Piazza degli Eroi (con tanto di Calise allagato fin sotto i banconi del bar), Via Alfredo De Luca, Via delle Ginestre, Pilastri, Arenella (a rischio evacuazione), Nitrodi, Testaccio e… non oso immaginare quante altre zone della nostra Isola, tra ieri e oggi, stanno vivendo l’incubo dell’allagamento da temporale e la paralisi del traffico totale. Nell’Italia friabile di cui Vi ho sempre parlato e che, con un meteo come quello degli ultimi giorni, torna costantemente alla ribalta dei principali notiziari, l’isola d’Ischia sa sempre come recitare la propria parte, pagando pegno non solo per l’atavica mancanza di infrastrutture pubbliche adeguate, ma soprattutto per l’incapacità da parte di chi amministra di rendersi conto che il completamento di una rete fognaria e la connessione ad un adeguato impianto di depurazione rappresenti qualcosa di veramente importante in termini di priorità per un paese cosiddetto civile.
Ma quel che più avvilisce, in particolare dopo quanto accaduto a Casamicciola due anni fa, è l’impressione sempre più frequente, in questi casi, di non sentirsi al sicuro a casa propria, magari con il wi-fi fuori uso perché col maltempo la fibra in zona è guasta e non puoi neppure chiamare qualcuno per chiedere aiuto (progresso o regresso?). Ed ecco che il pensiero va inevitabilmente a quelle dodici vittime del Rarone e a tutte quelle famiglie che, in un modo o nell’altro, hanno dovuto dire addio per sempre alle proprie abitazioni, molte delle quali stanno gradualmente andando giù nel programma di delocalizzazione e demolizione.
E a proposito di frana… un mio amico, grande cercatore di funghi nei nostri boschi, mi ha espresso la sua perplessità sul fatto che Selva Massara, un cavone che sta a monte della Borbonica in quel di Forio, non sia stato oggetto di alcun intervento di pulizia e messa in sicurezza, sebbene si trovi in condizioni pietose. E mi ha riportato alla mente quando, dieci giorni prima della frana di due anni or sono, a caccia con il mio Trump accanto alla traccia sinistra della futura frana, nel ribattere una beccaccia ebbi modo di notare l’enorme quantità di detriti che intasavano gli alvei di quella zona. Come non aspettarsi il peggio?
C’è un vecchio adagio napoletano che recita: “Truòvete ‘u bene ca ‘u male vene isse sule” (la traduzione è fin troppo semplice). Ma è avvilente renderci conto che anche dinanzi alle ferite perenni inferte ad un’intera comunità da esperienze tragiche e imprevedibili, questa terra non riesca a trovare forza, capacità ed equilibrio per dire basta all’egoistico pressappochismo che le appartiene e a smetterla di nascondersi dietro quell’etichetta di naturale pericolosità che risponde al nome di rischio idrogeologico su cui fonda la sete di assistenzialismo che è ormai parte di sé stessa.
Daily 4ward di Davide Conte del 19 ottobre 2024