Le numerose sentenze della Cassazione che pubblichiamo e che confermano le demolizioni da RESA si stanno trasformando in un incubo per i cittadini. Le ruspe avanzano e rischiano di trasformare l’isola nella Gaza della Campania. E su questo fronte l’autunno 2024 sta diventando sicuramente un “autunno caldo”.
Nonostante i ricorsi presentati dagli interessati, difesi da esperti legali, gli “ermellini” non fanno sconti. La Corte di Cassazione consente di demolire manufatti abusivi anche dopo trent’anni dalla sentenza divenuta definitiva, ritenendola non soggetta a prescrizione in quanto sanzione amministrativa ma non penale, che invece si prescrive.
L’articolo 31 del Testo Unico Edilizia che regola la materia urbanistica non lo contempla, ma l’orientamento della Cassazione è esattamente l’opposto e fa testo. E non è da ieri che si levano voci contro le decisioni della magistratura, l’unica a detenere in Italia il potere reale e a non doverne rispondere.
Spesso si ricollegano le demolizioni alle solite guerre tra vicini, ma nel caso delle procedure RESA il discorso è ben diverso.
Una situazione che di fatto penalizza ancor di più i cittadini che avevano anche provato a mettersi in regola, presentando istanza di condono, pagando la relativa oblazione e ottenendo la sanatoria. Tutto inutile. Le cospicue somme versate ai Comuni e gli onorari ai tecnici di fiducia sono stati letteralmente buttati a mare. La magistratura infatti considera carta straccia i permessi di costruire in sanatoria in quanto ritiene che la procedura seguita sia sbagliata: gli Uffici Tecnici non possono sanare le opere realizzate successivamente al condono edilizio, ma devono farlo solo per quelle opere che erano esistenti alla data del termine ultimo.
I dirigenti degli Uffici Tecnici dovrebbero dunque rivedere i criteri fin qui adottati, che non vanno a beneficio dei cittadini, ma tutt’altro, comportando solo cospicui e inutili esborsi.
Anche i Consigli comunali devono prendersi la loro responsabilità, dicendo a chiare lettere alla Procura, nell’esercizio della loro autonomia, che in bilancio non si prevedono soldi per le demolizioni perché è prevalente la previsione per opere di vitale importanza, come le fogne per smaltire i torrenti di acqua che si registrano a ogni forte pioggia, la realizzazione di scogliere per proteggere la costa, come nel caso della spiaggia dei Maronti e la pulizia degli alvei per evitare le frane. Tutti devono avere il coraggio di fare la loro parte senza versare lacrime di coccodrillo dinanzi alla case abbattute.
A BARANO MAGGIOR NUMERO DI DEMOLIZIONI
E se tutti i comuni isolani non ridono, Barano… piange. Qui si sta registrando infatti il maggior numero di demolizioni in due mesi. E la peggiore ingiustizia è che vengono abbattuti manufatti destinati ad abitazione. Sono state demolite le case di Benedetto Mattera alla Cava Nocelle, di Gennaro Di Scala in via Piano, di Maria Carmela Pesce al Vatoliere, di Luisa Ignoranza a via Cretaio e oggi si demolisce l’officina di Del Deo a via Vittorio Emanuele. Ancor più ingiusto il caso di Gennaro Di Scala, che ha ristrutturato un’abitazione già esistente, ereditata dal padre ed oggi si trova senza casa e non la può neppure ricostruire.
La demolizione della piccola officina di Del Deo, che non è un illecito rilevante, sottrae lo strumento di lavoro ad una onesta famiglia.
La recente assoluzione dell’ing. Crescenzo Ungaro dal reato di abuso d’ufficio aveva illuso che il beneficiario del condono edilizio da lui firmato potesse ricostruire la casa che era stata buttata a terra nell’estate del 2023. Invece è solo una vittoria di Pirro e Ungaro deve essere riconoscente alla Meloni che ha abolito l’abuso in atti di ufficio ed il Tribunale rapidamente ha archiviato il fascicolo perché il reato non è più previsto.
Una situazione paradossale, in quanto il comune di Barano è il territorio con il patrimonio edilizio più ridotto per la aspettative del suo territorio e della sua popolazione. Anche qui c’è da augurarsi che la politica sappia intervenire con provvedimenti seri e non con le solite promesse ad ogni elezione, poi dimenticate.