdita di luce e soleggiamento del vano scale comune e la possibile incidenza sul decoro architettonico del fabbricato».

VECCHIO FABBRICATO

La sentenza ha quindi ritenuto fondate le censure contro l’autorizzazione paesaggistica innanzitutto nel punto in cui si lamentava che le opere «non sono riconducibili a quelle di manutenzione straordinaria e/o restauro conservativo bensì a quelle di ristrutturazione edilizia necessitante permesso di costruire, non consentite dal vigente PTP per l’immobile in questione».

I giudici pongono in evidenza che «la documentazione fotografica storica prodotta non vale a confermare che l’originaria configurazione sia quella che il controinteressato asserisce voler ripristinare: la configurazione della copertura non appare infatti caratterizzata da un terrazzo a livello con parapetto accessibile dalle aperture presenti sul piccolo fronte ricavato dal sottotetto, quanto piuttosto da una copertura inclinata a falda con presenza di lucernai».

Di conseguenza «Il complessivo intervento proposto comporterebbe quindi la trasformazione di un sottotetto inutilizzabile in terrazzo calpestabile, con la realizzazione anche di una vetrata continua con struttura in legno in corrispondenza della linea di colmo per accedere al nuovo terrazzo, con conseguente aumento della superficie utile calpestabile e con modifica del prospetto principale». La sentenza richiama la giurisprudenza secondo cui un intervento comportante la trasformazione del tetto in terrazzo di copertura va inquadrato tra gli interventi di ristrutturazione edilizia: «La trasformazione di un tetto di copertura in terrazzo calpestabile modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo preesistente – risolvendosi in ultima analisi in una alterazione di prospetto e sagoma dell’immobile».

Ebbene, il Piano Territoriale Paesaggistico dell’isola d’Ischia consente sì la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, ma precisa che questa «dovrà ammettersi soltanto per gli edifici di recente impianto (realizzati dopo il 1945), con l’esclusione degli edifici di valore storico-artistico ed ambientale-paesistico…».

Come rileva il Tar, «il fabbricato oggetto del predetto intervento, da qualificare in termini di ristrutturazione edilizia, è stato invece realizzato in epoca antecedente al 1945 (prima del 1940) per cui l’autorizzazione paesaggistica rilasciata deve ritenersi illegittima per contrasto con il PTP». In sostanza il Comune di Casamicciola Terme, nel “silenzio” della Soprintendenza, ha sbagliato. E qui i giudici richiamano una precedente sentenza del Tar secondo cui «il P.T.P. vieta ogni incremento dei volumi esistenti consentendo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia limitatamente ai fabbricati edificati dopo il 1945».

Inevitabile a questo punto l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica impugnata anche se, nella sostanza, nulla cambia. Quei lavori infatti non sono mai stati realizzati, tanto che la SCIA era decaduta. Resta solo l’ennesimo errore commesso dal Comune.

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  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

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