Pasquale Raicaldo | E’ il bello dello sport. Non vince sempre il più forte. Ed è quando Davide batte Golia, con tenacia e sofferenza, gettando il cuore oltre l’ostacolo e annullando la differenza di valori, che il calcio mostra il suo volto più imprevedibilmente genuino. Ischia-Lecce è tutta qui: nell’epopea della provinciale che sgambetta il club blasonato, Miccoli che scompare nella morsa Sicignano-Impagliazzo, Bogliacino che estrae dal cilindro un sinistro sopraffino salvo poi cedere il passo, lui e tutti i giallorossi superfavoriti (la vittoria dell’Ischia era data a 4.25), grandi eppure così piccini nel finale all’arrembaggio, con tutto il “Mazzella” a soffiare e soffrire, per preservare quel due a uno che ha tutta l’aria d’essere una impresa ischitana.
La fionda che colpisce il gigante la estrae Ciotola, uno degli uomini più positivi di quest’Ischia che soffre e soffrirà, per salvarsi, ma che intanto inscrive nel libro delle imprese più belle di tutti i tempi questo successo imprevisto e sofferto, epperciò più bello.
Ciotola, appunto. Ecco homo. O meglio: Lecce homo. E’ l’uomo copertina, ma quest’Ischia garibaldina e umilmente consapevole di essere sfavorita, ma non per questo battuta, non ha certo nelle individualità (oggettivamente poche) il valore aggiunto in grado di spianarle la strada verso una salvezza che resta complicata. Resta modesta, quest’Ischia, e persino inadeguata in alcuni uomini: ma è proprio questa consapevolezza che può paradossalmente costituirne un valore aggiunto.
Solo dando il 100%, come accaduto nei novantacinque minuti del “Mazzella”, l’Ischia può invertire il trend di un girone d’andata deficitario e dare seguito al confortante cammino di Agenore Maurizi, uno che – per l’appunto – ha preferito le cose semplici ad alchimìe tattiche e rivoluzioni, vere o presunte.
A chi aveva fatto la bocca dolce con il campionato dei record in D (quella squadra, la squadra dei Cunzi e dei Nigro, dei Mattera e dei Longo, finirebbe, oggi, tra le prime 5 in Lega Pro), brindando con lo champagne degustando caviale, il pane e mortadella famelicamente addentato oggi parrà un triplo salto carpiato all’indietro. Eppure, restano negli occhi – e appagano – quegli ultimi venti minuti di rara sofferenza, che ci hanno portato indietro a un calcio genuinamente catenacciaro e non privo di espedienti. E con loro quell’abbraccio corale di un pubblico che ha saputo portare per mano un undici in difficoltà, esaltandosi non più per un dribbling ubriacante in attacco ma per una capocciata di Sirignano: è lui, più di Ciotola, l’uomo partita.
Con una menzione a Gigi Mennella, il capro espiatorio degli ultimi mesi. Rabbuiato in panchina? Macché. Il primo a far festa a fine gara. E’ anche da questi particolari che si giudica un giocatore.
Se è questa l’attuale dimensione dell’Ischia, se monsieur Carlino ritiene di esserne allontanato perché è diventato – questo – un calcio che non gli appartiene, può non essere casuale questa vittoria, sofferta e in fondo meritata, che riconcilia Ischia e l’Ischia. Riconsegnando una squadra modesta ma tenace. Piccola ma gigante, proprio come Davide di fronte a Golia. Lui così piccino, eppure orgogliosamente capace di abbatterlo.