Gaetano Di Meglio | Armonia. Armonia è il suo nome tradotto in italiano.
Lei una cittadina siriana rifugiata, insieme con il marito e i suoi tre figli, ad Ischia fin dal 2017. Una storia e una famiglia che dobbiamo difendere. Proteggere. Accogliere.
“Armonia” è anche la sensazione che si ha quando la si incontra. Lei è una giovane mamma, arriva ad Ischia a marzo del 2017 e che ha dovuto resettare i suoi sogni e la sua vita perché, dopo l’abitudine, ha deciso per la fuga dalla guerra. Per la fuga dalla sua Damasco.
Già, la via di Damasco che porta Roma e a Ischia. La via del cambiamento e della rinascita. La via della famiglia e dei figli senza dimenticare “l’acqua della Siria che scorre ancora nel mio corpo”.
Quello di oggi è un racconto di speranza e di libertà che ci unisce, immaginariamente, con un popolo lontano che soffre. Parleremo di abitudine alla guerra ma anche della paura che non comprendiamo e, soprattutto, della necessità di coltivare l’idea del ritorno collegata ad un futuro difficile da realizzare. Armonia è sincera, risponde con semplicità mentre Matteo vuole le sue attenzioni.
Cominciamo dall’inizio. Quando sei arrivata in Italia? Da dove vieni.
Siamo arrivati in Italia a marzo del 2017
Perché sei scappata dalla Siria?
C’era la guerra da sei anni!
Che ricordi hai?
Cosa devo raccontare?
Cosa ricordi della guerra, di quella paura, di quel passato?
Ricordo bene il prima della guerra. Quando non avevamo problemi e quando siamo stati quasi tutti bene. La Siria è un paese di grande cultura. Si viveva bene tutti insieme, cristiani, musulmani. La Siria è terra di tante religioni ed eravamo siamo tutti come fratelli e sorelle. MI sono laureata e sono diventata maestra della scuola infanzia fino a sei anni poi è scoppia la guerra e tutto è cambiato
In che senso
In realtà, dopo i primi colpi, poi abbiamo iniziato a pensare che “domani finisce”. All’inizio nessuno ha pensato di scappare. Cioè ci sono persone che hanno avuto distrutto le case e hanno pensato subito di scappare, però noi abbiamo sempre il desiderio che finisce subito questa guerra. Non abbiamo mai pensato che sarebbe durata 12 anni. E ci dicevamo che un giorno finisce, perciò abbiamo aspettato.
Ha vissuto per sei anni la guerra? Ricordo gli allarmi, le bombe?
Certo, tante volte siamo dovute scappare e abbiamo dovuto lasciare tutto. Però ti dico la verità, questa cosa, le bombe e queste cose già siamo abituati che non ti faceva neanche paura. All’inizio sì, dopo no. 5 minuti, 10 minuti, finita la bomba, già negozi aperti e tutto normale…
Hai convissuto con la guerra come se fosse normale.
Si, fino a quando questo sentimento riesci a mantenerlo e fino a quando non tocca una persona che è speciale per te. Allora ti senti il male. Io ho resistito fino alle morte di mio fratello. Lui era più grande di cinque anni di me. Eravamo sempre vicini e quando lui è morto, sono crollata e mi sono detta non riesco più a restare. Ho iniziato a vedere tutto nero. Dovevo lasciare. Ho completato la laurea, sono andata in Libano perché mio marito stava in Libano e poi con il corridoio Sant’Egidio siamo arrivati qua.
Quindi ti eri abituata alla guerra ma non alla morte di tuo fratello?
Sì, quando è morto mio fratello ho deciso di uscire dalla Siria. Dovevo uscire da qualsiasi parte. Dovevo uscire perché vedevo tutto nero e perché non avevo voglia di fare niente. Vedevo nero e basta. Dopo sei anni di guerra le persone sono stancate. Anche se mantengono risorse, lavorano e hanno una vita normale, però, piano piano, questa candela di luce che ogni di noi ha si spegne. Vedevo le persone stare male e mi dicevo che non ci volevo stare più. Ho chiesto a mia mamma se volesse lei uscire con noi, ma ha detto di no. Lei dice che se Dio vuole possiamo vivere ma se un giorno moriamo, dobbiamo morire.
Beh, quello lo dobbiamo fare tutti. Tu sei musulmana?
Si, io sono musulmana, mio marito è cattolico. Siamo qui da quattro anni. In Siria era impossibile sposarci perché non è previsto il matrimonio misto. In Siria avevamo amici cristiani e, anche prima della guerra, nessuno ha mai pensato di celebrare un matrimonio misto. Però eravamo amici, come tanti. Diventa difficile per tutti, sia per i musulmani sia per i cristiani. Tranne che per le persone pazze come noi. In Sira nessuno pensa di mettersi insieme tra musulmani e cristiani.
E come ti sei innamorata di tuo marito?
Perché nei momenti difficili trovi persone che ti danno la forza. E io sono stata in momenti molto difficili con lui. In questa guerra hai bisogno di qualcuno che ti sappia stare vicino. Sono stata vicina a lui e anche lui è stato vicino a me. Quando ho visto morire mio fratello, tante cose, sono molti difficili dispiegare. All’inizio siamo stati come amici, però, piano piano, perché lui mi aiutava, io lo aiutavo e non noi siamo più riusciti a staccarci.
Dopo Damasco hai vissuto in Libano?
Come sai, il Libano confina con la Siria. Io sono stata una sola volta in Libano per fargli visita. Lui era scappato ed era andato a vivere un anno in Libano e io sono andata a trovarlo. Per me è stato facile, per lui è stato difficile, perché doveva restare in casa, non poteva lavorare, non poteva uscere, ha dovuto vendere la casa, la macchina per fittare e vivere per un anno chiuso a casa. Se qualcuno in Libano ti trova senza documenti ti manda in Siria.
Quindi lui è rimasto nascosto in Libano. Con la Sant’Egidio siete arrivati in Italia, e poi a Ischia. Com’è andata?
È andata tutto bene. Al nostro arrivo a Roma abbiamo incontrato una Signora che ci ha subito portati ad Ischia. Era il marzo del 2017
Quindi hai vissuto anche il nostro terremoto?
Si, ero incinta. All’inizio è stato per noi difficile. Mi sembrava di vivere in un sogno. Mi sono svegliata e ho visto tutte le persone straniere che parlavano strano. Non capivo le persone. Mio marito parlava inglese, io solo arabo e aramaico. Quando veniva le persone della Chiesa la sera, abbiamo parlato a gesti. Frigo, finestra, apri, chiudi. Poi ho iniziato a studiare…
Quanti figli hai?
Io ho tre figli. Uno è nato in Siria, gli altri due a Ischia.
A dopo la guerra, però, ora in Siria c’è questa immensa tragedia del terremoto.
Anche se diciamo di capire, secondo me non sentire anche un pizzico, un pezzo piccolo piccolo di quello che provano là. Mi sono svegliata con gli amici che mi chiedevano come stava mia mamma. Sono rimasta sbalordita, poi ho capito cosa era successo.
Mi mamma sta bene grazie a Dio, però, dopo ho capito cosa era successo e anche se stai lontano, ti senti colpito. Noi siamo nati la, cresciuti la, abbiamo ancora l’acqua di Siria che cammina nel nostro corpo. Non puoi dimenticare niente! Mi sono sentata che un pezzo del cuore dentro si è veramente rotto, capito?
Ti è venuta voglia di ritornare in Siria?
Si. Certo. Un giorno tornerò in Siria perché, se io non torno e gli altri non tornano, chi è aggiusta? Si ha bisogno di quelli che stanno fuori per aggiustare quelli che stanno dentro. In Sira o sono diventati ricchi, ricchi o poveri, poveri e i ricchi non aiutano i poveri. come in tutto il mondo. Hanno bisogno di qualcuno che da fuori li aiuta per costruire questo paese di nuovo. Certo che torniamo.
La domanda può sembrare stupida. Ma devi portare il velo?
Si, però, è una mia scelta e non è per forza che devo portare. Io sono la stessa persona. Questi capelli non mi cambiano niente. Il cervello, anche se si copre o non si copre non cambia. La Siria, come ti ha detto, è un paese molto aperto e anche prima della guerra era molto più moderno. Da noi le donne, anche se mettono sulla testa il velo, poi vestono moderne come noi qua. Quindi non è che devi mettere il velo per uscire.
Ora che sei in Italia da un po’, hai ritrovato il senso di casa?
Si, sento che sto a casa mia. Mi sento che sto a casa mia, però il cuore ancora batte. Questa non è la mia vita che avevo pensato. A casa eravamo quattro maschi e solo io o femmina, quindi l’unica e la più piccola. Sono cresciuta come principessa della casa arrivata dopo quattro maschi. Mia madre e mio papà ci hanno fatto studiare a tutti, mio padre lavorava la muratura e non ha studiato, ma i miei fratelli sono diventati avvocati. E anche io volevo studiare come loro. Poi papà è morto e non sono riuscita a studiare come loro e ho studiato per diventare maestra della scuola infanzia. È vero, avevo sempre il desiderio di frequentare la scuola e ora il mio desiderio è di imparare a parlare bene.
Oggi sono cambiati i desideri. vedo tutti questi morti e quello che sta accadendo con i terremoti che non si sono ancora fermati. La gente dorme in strada, seguo i social e lo vivo in prima persona. Viene qualcuno e di ti dice devi uscire da casa perché c’è la scossa e le persone escono fuori la casa. Il mio desiderio è che stiano senza problemi.
Quando la sera vai a dormire, a cosa pensi?
Dopo il terremoto mi sento che non si può fare più niente perché ha rotto una grande parte della Siria. Da Aleppo alle altre grandi città della Siria. Mi sento come una persona che per 12 anni ha preso schiaffi, schiaffi, schiaffi e alla fine ha avuto anche un pugno nella fronte.
E tuo marito?
Anche lui vuole tornare perché non è la sua vita qua. Qui abbiamo trovato tante persone di cuore e noi stiamo fortunati perché sono state persone molto bravi vicino a noi.
Qual è la cosa più bella, ischitana, che ti ricordi e che ti porti dentro? Il momento più bello?
Fai la domanda più semplice.
Qual è il ricordo più bello della tua infanzia? Il ricordo più bello della tua Siria?
Certamente prima della guerra del 2011. Quando papà era ancora vivo. Però la nostra storia non è ancora finita
In che senso
Ho detto a mio marito che questa storia dobbiamo scriverla. Ma non è ancora finita.
E quando finirà?
Finirà quando Osama, mio figlio, diventerà un calciatore come Maradona. Quando un giorno il bambino che è scappato dalla guerra della Siria diventerà come Maradona, il campione dell’Italia e dell’Europa.”
E allora, W Osama!