giovedì, Settembre 19, 2024

La battaglia di gennaio. Occasione irripetibile per Ischia

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Servono oltre 500 milioni di euro e non possiamo restare isolati

Gaetano Di Meglio | Quello che è successo il 26 novembre è così grave, ma così grave, che non ne abbiamo capito neanche una minima parte. È trascorso un mese di caos, di paura e di confusione che ha reso la vicenda ancora più complicata e ancora più complessa da comprendere e da inquadrare. Eppure, mi sembra che l’opinione pubblica locale sia ancora frastornata e ancora colpita dall’evento. I dodici morti, il dolore immenso, la vicinanza della tragedia collettiva, il lutto collettivo da comprendere e da elaborare sono ancora in una fase embrionale. E, in questa fase di confusione, la comunità locale si muove male e reagisce peggio. Abbiamo vissuto la fase del razzismo verso le parti alte dell’isola perché avevamo paura della nebbia, abbiamo vissuto l’onda della solidarietà senza comprendere il rischio e, in qualche modo, abbiamo cacciato via soccorritori e volontari. Abbiamo protestato contro la Nave della Marina Militare all’esterno del porto di Casamicciola. Ogni tanto leggiamo chi vorrebbe l’invio di truppe cammellate per togliere il fango e di chi immagina che in un batti baleno si risolvano questioni che ci portiamo avanti da sempre. Colpiti nell’orgoglio dalle accuse del mainstream abbiamo fatto muro e abbiamo giustificato tutte le nefandezze che abbiamo commesso ai danni del territorio. Ci siamo dimenticati di cosa, come e dove abbiamo costruito e, con un colpo di spugna, ci siamo autoconvinti che non siamo abusivi.

A questo scenario già difficile da comprendere abbiamo aggiunto la tiritera contro le autorità che sanno solo sfollare, sanno solo chiudere e pensano solo a difendersi dalle responsabilità. Certo, questo è una verità assoluta, tuttavia non è l’unica verità che compone il quadro che, invece, è molto più ampio.
E così, mentre gli sfollati attendono risposte per il loro rientro in casa (si spera in sicurezza), mentre si procede a passo spedito per la definizione degli interventi da effettuare per ridurre il rischio residuo sul territorio, continuiamo a perdere terreno e a perdere voce e a perdere interesse. Abbiamo fatto il gioco di chi vuole che si spengano i riflettori su Ischia e che la nostra emergenza proceda all’italiana. Un po’ alla “cazzo di cane” come recita la sigla di Boris. In questo mese sono nati e rinati alcuni comitati civici e, come si pensava, hanno già perso voce e non hanno avuto neanche il guizzo di chi appena inizia. Nati morti.
E stiamo commettendo gli stessi errori del terremoto. Invece di alzare il livello dello sconto e della dialettica, abbiamo deciso di fare i silenziosi. Abbiamo deciso, non si sa perché, di non parlare, di non chiedere, di non protestare. Ci facciamo rappresentare da sindaci incapaci e, cosa assai più grave, senza dati e senza fatti.

Viviamo nell’assurdo di dover indicare una zona bianca su una mappa inutile e senza significato per quello che è successo e senza nessun legame con l’attualità e non ci possiamo difendere con uno studio serio sui nostri dati. Ci becchiamo ancora i titoloni sulle 27 mila istanze di condono pendenti e nessuno che spiega, ufficialmente, che le cose sono diverse. Ma questo è compito della politica. Compito della società civile, invece, è creare le condizioni affinché la politica sia vicina e faccia la sua parte.
Compito della società civile è quello di tenere il fiato sul collo, di controllare, di pungolare, di chiedere attenzione e di pretendere risposte da chi di dovere. Ma nulla. Non parlano i 454 (fino al 30 dicembre) sfollati di Casamicciola. Tacciono in attesa di sapere solo quando possono tornare a casa. Il resto, poi, è il problema di qualche altro.

In questo agire silenzioso, che potrebbe essere utile in altri casi ma sicuramente non nel nostro, stiamo perdendo l’ultima opportunità che abbiamo. Il fatto che Casamicciola non abbia un sindaco in carica è senza dubbio la cosa migliore che ci potesse capitare in questa situazione. Una nota positiva in un mare di fango. Eppure, la società civile, per l’ennesima volta, non ha colto l’unicità di quest’ultima occasione. L’ora o mai più.
Con tutto il rispetto possibile (e questo rispetto lo abbiamo praticato) per la decisione delle famiglie di celebrare riti funebri non solenni, non si comprendere perché mai la società civile di Ischia non abbia dovuto accogliere i rappresentanti istituzionali del governo. Non si comprende perché mai, abbiamo dovuto spegnere i riflettori su Ischia. Non si comprende perché non abbiamo “costretto” il ministro Pichetto Fratin a firmare i “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici” sul fango del Celario.
Non si capisce perché non abbiamo “costretto” la Meloni a tenere un Consiglio dei Ministri sul Celario. Non si comprende perché dovremmo dire no agli impegni dell’ENIT che questa mattina verranno presentati dal Ministro Santanchè.

Non si capisce perché mai dovremmo inseguire i desiderata di chi fino al 25 novembre si preoccupava solo del CAS e di quando gli arrivava il bonifico.
Su questo andazzo collettivo misto a disinteresse, disaffezione ed egoismo e, solo per 454 cittadini ad esigenze vitali, l’opinione pubblica di Ischia (che in verità non esiste) deve iniziare ad avere una voce e una missione perché i giorni che verranno saranno i più difficili della nostra storia.
Il mese di gennaio e i lavori parlamentari che porteranno alla conversione in legge del Decreto Ischia sono fondamentali e cruciali per il nostro domani. Il post 26 novembre, oltre al fango, ci ha portato un nuovo senso alle parole “allerta meteo”, “sfollati” e “rischio”. Sulla loro pelle gli sfollati stanno provando il dolore e la sofferenza di cosa significa vivere fuori casa; tuttavia, tra di noi c’è chi gioca con il “no tu no”.

Siamo così messi male che abbiamo bisogno di tutti. Abbiamo bisogno di aprire le nostre porte e di accogliere sull’isola tutte le passerelle possibili. Non ci possiamo permettere di sprecare l’occasione della conversione del DL Ischia e abbiamo bisogno di una larghissima piattaforma di consenso e di consapevolezza. Non possiamo contare sul main stream perché siamo sputtanati da anni e anni di abusivismo, ma possiamo contare sul consenso parlamentare. E non possiamo neanche affidarlo ai singoli rappresentanti, abbiamo l’obbligo morale, verso tutti, di allargare la richiesta.
Se perdiamo la “battaglia di gennaio”, quella che porta alla conversione del DL Ischia in legge saremo spacciati. Ci servono norme chiare e adatte al nostro territorio accompagnate da risorse certe. Stando alle previsioni che gli uffici stanno valutando al fine di avere una messa in sicurezza accettabile servono oltre 200 milioni di euro. Serve coraggio nelle scelte e norme derogatorie importanti e uniche. Nel paese delle mille emergenze non possiamo pensare di vivere e procedere con due tipi di emergenze staccate. Perché perdiamo tempo e buttiamo i soldi.

Un esempio? In questi giorni sono stati liquidati i primi 280 mila su 750 mila euro per una “danni pesanti” a Casamicciola Terme. Un’abitazione che corre il rischio di rientrare nella famosa “Zona blu” e di dover essere sfollata alla prossima allerta meteo. Avere le due ricostruzioni separare, significa solo regalare soldi ai tecnici. Come i 38 mila che ha incassato il tecnico che ha presentato la pratica di ricostruzione da un milione di Euro per un’abitazione che sorge “quasi” al Celario.
La “battaglia di gennaio” è quella finale e non ci possiamo permettere di steccarla. La conversione del Decreto Ischia è l’ultima occasione che abbiamo per riscattarci dalle accuse dell’abusivismo, dalla considerazione generale e, soprattutto, dalle conseguenze con cui ci troveremo a fare i conti perché non possiamo essere condannati a vivere con l’allerta meteo.

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