Paolo Mosè | «In nome del popolo italiano il giudice emette sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputata Lubrano Lobianco Concetta per la ipotesi a lei contestata perché il fatto non sussiste». E’ questa la decisione del giudice dell’udienza preliminare Enrico Campoli, che ha ritenuto che non sussistono responsabilità in ordine all’ipotesi di omicidio colposo. Per avere, nella sua qualità di medico ginecologo dell’ospedale “Anna Rizzoli”, per il decesso di un feto e soprattutto nella gestione della paziente durante il travaglio. Così come ha sostenuto il sostituto procuratore della Repubblica Mario Canale che ne ha ordinato l’indagine avvalendosi di consulenti tecnici esperti che hanno vivisezionato il percorso iniziato con l’arrivo al pronto soccorso della paziente gravida; le ore successive durante il ricovero; ciò che è accaduto in questo lasso di tempo; le possibili difficoltà che si sarebbero verificate; fino al decesso del piccolo nascituro.
BEN DUE MEMORIE DIFENSIVE
E’ stata comunque una vicenda molto battagliata tra i difensori della dott.ssa Lubrano, rappresentata dagli avvocati Bruno Molinaro e Giovanbattista Vignola, che hanno sempre creduto nella innocenza della dottoressa. Dall’altro, oltre al pubblico ministero la costituita parte civile (i genitori del piccolo che non ha mai visto la luce), che sono stati assistiti dall’avv. Cecilia Prota. Un confronto che si è svolto in due udienze alla presenza del giudice Campoli, un magistrato apprezzato, equilibrato e di provata esperienza. Come si vuol dire il giudice terzo che ascolta, valuta e poi decide. Un giudice con il dono della sintesi, che guarda direttamente all’aspetto principale di una vicenda giudiziaria senza tanti giri di parole.
E se ha deciso di emettere sentenza di non luogo a procedere, significa che ha letto interamente il fascicolo del pubblico ministero con tanto di richiesta di rinvio a giudizio, inviato già da qualche mese per consentirgli di avere un quadro ben preciso dell’intera situazione. Ha concesso la possibilità alle altre parti del processo di presentare controdeduzioni, soprattutto in ordine a quanto hanno accertato e poi scritto i consulenti dell’accusa e delle altre parti. In particolare gli avvocati Molinaro e Vignola hanno sottoposto al giudice ben due memorie, la prima è del dicembre del 2021 e la successiva del marzo scorso, per controbattere alle ultime precisazioni giunte dall’accusa. I cui consulenti della Procura ad un certo punto hanno “rivisitato” ciò che ebbero a scrivere nella fase delle indagini preliminari e che sottoposero all’attenzione del pubblico ministero. Con quel loro scritto il sostituto Canale ha basato interamente il confezionamento del capo d’imputazione in ordine all’omicidio colposo.
Sicuramente per la dott.ssa Concetta Lubrano Lobianco è una notizia più che importante, perché la solleva da una responsabilità che le è caduta addosso già con la chiusura delle indagini preliminari ed è diventata ancor più pesante con la richiesta di rinvio a giudizio. Scongiurata da un attento giudice, quale è senza dubbio Campoli, e dal lavoro svolto dal collegio difensivo. Ha appreso della sentenza di proscioglimento dopo una lunga mattinata di attesa. Per lo stress di doversi ancora giustificare per il suo operato in caso di rinvio a giudizio e di essere costretta a seguire un processo che sarebbe durato anni. Invece tutto si è chiuso in poche ore. Il tempo strettamente necessario per consentire a tutte le parti processuali di poter discutere serenamente.
LA CRONOLOGIA DEI FATTI
I fatti così come si sono succeduti circa un anno e mezzo fa sono stati riportati schematicamente, senza alcuna riflessione, dallo stesso collegio difensivo: «Il giorno 12 ottobre 2020, intorno alle ore 7.30 circa, la signora Bogdan Andra Cristina (che aveva avuto in passato un parto naturale e 2 aborti spontanei) veniva ricoverata presso l’ospedale A. Rizzoli di Lacco Ameno, avendo superato le 41 settimane di gravidanza.
All’atto del ricovero, gli esami per il controllo del benessere fetale (ecografia, velocimetria dell’arteria ombelicale, ecc.) non mostravano anomalie.
D’altronde, la gravidanza sino ad allora non aveva fatto registrare alcun evento di rilievo. Durante tutto il tempo di permanenza in ospedale, la signora Bogdan veniva sottoposta a ben 8 monitoraggi cardiotocografici, tra cui…».
Per spiegare che da parte del sanitario c’era stato un attento monitoraggio della paziente. Soprattutto strumentale, diagnostico anche a livello di laboratorio. Risultando che non vi erano campanelli d’allarme, che tutto filava liscio. Ma le complicazioni sono sempre dietro l’angolo. A volte imprevedibili ed inimmaginabili. Ed è in quel momento che i sanitari devono essere pronti a reagire per tamponare una eventuale falla o complicanze che possono indurre a dover intervenire anche chirurgicamente. Questo lo sanno i medici, ma non sempre hanno la possibilità di poter “contrattaccare” ad un evento che si manifesta grave e che vi sono poche possibilità di arginare una malattia, una complicanza neanche gli strumenti più sofisticati riescono ad intercettare. Nel prosieguo della memoria si legge a questo punto: «Alle 5.12 la paziente veniva trasferita in sala parto e alle ore 6.18 si aveva la nascita del bambino.
Nell’immediatezza del parto, tuttavia, i sanitari si rendevano subito conto che l’indice di Apgar (strumento utile per valutare le condizioni di salute del neonato alla nascita) era ad 1 min. pari a 0.
Dopo aver proceduto ad intense manovre rianimatorie, constatavano, purtroppo, il decesso del neonato dal peso di 3.850 Kg.».
L’ACCUSA DI OMICIDIO COLPOSO
Tutti questi passaggi sono stati riportati nella cartella clinica, come è obbligatorio fare. In questa sorta di “testamento” sanitario debbono essere riportate anche le cure che vengono praticate, i farmaci somministrati.
Dopo il decesso del feto è comparsa l’azione della magistratura, chiamata con una denuncia sottoscritta dai genitori e consegnata ai Carabinieri. Per accertare se vi fossero eventuali responsabilità in capo a chi ha operato nell’ambito ospedaliero. L’accertamento è durato circa un anno e mezzo e alla fine il pm è giunto alle sue conclusioni: «Così ricostruito il fatto ed esercitata dal P.M. l’azione penale a seguito di denuncia presentata dai coniugi Bogdan lonut e Bogdan Andra Cristina in data 15 ottobre 2020, la dott.ssa Concetta Lubrano Lobianco è stata chiamata a rispondere: del delitto di omicidio colposo, perché, in qualità di ginecologa in servizio il Presidio Ospedaliero “A Rizzoli” di Lacco Ameno, Reparto di “Maternità e Divisione Ginecologica”, dopo che Bogdan Andra Cristina era stata ricoverata il 12.10.2020 per procedere al parto in quanto gravida alla 41a settimana (gravidanza protratta), gravidanza da considerarsi a rischio per i due pregressi aborti spontanei ed un aumento di peso di 20 kg., per colpa, dovuta a negligenza, imprudenza ed imperizia nonché ad inosservanza delle regole elaborate dalla scienza medica, delle buone pratiche clinico-assistenziali e delle linee guida generalmente riconosciute dalla comunità scientifica dei ginecologi e consistita:
– nel non aver adeguatamente interpretato il tracciato cardiotocografico del 13.10.2020, dalle h. 00:34 alle h. 02:17, classificandolo come di categoria “I” e non “II” per la presenza di decelerazioni variabili atipiche alle 01:20;
– nell’omettere, anche in conseguenza della errata lettura di cui sopra ed a seguito della rottura delle acque alle h. 4:00, l’esecuzione di un monitoraggio continuo del battito cardiaco fetale fino alle h. 05:12;
– nell’interpretare erroneamente il tracciato del 13.10.2020, dalle h. 5:12 alle h. 6:12, come rassicurante e di cat. I e che tale appariva, dopo le h. 5:41, solo perché registrava il battito materno mentre alle h. 5:20 vi erano state decelerazioni prolungate e tra le h. 5:40 e le h. 5:41 una accelerazione fino al picco agonico di 160 bpm;
– omettendo di procedere immediatamente ad un taglio cesareo di modo da evitare gli effetti della grave anossia del feto e la asfissia endouterina, cagionava la morte del feto frutto della gravidanza di Bogdan Andra Cristina».
LE CONCLUSIONI DEI PERITI
Per la difesa, alla luce delle argomentazioni e da quanto asserito dai propri consulenti, è del tutto inutile procedere al rinvio a giudizio rimettendo ogni decisione al giudice del dibattimento con l’aggravio di dover procedere con un dibattimento lungo e tortuoso per ascoltare i vari consulenti (molti, per la verità) e i testimoni che hanno avuto contatto o sono venuti a conoscenza di ciò che era accaduto prima, durante e dopo al “Rizzoli”. Scrivendo: «Nel caso in esame, non vi è dubbio che il dibattimento non sia “per nulla necessario”, non essendo l’accusa, alla stregua delle stesse risultanze investigative, seriamente sostenibile in giudizio, in disparte ogni valutazione circa gli effetti dell’abolitio criminis di cui si dirà infra».
Innanzitutto la difesa ha cercato di demolire ciò che hanno scritto i periti delle altre parti in causa. Sono argomentazioni prettamente di natura sanitaria, di riflessioni, di elementi emersi da esami di laboratorio o di natura strumentale che sono pane quotidiano per chi lavora nell’ambito ospedaliero e in alcune circostanze consentono di interpretare alcuni risultati: «Devesi, preliminarmente, evidenziare che, nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dai CC.TT. del P.M., non si è trattato di una gravidanza a rischio perché, all’atto del ricovero, la signora Bogdan presentava un aumento ponderale di peso di 20 kg rispetto all’inizio della gestazione.
I CC.TT. del P.M., nella loro consulenza autoptica del 21 dicembre 2020, hanno, infatti, dichiarato quanto segue.
Altezza 160, peso Kg. 81. All’inizio della gravidanza il peso era di 60 Kg., per cui la signora era in sovrappeso (BMI 28), con un aumento in gravidanza di 20 Kg (v. pag. 24 consulenza autoptica), precisando, altresì, che la signora Bogdan presentava un alto rischio ostetrico per la presenza, al momento del ricovero, di un sovrappeso iniziale (BMI 28) con un aumento ponderale in gravidanza di 20 Kg (v. pag. 53 consulenza autoptica).
Tale dato, tuttavia, è completamente errato per aver i CC.TT. travisato, con ogni evidenza, le risultanze della cartella clinica del 12-13 ottobre 2021, da cui emerge che all’inizio della gravidanza il peso della signora Bogdan non era di 60 kg. bensì di 72 kg.».
Molto si è battuto sui tracciati cardiotocografici. Per alcuni consulenti bisognava tenere costantemente sotto controllo la paziente con l’effettuazione dei tracciati e che avrebbero secondo loro consentito di intervenire con una certa urgenza per procedere tempestivamente ad intervento chirurgico con il cesareo. E molto probabilmente il feto non sarebbe morto. Questa circostanza è stata smentita ribattendo con dati alla mano e spiegando che la dottoressa del “Rizzoli” si è attenuta scrupolosamente ai protocolli stabiliti da professionisti esperti anche di livello internazionale.
Per una maggiore chiarezza è indispensabile leggere la sentenza motivata che verrà depositata dal giudice Enrico Campoli nelle prossime settimane.
ci sarà qualcuno che lo dirà alla morta?