ANNIRIA PUNZO | Sono centinaia i giovani isolani che ogni anno si trasferiscono in terraferma per frequentare i corsi universitari o che scelgono di andare via dall’isola per favorire il proprio futuro in ambiti lavorativi diversi. Una decisione che alcuni fanno a malincuore e che altri vivono invece come una liberazione.
Non sta a noi spiegare la volontà che porti ad una scelta così complessa, ma risulta difficile non percepire nella distanza la mancanza di casa. Il covid-19 amplifica queste sensazioni e per certi versi ne fortifica quella concezione di casa come rifugio, come fonte di un calore affettivo in cui ritrovarsi: ed ecco così che ad un tempo incerto, le piccole certezze delle cose semplici donano sollievo e conforto.
Ambra Gargiulo non ha avuto modo però di vivere la distanza forzata da casa come una mancanza: questa volta ha dovuto affrontare in prima persona il dramma della diffusione del covid-19. Giovane infermiera di origini ischitane, figlia di noti commercianti foriani, Ambra è una di quelle migliaia di donne impegnate nel contrasto al Covid-19.
Infermiera del reparto Pneumologia/Gastroenterologia Covid dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Ambra ci ha concesso un’intervista a distanza proiettandoci nel mondo della pandemia vista con gli occhi di una giovane donna impegnata dalle fila ospedaliere di Bergamo, città purtroppo simbolo della diffusione del virus.
Ambra, la professione sanitaria è una scelta, alcuni dicono una vocazione. Quando hai deciso che questo sarebbe stato il tuo futuro?
Ho deciso di intraprendere questo percorso quando avevo diciannove anni, una scelta dettata un po’ dal mio istinto e un po’ dalla curiosità verso l’ambito medico-sanitario. La professione infermieristica la considero una scelta dettata dal lato umano della persona, che si esprime con l’assistenza diretta al malato secondo criteri basati su conoscenze scientifiche, che sono un po’ la guida nel suo svolgimento, assieme all’umanità dell’operatore.
Quando è avvenuto il trasferimento a Bergamo?
Sono arrivata a Bergamo nel Novembre 2018 carica di aspettative verso nuove opportunità lavorative, stanca ormai delle poche opportunità lavorative che offriva il contesto isolano. Dopo un’iniziale esperienza nel reparto di medicina presso una struttura privata, adesso sono impiegata all’ospedale Papa Giovanni XXIII nel reparto Pneumologia/Gastroenterologia Covid.
Covid-19. Come ti ci rapporti in questa emergenza?
Inizialmente non avrei mai pensato di essere coinvolta così da vicino in questa situazione; questo perché influenzata dai media che sotto stimavano la potenziale portata dell’evento. Essendo Bergamo tra le città più colpite, ho vissuto il rapido esordio dell’influenza da Coronavirus e la drammatica situazione che si è insidiata negli ospedali rivalutando perciò la gravità della situazione. Non è stato facile integrare le nuove disposizioni ministeriali nella vita di tutti i giorni così come nel contesto lavorativo e nonostante la presenza di questo “nemico invisibile” ho dovuto imparare a conviverci imparando comunque a staccare la spina e a ritrovare la serenità nelle cose di tutti i giorni.
Hai paura?
La mia paura è stata quella di temere che il contagio non potesse essere contenuto con le precauzioni messe in atto e che bensì continuasse a espandersi in maniera incontrollata. A fronte di ciò temevo inoltre che le risorse disponibili non potessero bastare per garantite a tutti il giusto accesso alle cure e che noi sanitari non potessimo più disporre degli adeguati presidi di sicurezza. Ma alla paura è subentrata poi l’esigenza di lavorare, andare avanti e mettercela tutta per uscire da questo incubo.
Gli ischitani in questo momento vivono con apprensione e preoccupazione il diffondersi dell’epidemia ma ancora molti non comprendono del tutto ciò che sta accadendo. A loro cosa senti di dire?
Mi sento di dire a tutti gli Ischitani di tenere duro, che ognuno nel suo piccolo continui a dare il proprio contributo agendo sempre per aiutare le persone che ne hanno bisogno, senza farci condizionare dalla paura: bisogna supportare coloro che sono venuti a contatto con il virus e mostrare un atteggiamento empatico.
L’esperienza del Covid-19 come ti ha cambiata?
Sicuramente dentro di me porterò tutti quei momenti tristi vissuti in ospedale, ma quando questo sarà finito la gioia che arriverà sarà ineguagliabile, cosi come quel valore in più che daremo anche alle cose più semplici.
Come stai vivendo il rapporto con i tuoi cari, così distanti da te?
Sapere che la mia famiglia è distante dal mio personale ed attuale contesto mi conforta, non nego che sarebbe stato bello averli accanto per sentirli più vicini ed avere il loro supporto. Tornerò presto ad Ischia per riabbracciarli quando tutto questo sarà finito.
Lo stesso pensiero è rivolto anche ai miei amici isolani e in particolare ad una cara amica, Rossella, la quale ha rinunciato momentaneamente al suo matrimonio a meno di un mese dalla data delle nozze. A lei rivolgo tutto il mio affetto, prendendo spunto per una riflessione: dalle rinunce di ognuno di noi ora si potrà arrivare poi alla serenità e felicità. Dobbiamo essere ottimisti.
Diciamo Bergamo e pensiamo al Covid-19. Ma quanto e cosa altro è Bergamo per te?
Ad oggi si sente parlare di Bergamo per ciò che concerne l’emergenza Coronavirus essendo la città che forse ha pagato il prezzo più alto finora in Italia. Bergamo non è solo questo.
Bergamo è per me una città che mi ha accolta perché mi ha dato delle opportunità, sia lavorative che di crescita personale. Mi ha fatto conoscere persone e colleghi fantastici, ho condiviso esperienze nuove, come quest’ultima, che non può far altro che aggiungere un tassello in più alla mia formazione sanitaria.
La cosa che più mi ha colpita sono stati i cittadini sempre pronti a fornire il loro piccolo contributo e le organizzazioni dei vari enti territoriali che si sono messe a disposizione per chi era impossibilitato dalla quarantena (nell’approvvigionamento di farmaci o beni di prima necessità).
Grazie Ambra.
Grazie a te.