Attori & Spettatori di Anna Fermo | “Piazzapulita”, puntata del 6 marzo: Corrado Formigli intervista Michele Serra e gli annuncia la sua adesione per il 15 marzo. 17 minuti di propaganda preconfezionata, palesemente nessuna improvvisazione. Dal primo minuto Formigli “sbaglia” e chiama più volte “marcia” la manifestazione, con Serra che prende le distanze dalla Marcia su Roma del 1922 e Formigli che d’un tratto rinviene e “capisce” da dove arriva il lapsus, dalla Marcia di Assisi! Serra annuisce, gradisce, e, come è stato definito, l’ibrido militarista-pacifista è servito. Si susseguono domande “scomode” a cui vengono date risposte comode per tracciare la linea senza impedimenti. 800 miliardi di euro per il Piano ReArm Europe ? Per Michele Serra questa “non è una risposta entusiasmante… von der Leyen poteva proporre di mettere insieme una difesa comune europea… per difendere un patrimonio di valori…”. Serra è un giornalista o un politico? Lui dice di essere lontano dalla politica, noi ci sentiamo presi per i fondelli!
Diciamo che mentre la cinica von der Leyen, ahimè a questo punto fin troppo “onesta”, palesava il Piano ReArm Europe, per Serra sarebbe stato meglio non presentare subito il conto, almeno non mentre lui organizzava la manifestazione del 15 marzo. Formigli fa l’avvocato del diavolo e parla di Trump come “l’unico che cerca la pace” e Serra tira fuori la sua linea pacifista “a geometria variabile”: “pace è una parola complicata, tutti dicono che è bello, poi bisogna vedere cosa c’è dentro”.
E cosa vuoi che ci sia? Piuttosto c’è da chiedersi se non sia troppo facile parlare di “pace giusta” senza spiegarsi meglio e di quanto sia eccessivamente facile concordare tutti sul fatto che l’accordo Trump-Putin potrebbe rivelarsi ingiusto per l’Ucraina. Il problema vero è che la controproposta pacifista non c’è e non solo da parte di Michele Serra per il quale, dopo 3 anni di “cessate il fuoco”, a questo punto sembra essere meglio, più giusto, che la guerra tra Russia e Ucraina continui, magari finché non ci sarà un esercito europeo pronto a scendere in campo.
Ecco, su questi presupposti, sabato 15 marzo si è svolta la manifestazione “Una Piazza per l’Europa”, nata proprio dall’ appello pubblico lanciato dal giornalista e scrittore Michele Serra sulle pagine di La Repubblica. Doveva essere un grande raduno apartitico per riaffermare i valori fondanti dell’Unione europea, invitando cittadini, amministratori locali, sindacati e movimenti civici ad unirsi sotto un’unica bandiera: quella dell’Europa. Peccato che l’ampio consenso sia giunto solo da parte della sinistra italiana e delle opposizioni al netto del M5Stelle. Organizzata e promossa da una gloriosa testata giornalistica politicamente e da sempre ben schierata, non è un caso che alcuni l’hanno definita, ‘le cento sfumature di rosso’, altri come ‘la piazza del tutto e del contrario di tutto’, altri ancora come una ‘bella scampagnata’ di tutto ciò che è riconducibile alla sinistra italiana. Sinistra riformista, radicale, massimalista, estremista, televisiva, editoriale, accademica, giornalistica, comica, artistica e cinematografica. Ma sempre di sinistra si tratta, com’era ovvio ed evidente sin dall’inizio.
Serra ai microfoni di Radio2, aveva anticipato «sarà una manifestazione per l’Europa fatta di cittadini. Sarà la piazza di quelli che non sanno cosa fare, ma che vogliono esserci e chiedersi che cosa devono fare sul tema della pace e della difesa». Sul futuro dell’Europa, con l’intento di riaffermare i valori fondanti dell’Unione Europea e la necessità di un’Europa più unita e forte di fronte alle sfide epocali attuali. L’appello lanciato da Michele Serra tra l’altro metteva anche in guardia: il progetto europeo è in pericolo e va difeso con urgenza.
Il recente deterioramento del contesto geopolitico, con la guerra in Ucraina e le tensioni globali, è come se avessero suonato una sveglia per l’Europa e l’obiettivo dichiarato di Serra era quello di «ribadire con forza il bisogno di unità, al di là di ogni fede politica, in un momento di grandi difficoltà e cambiamenti nel mondo». Così, il 15 marzo si è tentato di lanciare un messaggio ai leader politici nazionali ed europei: “c’è una marea di cittadini europei pronti a farsi sentire per chiedere di “fare l’Europa” davvero, con l’intento di ribadire che solo un’Europa più solida può affrontare le grandi sfide globali”.
Eppure, come era da attendersi, non solo la Destra non è scesa in piazza, ma lo stesso tema della difesa comune europea, ha finito per evidenziare ancor di più di quanto non avessimo già avvertito in questi ultimi giorni, divisioni tra i partecipanti di sinistra. Come è stato osservato, “da un lato, alcuni vedono la necessità di rafforzare la sicurezza del continente, dall’altro c’è chi teme che il processo possa trasformarsi in una corsa al riarmo. Questa tensione si riflette nella diversità dei simboli che sono stati portati in piazza: bandiere europee, vessilli della pace e bandiere ucraine”.
Nonostante la presenza di molti esponenti dell’opposizione, le divisioni sulle posizioni riguardo il riarmo europeo sono state palesi: pacifisti contri sostenitori dell’Ucraina. D’altronde, all’interno del PD non è un segreto che ci siano differenze significative tra chi sostiene il riarmo UE e chi lo critica. All’ appello di Michele Serra nent’altro che la risposta di una sinistra confusa, tra l’altro senza giovani, rivelatisidi fatto i grandi assenti.
Trecento sindaci (da Roberto Gualtieri a Gaetano Manfredi a Vittoria Ferdinandi in su e in giù in senso geografico) ed un popolo di ex girotondini, ampiamente rappresentati in una piazza per la maggioranza over 55-60, in pensione o quasi: “speriamo sia l’inizio di una nuova stagione di piazza, come con i Girotondi”, qualcuno di loro ha confermato. D’altronde, li ha chiamati Michele Serra, li ha chiamati Repubblica, il giornale che anni fa combatteva contro Berlusconi. “Sul palco non c’è Nanni Moretti a dire “con questi dirigenti non vinceremo mai”, ma c’è Corrado Augias e ci sono i protagonisti di allora (idealmente, in collegamento, per messaggio o in presenza, dall’ex direttore di Rep. Ezio Mauro a Concita De Gregorio a Luciana Littizzetto a Gustavo Zagrebelsky).
In cinquantamila, armati di bandiere blu pur di allargare il perimetro della piazza verso l’urna. Elly ci spera: questi cinquantamila attireranno altri voti per il PD? Contro la triade Trump-Musk e Putin, come ai tempi contro Berlusconi, nel solo tentativo di identificare una collettività in “sinistra pro Europa” da contrapporre alla destra nazionalista prima nazionale e poi mondiale.
La segretaria Pd Elly Schlein, coprotagonista ufficiosa della giornata, non sa ancora cosa succederà nel Pd, dopo il voto che a Strasburgo ha rimandato a Roma l’immagine dei dem divisi sulla questione difesa e riarmo europeo, eppure, in piazza del Popolo, dove tante volte si è riunita la destra, ha messo in scena una sorta di “pride” di una sinistra che vorrebbe esserci, confusa ma insieme, con un grande punto interrogativo blu, come ha detto lo stesso Michele Serra, “presente comunque, con enormi e inconciliabili differenze, per gli ideali che un tempo si pensavano acquisiti, e oggi chissà”.
Dove sono i giovani europeisti? Tra gli ex girotondini e gli attivisti dalle mille battaglie, nemmeno l’ombra! Qualcuno tenta di spiegarne il motivo: “L’Europa sembra una cosa lontana, non a rischio” per i ragazzi. “forse dovremmo parlare di più con i giovani, sensibilizzarli”. E l’Ucraina? “Va difesa, anche se parlare di armi è un po’ un tabù”, dice Giulia, 21 anni, coprendosi il capo con il cappuccio di felpa che la rende indistinguibile dagli altri, quelli che in piazza andavano in massa ai “Friday for the future” di Greta Thunberg e che l’anno scorso hanno riempito il Circo Massimo contro il femminicidio.
C’ha pensato il militante di molte battaglie lontane, fan di Maurizio Landini a dare corpo alla manifestazione. 65-70 anni, come l’ex girotondino, ma, a differenza dell’ex girotondino, che a volte ha cambiato partito pur nell’ambito del centrosinistra, quest’ultimo ha sempre votato per l’ex Pci-Pds-Ds oggi Pd, sempre dal lato più duro e puro, per così dire pro Cgil senza se e senza ma. “Un tempo venivamo con i pullman del sindacato”.
Seppur non i massa, le femministe non potevano mancare armate di cartelli: “Diritti delle donne, non dimentichiamo”; “Femminicidio, altre vittime innocenti”; “Parità di retribuzione”.
E l’Europa? E le bandiere blu? La difesa, il riarmo? Che fine hanno fatto? “E’ tutto collegato, sempre di diritti negati parliamo, no?”. Diritti di chi? Degli ucraini, degli europei minacciati da Putin e dai dazi di Trump? Bha!
L’evento “In Piazza per l’Europa”, alla fine si è concluso con un’unica certezza: nessuna risposta, solo domande. Si, perché dalla piazza non è venuto alcun esempio costruttivo.
“Una bella e solare iniziativa accompagnata da alcuni nemici giurati: Giorgia Meloni, la coalizione di centro destra, la nuova leadership politica americana e, soprattutto, il progetto della von der Leyen, la risoluzione votata recentemente a larga maggioranza per rafforzare ed affinare la nuova “difesa comune europea”. Questi i nemici giurati della manifestazione che si è svolta in Piazza del Popolo a Roma”, come è stato osservato anticipando una domanda su tutte: “Com’è possibile, secondo il minestrone rosso di Piazza del Popolo, costruire un vero ‘spirito europeo’, al di là delle chiacchiere e della solita propaganda, demonizzando e detestando scientificamente il nemico politico?”. Volenti o nolenti, alla fine, questo è “il vero punto debole di manifestazioni che invocano giustamente un rinnovato ed aggiornato ‘spirito europeo’ e poi, come da copione, a livello nazionale hanno un nemico politico da combattere senza scrupoli e senza tregua, nel caso specifico, la maggioranza che governa il paese”.
Altro che richiamo al patrimonio e all’esperienza dei padri costituenti di un’Europa federale, democratica e unita attorno a valori comuni e, soprattutto, condivisi!
