Si tratta di Donato Di Palo, titolare della società “Cogedi srl”. Dopo essersi aggiudicato un appalto in terraferma, venne avvicinato dall’imputato e da appartenenti al clan Graziano costringendolo a subappaltare i lavori ad un edificio per un ammontare di oltre 1 milione di euro. Le indagini della Procura di Napoli vennero agevolate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Felice Graziano
PAOLO MOSE’ | Un imprenditore foriano è stato vittima di una estorsione con metodo mafioso da parte di un personaggio, tale Francesco Costa, che si era presentato al cantiere per pretendere un contratto di subappalto per dei lavori che si stavano realizzando in terraferma. Vittima è Donato Di Palo, titolare della società “CO.G.E.DI. S.r.l.”, che si era rifiutato di sottostare alle pressanti richieste, consentendo alle forze dell’ordine di poter individuare il Costa e i suoi accoliti che avevano lo stesso interesse ad impadronirsi dei lavori. Una classica attività che si manifesta nell’hinterland napoletano, dove le imprese che si aggiudicano gli appalti vengono successivamente avvicinate pretendendo che determinate attività siano trasferite a società di comodo che il più delle volte fanno riferimento a gruppi che lambiscono gli interessi anche della criminalità organizzata. Stessa attività era stata posta in essere nei confronti di un’altra ditta individuale, la “Grimaldi Alfonso”.
I carabinieri del Nucleo operativo hanno informato la procura della Repubblica con numerose comunicazioni notizia di reato nel periodo che va dal 2012 al 2015, comprendendo un’area molto estesa della regione Campania ed in particolare i comuni di Avellino e Salerno. Il Di Palo è stato per ben tre volte ascoltato dai carabinieri, in cui ha dichiarato gli incontri che fu costretto a subire con il Costa e gli altri appartenenti a gruppi più o meno chiacchierati, ma non conoscendo se fossero legati ad organizzazioni criminali avendo per la prima volta messo piede in quelle aree dove maggiormente si verificano attacchi ai cantieri o si pretendono i subappalti.
Il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia si è avvalso di un collaboratore di giustizia, tale Felice Graziano, esponente di quella omonima famiglia che nell’Avellinese ha sempre dettato legge e che ha utilizzato la violenza come arma di dissuasione verso chi non si piegava agli interessi del clan. Il Graziano ha reso dichiarazioni interessanti che vanno dal 2008 al 2010, dove ha descritto la mappa degli affari del clan e soprattutto indicando i vari personaggi che venivano utilizzati per imporre la propria legge nel campo degli appalti pubblici. Dando la possibilità ai carabinieri di trovare quegli spiragli per inchiodare alle proprie responsabilità quei piccoli imprenditori che imponevano la propria legge verso quelle imprese che gareggiavano lecitamente per acquisire commesse nel campo edilizio.
Il Costa è stato rinviato a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare per concorso in estorsione con l’aggravante prevista per il reato di rapina e di favoreggiamento camorristico. In quanto avrebbe fatto parte di un medesimo disegno criminoso con altri soggetti che di fatto sono il riferimento di un gruppo malavitoso presente sul territorio dell’Avellinese e di cui ne era parte integrante anche il collaboratore di giustizia Felice Graziano. Coinvolgendo finanche funzionari comunali dell’Ufficio tecnico che elargivano informazioni e documenti per agevolare determinate gare d’appalto. A loro volta entravano in scena proprio gli attuali imputati, che si presentavano come distinti imprenditori al fine di ottenere un contratto di subappalto. In particolare avrebbero costretto il Di Palo, quale titolare dell’impresa “CO.G.E.DI. S.r.l.”, a cui era stata assegnata la ristrutturazione di un edificio per un ammontare di oltre un milione di euro, ad abbandonare l’esecuzione dei lavori per assegnarli alla ditta del Costa. Questi a sua volta avrebbe subappaltato le attività alla ditta di “Grimaldi Alfonso”. Costringendo quest’ultima ditta ad eseguire i lavori ad un prezzo al di sotto della media, tanto da non consentire alcun utile. Le dichiarazioni del Grimaldi sono state ritenute utili per consentire di inchiodare alle proprie responsabilità l’attuale imputato. Il tutto per favorire il clan Graziano. A scoperchiare definitivamente tutto il giro era stato proprio il collaboratore di giustizia Felice Graziano, che una volta pentitosi ha raccontato tutte le attività estorsive da lui poste in essere in concorso con altri affiliati per mantenere il controllo di tutte le attività edilizie che venivano realizzate sul territorio posto sotto il suo controllo.
Il pubblico ministero ha insistito dinanzi al gup per il rinvio a giudizio di Francesco Costa, il quale dovrà comparire dinanzi al tribunale in conformazione collegiale per rispondere di un’articolata contestazione, così come richiesto dal sostituto procuratore Francesco Soviero: «Perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con Graziano Felice, Abbate Salvatore, Di Costanzo Vincenzo, Borrelli Pasquale e Cardaropoli Vittorio, (agendo il Graziano come mandante e garante dell’operazione, il Cardaropoli come dipendente dell’Ufficio tecnico comunale che fornì informazioni e documenti sulle gare di appalto bandite dal comune di Bracigliano e gli altri come esecutori materiali e beneficiari della condotta illecita in quanto si incontrarono con la persona offesa e con toni e metodi minacciosi costrinsero la persona offesa stessa a sottoscrivere il contratto di subappalto), al fine di procurarsi un ingiusto profitto con altrui danno. costringevano Di Palo Donato (titolare della ditta“CO.G.E.DI. S.r.l.”, che si era aggiudicata la gara di appalto dei lavori “di ristrutturazione edilizia, recupero e riqualificazione ambientale del palazzo De Simone, primo lotto – rep 1254″ per un importo di 1.010.994,56, sito in Bracigliano) ad abbandonare l’esecuzione dei lavori stessi, che vennero poi ceduti in subappalto alla ditta “Costa Francesco” (che poi cedette a sua volta l’esecuzione dei lavori in oggetto in subappalto alla ditta “Grimaldi Alfonso”, che quindi eseguì di fatto i suddetti lavori), con conseguente ingiusto profitto e relativo danno per la vittima, costituito dalla perdita dell’utile derivante dalla esecuzione dei lavori, quantificato in circa 170.000 euro. commettendo il fatto con minaccia, consistita ne rappresentare la appartenenza di Graziano Felice al clan Graziano come capo e nel prospettare la necessita di avere la loro protezione per poter lavorare con tranquillità nel comune di Bracigliano.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. ovvero per agevolare le attività della associazione camorristica GRAZIANO, operante in Avellino e provincia, in particolare nel Vallo di Lauro, e in provincia di Salerno».
L’imputato è a giudizio con l’aggravante della recidiva, per essere stato sottoposto nel passato ad ulteriori indagini della magistratura. Donato Di Palo risulta essere in questo processo parte offesa con la possibilità di potersi costituire parte civile.
questo signore non e’ foriano non mischiate l’oro con la rame
Ma che foriano e foriano!!! È della terraferma! Ma è stato taglieggiato da un clan rivale? O è solo il metodo per far uscire santo il diavolo? VIA DA FORIO!
infatti questo per farlo uscire pulito lo devono far passare sotto la porta santa a Roma e forse neanche li si purifica tra corrotti e corruttori foriani si trovano bene