venerdì, Gennaio 10, 2025

LA CUPOLA DEI CONTAGI | #chiesechiuse

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Daniela Scotti | Quest’ anno di pandemia è stato una grande palestra di vita. Ne abbiamo vissute di ogni, ne abbiamo sentite anche troppe, ne abbiamo capite sempre di più, ne vorremmo vedere molte meno. Ciò che fino ad un anno fa ci sembrava normale o sopportabile, oggi appare intollerabile ed assurdo. Per motivi di lavoro e di amicizia mi trovo spesso a confrontarmi con realtà sociali diverse e ritengo estremamente costruttivo e di arricchimento tale confronto.

In questo momento storico il sentimento principale che alberga in ognuno di noi è lo stato di stanchezza alimentato dall’insicurezza e dalla incapacità di ripresa economica e sociale di tanti anzi tantissimi. A tutto ciò poi si associa un sottile ma a tratti crescente e prorompente sentimento di rabbia per l’insostenibile leggerezza di molti esseri umani.
Fino a qualche ventina di giorni fa eravamo tutti abbastanza sereni perché vicini al traguardo vaccini e alle riaperture e contavamo un numero esiguo di contagi . Poi con l’avvicinarsi della Santa Pasqua il sentimento religioso ha preso il sopravvento sulla ragionevole consapevolezza di uno stato di emergenza mai risolto e tra una cerimonia religiosa, un rituale sacro, tra un sacramento e un paramento, tra pranzi in famiglia e preghiere in compagnia la nostra apparente quiete è schizzata via.

E se da una parte molti di noi si sono privati dei classici pranzi in famiglia per preservare e non inficiare le vaccinazione dei nostri cari, molti invece hanno ritenuto le Chiese luoghi sacri ed immuni ed hanno consapevolmente peccato… peccato di quella leggerezza che in una pandemia non può e non dovrebbe mai accadere.
Perché l’inosservanza dei dettami fondamentali di sicurezza quali mascherine, distanziamento e consequenziale assenza di assembramenti ci ha catapultati in un vortice di contagi che dalle cupole delle nostre chiese sono arrivati sotto i tetti delle nostre case. Perché il virus cammina sulle nostre gambe e si alimenta e modifica grazie alle nostre leggerezze, che seppur fatte in buonafede non perdonano e non ci assolvono.

E dopo le impennate quotidiane, il tam tam di notizie e i tracciamenti di una rete importante di contatti, i nostri numeri hanno toccato soglie preoccupanti. A tutto ciò si è affiancata la riapertura delle scuole e una campagna vaccinale che sta favorevolmente svolgendosi su tutta l’isola. Quindi le domande di tanti sono: “Era proprio necessario festeggiare dentro e fuori le Chiese ? Perché a noi cittadini è chiesto massimo rigore in casa e per strada ed in Chiesa tutto si può?”
Naturalmente nessuno è contro la Chiesa ma queste riflessioni nascono spontanee e si alimentano delle inevitabili conseguenze che ne sono derivate. Ciò che è fatto non può essere cancellato ma alla luce di quanto verificatosi è normale continuare a leggere, vedere ed apprendere che tali riunioni in Chiesa, se bene in spazi ampi continuino ad avvenire e che non sempre le norme necessarie vengano rispettate?

Perché in Chiesa sì ma in un ristorante o a fare shopping no?
Ragionevole che lo spirito sia puro ma nel contempo perché le tasche devono restare vuote?
Non si può comprendere né tollerare differenziazioni ed applicazioni. Né tanto meno si può accettare che sebbene tali episodi siano sotto gli occhi di tutti si lasci correre. Sarebbe auspicabile che il buonsenso e il grande spirito di comunità che ci contraddistingue abbiano il sopravvento su quegli animi ancora impavidi e spavaldi che spinti da inequivocabile buonafede non ravvedono la gravità di quanto praticato fin’ora.
Ognuno di noi non ha mai smesso di pregare e di credere, ognuno a proprio modo, ma nel continuo rispetto delle regole dettate dal buonsenso e non necessariamente da decreti o normative. “La Chiesa che vorrei non e quella di incontri discutibilmente possibili e sicuri ma quella fatta di un gran paio di ali che solleva l’umanità al di sopra delle sue miserie” ( Henri Taine).

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